LA GRANDE GRECIA Scintilla dell'Occidente

LA STAMPA Da domenica la mostra a Palazzo Grassi: evento-simbolo di una riscoperta collettiva delle nostre radici culturali LA GRANDE GRECIA Scintilla dell'Occidente EALAZZO Grassi sta per aprire le porte della spettacolare mostra sui «Greci in Occidente». E' l'appuntamento più atteso dell'anno, l'occasione per ammirare le testimonianze della grande e rivoluzionaria civiltà importata dall'Egeo sulle coste dell'Italia meridionale, fra l'VIII e il VI secolo a.C: duemila pezzi provenienti da 75 musei di tutto il mondo, vasi sculture monete sigilli che ci daranno uno spaccato sulla realtà quotidiana di quei lontani progenitori. Ma davvero così lontani? Forse non è soltanto una coincidenza. Mentre a Venezia fervono i preparativi, a Roma proseguono con successo le rassegne su Ulisse e su Alessandro Magno, e ancora è viva l'impressione della memorabile «retrospettiva» dedicata l'anno scorso a Lisippo. Intanto al Museo Olimpico di Losanna è in pieno svolgimento il ciclo di esposizioni sui giochi nell'antichità. E a Mosca è imminente l'evento, la «seconda scoperta» dei tesori di Priamo. Si direbbe quasi che, sotto la superficie dell'interesse artistico-archeologico, una spinta più segreta ci assilli, una vocazione più sotterranea percorra le nostre coscienze inquiete di abitanti dell'Occidente alla fine del secondo millennio, al tramonto della modernità, al tracollo delle certezze. E' la ricerca delle radici, forse, di un brandello di ubi consistam a cui aggrapparsi per ricostruire un'identità. I Greci sono dentro di noi, nelle nostre categorie mentali, nei nostri cromosomi. «Occuparsene non è come parlare di un qualsiasi altro popolo antico. I Greci hanno cono- sciuto un'espansione culturale che è andata al di là delle loro piccole dimensioni, nello spazio e nel tempo», osserva Salvatore Settis, curatore per Einaudi di una grande opera sui Greci di cui è atteso per metà aprile il primo volume: intitolato proprio Noi e i Greci. Che cosa lega due mondi così lontani, che cosa ha significato e continua a significare per noi l'eredità ellenica? «E' un riferimento costante e quasi scontato», dice Settis, «un aspetto tipico e topico della cultura occidentale. Direi: un richiamo legittimante». Non si tratta soltanto del- l'inesauribile vitalità di certe figure del mito, che ancora oggi continuano a ispirare opere narrative, composizioni musicali, teorie psicanalitiche. Né della persistenza di tante parole - come democrazia, politica, filosofia - che certo hanno cambiato profondamente significato rispetto all'originario contesto in cui vennero elaborate, ma a cui prima dei Greci neppure corrispondeva una qualche realtà. E' possibile pensare la vita associata senza quella cosa che chiamiamo politica? La politica - da polis, la città-stato emersa dalla lun- ga incubazione del medioevo ellenico fra l'VIII e il VII secolo a.C. - è un'invenzione tipicamente greca, un modello radicalmente innovativo rispetto a tutte le forme di convivenza sperimentate prima. Nella polis il potere non è più segregato nella casa del sovrano, del sacerdote, ma viene messo in comune (es tò koinón), nel mezzo (es tò méson) della città, in quell'agorà che anche spazialmente è situata nel centro, a definire il luogo in cui i cittadini entrano in rapporto su un piano di equilibrio, di simmetria e di reciprocità, e le decisioni ven- gono prese pubblicamente. E proprio nella messa a punto di questa grande costruzione, l'Occidente ellenico (le coste italiote fra Puglia, Calabria e Campania - la cosiddetta Magna Grecia - e buona parte della Sicilia) ha svolto un ruolo decisivo, come enorme laboratorio sociale e politico. Dove le colonie venivano fondate ex novo, e dove quindi i nodi fondamentali della vita associata andavano affrontati sulla carta, il distacco da ogni vincolo tradizionale rendeva possibile pensare la realtà politica in termini puramente razionali, come un weberiano «prodotto di escogitazione». Non a caso Platone scelse Siracusa come sede del suo disastroso tentativo di instaurare la repubblica dei filosofi. E non a caso i numerosi progetti di città ideali avanzati nel V secolo - da Ippodamo di Mileto, Falea di Calcedone - sono espliciti debitori di un'implicita «ideologia coloniale», che come un'onda di ritorno darà luogo nella madrepatria a ulteriori elaborazioni teoriche. L'Occidente come sistema concettuale, come modello di organizzazione e fonna di vita è figlio di quegli anni, nato da qualche parte del Mediterraneo fra l'Egeo e il Tirreno. Poi si è evoluto, si è trasformato, è concresciuto. I Greci sono altrettanto simili quanto altii da noi: è quel che Settis mette in luce. «Senza l'antica Grecia saremmo certamente diversi da quello che siamo. Però le nostre radici sono molteplici. Abbiamo un'identità composita, così come era composita quella dei Greci: rendersi conto della pluralità che costituisce la loro cultura aiuta a comprendere la pluralità della nostra». Maurizio Assalto Duemila pezzi da 75 musei a Venezia per l'appuntamento più atteso dell'anno La loro storia la nostra eredità: parla Settis, che cura per Einaudi un'opera in più volumi Qui sotto, Aiace fa violenza a Cassandra che si aggrappa alla statua di Atena: la scena è raffigurata su un cratere apulo conservato nel Museo archeologico di Napoli