LA POLITICA CHE SERVE AL MERCATO di Massimo Giannini
LA POLITICA CHE SERVE AL MERCATO LA POLITICA CHE SERVE AL MERCATO IL primo tentativo lo fece Ezio Vanoni, nel freddo Natale del 1954, con il suo sfortunato «Schema decennale di sviluppo dei redditi e dell'occupazione», che già allora si proponeva di colmare, senza dirigismo, il divario tra Nord e Sud. Ma la storia del Mezzogiorno, tra la contestuale nascita della Cassa, le successive nazionalizzazioni, il dilagare delle pratiche consociative, del malaffare politico-amministrativo e della malavita organizzata, prese presto un'altra piega. Ed oggi è quella che tutti conosciamo, ormai. Più che storia, cronaca postuma, nera o giudiziaria; o cronaca paradossale, quella del Gabibbo sulle «opere incompiute». Per il resto, morta la Cassa nei primi Anni 80, tramontato l'intervento straordinario nel '92, in questi ultimi anni, sul piano progettuale e pratico, il Sud è praticamente scomparso. Da questo punto di vista, il convegno organizzato ieri in Banca d'Italia ha il merito di riempire di qualche contenuto concreto il vuoto pneumatico nel quale si sta svolgendo la più rissosa, confusa e velenosa campagna elettorale degli ultimi anni. Il Sud, dunque. Per risollevarlo, ed evitare che esploda, serve il mercato, la riscoperta e la difesa dei suoi valori. L'industria e la finanza paiono pronte a far la propria parte. L'hanno testimoniato Agnelli e Romiti, confermando e rafforzando la scelta meridionalista «fatta 30 anni fa», facendo sentire alle popolazioni meridionali «una solidarietà attiva del resto d'Italia», e invitandole non al «fai da te», ma ad una nuova cultura della responsabilità. E poi Luigi Abete, rilanciando l'idea del «contratto per la creazione d'impresa», il governatore Antonio Fazio invitando le banche ad una migliore selezione del credito, dopo «gli errori del passato» e le «gestioni non sempre improntate ai canoni della correttezza», Cesare Geronzi proponendo un nuovo «patto tra banche e imprese», Gianfranco Imperatori lanciando il suo Mediocredito come «banca del territorio». Ma il mercato, da solo, non basta. Mai come in questo momento, per il Mezzogiorno (e verrebbe da dire per l'Italia intera) serve uno Stato. Non certo quello, dirigista e assistenziale, delle cattedrali nel deserto e dei finanziamenti a pioggia, di cui nessuno sente più la nostalgia. Ma uno Stato che garantisca l'ordine pubblico e le condizioni minime della convivenza civile, che ridia efficienza alle pubbliche amministrazioni, ai si/vizi, alle infrastrutture. Mai come ir aesto momento, per il Mezzogiorno (e di nuovo, per l'Italia intera) serve un governo che fissi, senza imbrigliarla, indirizzi, priorità e regole dell'economia. Insomma, serve una politica. Ieri, a rappresentarla a via Nazionale, c'erano ex comunisti storici cresciuti nel brodo di coltura della Banca d'Italia, come Reichlin e Napolitano, ex democristiani meridionalisti come D'Onofrio, ex missini statalisti come Gasparri. La speranza è che tra tutti i rappresentanti della politica - anche quelli ieri assenti a Palazzo Koch perché impegnati in comizi tradizionali o in pirotecniche convention - spunti prima o poi un altro Vanoni: capace di reinventare un moderno «schema per lo sviluppo», e di raccogliere, oltre ai voti del 21 aprile, anche questa nuova sfida. Che vale non solo per il Mezzogiorno, ma per tutto il Paese. Massimo Giannini
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