l'ex console ha fatto crack di Alberto Gaino
Il finanziere acquistò notorietà quando rappresentava le Maldive Il finanziere acquistò notorietà quando rappresentava le Maldive l'ex console ha fatto crack Condannato a 4 anni, risarcirà 8 miliardi Alla ribalta della cronaca era salito una volta soltanto, e come paladino di una piccola crociata islamica contro Cicciolina, ai tempi in cui la pornostar compariva un giorno sì e l'altro pure sui giornali. Quella volta per avere girato un fumetto dei suoi alle Maldive, utilizzando come comparse alcuni giovani e ignudi indigeni. Il video cominciò a circolare in Italia e il console onorario delle Maldive Carlo Giacoma telefonò a tutti brandendo la più prosaica arma dell'azione legale per risarcimento danni in nome del Paese che rappresentava e della sua religione. Roba da un quarto d'ora di notorietà nell'ormai lontano 1986. Tanto per far sapere che anche lui esisteva, soprattutto faceva il banchiere d'affari. Sulla sua scrivania, nell'ufficio della A.C. Giacoma spa, teneva un biglietto di auguri natalizi con la firma di Andreotti. A 27 anni d'età il finanziere stava arrampicandosi. A 37 è stato condannato a 4 anni di reclusione per bancarotta fraudolenta e a risarcire le parti civili con 8 miliardi e 70 milioni. Risarcimento a rischio - che corrisponde al disavanzo non giustificato della Commissionaria Italiana Srl - dopo che con le parti civili Giacoma aveva avviato una trattativa per rifondere alcune centinaia di milioni. Offerta poi ritirata. Senza una legislazione che preveda una pena sostitutiva, quegli 8 miliardi possono diventare simbolici. A meno che il curatore fallimentare Alfredo Ramella non riesca a scovare proprietà e denaro nascosti di Giacoma. Forse alle Maldive. Nel giudizio abbreviato davanti al gip Luca Del Colle, il pm Sandrelli e gli avvocati Faccio e Mussa per le parti civili (il curatore fallimentare e due clienti della finanziaria) hanno attinto abbondantemente dalla perizia sui conti della «Com- missionaria»: ricostruzione meticolosa dell'«inventiva finanziaria» di Carlo Giacoma che «ebbe come unico limite quello operativo». Come dire che il denaro poteva sparire una volta soltanto: investito in una società estera che non esisteva, o affidato alla A.C. Giacoma e girato ad amici e soci sotto forma di prestiti a bassissimo tasso d'interesse. In fondo, dov'era tutta questa inventiva? Il fatto curioso è che Investment banker» contava su una parte di clientela di un certo rango: avvocati e magistrati, soprattutto in quel di Roma dove Giacoma si esibiva nel ruolo diplomatico. Gli era andata di lusso sino al '92, quando, nell'estate, prima lo arrestano in Svizzera per reati patrimoniali e poi finisce nei guai a Torino. Nel frattempo aveva presentato istanza di fallimento «in proprio» della Commissionaria Italiana, nella speranza di limitare i danni per il crack di 25-30 miliardi. Invano: già nel '92 finiva nel registro degli indagati. E in tribunale l'hanno seguito il padre Armando e Giulio Segre, amministratori della società che hanno patteggiato rispettivamente la pena di un anno e sei mesi, e di un anno e sette mesi. Alberto Gaino
Persone citate: Alfredo Ramella, Andreotti, Carlo Giacoma, Giulio Segre, Luca Del Colle, Mussa, Sandrelli
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