«Riunificazione perché no? Ma ci vorranno trent'anni»

Lite in aereo Arrestalo il fratello di Michael Douglas «Riunificazione, perché no? Ma ci vorranno trentanni» IL CANDIDATO TAIPEI NOSTRO SERVIZIO La campagna elettorale a Taiwan è in pieno svolgimento, e i tre principali schieramenti che si confronteranno sabato prossimo stanno giocando le loro carte finali. Da una parte sta il partito al potere, il Kuomintang rappresentato dall'attuale Presidente Lee Teng-hui, che non ha tra i suoi obiettivi politici l'indipendenza di Taiwan ma mantiene da tempo una politica ondivaga nei confronti della riunificazione con la madrepatria cinese. Dall'altra il partito d'opposizione, il Democratic Progressive Party dell'avvocato Peng Ming-min, che ha giurato di dichiarare l'indipendenza non appena verrà eletto. In mezzo stanno tre candidati indipendenti «moderati». Tra questi Lin Yang-kang, ex vicepresidente del Kuomintang, è considerato il più favorito. E sono in molti, qui a Taiwan, a ritenere che le sue possibilità di insidiare la leadership dell'attuale Presidente Lee Teng-hui aumentino di giorno in giorno. Già ministro della Giustizia, Lin è entrato in rotta di collisione con il Kuomintang, partitopadrone dell'isola, l'anno scorso, quando venne cacciato. Cosa pensa dei propositi di riunificazione del governo di Pechino? «Se l'idea di riunificazione equivale, nella testa dei burocrati della Cina Popolare, a trasformare Taiwan in una qualche regione ad amministrazione speciale tipo Shenzen o Cantori, allora non credo si possa accettare una simile proposta. Esiste un enorme divario tra Pechino e le isole della Repubblica della Cina, Taiwan, Pescadores, Kinmen e Matsu, sia in termini di strutture e standard economici, sia dal punto di vista dello sviluppo sociale. Allo stadio attuale non penso basteranno meno di trent'anni per avvicinare la Cina ai nostri attuali livelli di sviluppo. Solo a quel punto si potrà cominciare a parlare di riunificazione». A giudicare dagli ultimi avvenimenti non sembra che questa sia esattamente l'idea di Pechino... «Personalmente non prevedo che le manovre militari possano mettere in serio pericolo la vita dei 21 milioni di cittadini della Repubblica. Con il rischio delle inevitabili reazioni popolari che un eventuale attacco scatenerebbe. Inoltre, non penso che la Cina intenda davvero distruggere l'economia di Taiwan. Perché le conseguenze economiche di questo modo di fare sono prevedibili: gli investimenti stranieri ab¬ bandonerebbero l'isola, la Borsa e gli scambi commerciali crollerebbero e l'economia morirebbe». Cosa pensa del rientro di Hong Kong sotto la sovranità cinese, l'I luglio 1997? «Dal punto di vista dell'integrità del territorio la transizione mi sembra una buona cosa. Soprattutto perché dà ad Hong Kong la possibilità di affrancarsi finalmente dalla sua anacronistica condizione di colonia britannica. E sono sicuro che Hong Kong giocherà un ruolo sempre più rilevante, in futuro, grazie alle qualità dei suoi abitanti e alla sua posizione strategica nell'area asiatica. Quindi le relazioni tra Taiwan e Hong Kong non potranno che migliorare, dopo il ritorno». E cosa pensa dei propositi indipendentisti e, in generale, delle tesi portate avanti dal Democratic Progressive Party? «Credo che prima di parlare di riunificazione o di indipendenza si debba procedere a un serio confronto tra le realtà sociali e amministrative delle due sponde dello Stretto. Se entrambe le parti mani¬ festeranno solidi propositi per una reale riconciliazione, o per una definitiva separazione, allora la mia politica sarà quella di considerare la cosa, senza guardare da quale parte arrivi l'input». I suoi detrattori credono che sia ben difficile, per un indipendente come lei non appoggiato dal Kuomintang, riuscire a scalfire l'enorme influenza che il partito ha sul voto popolare... «Indubbiamente l'attuale Presidente può contare su un forte appoggio del partito. Ma non credo che possa contare anche su un reale favore popolare. Non c'è chi non veda che negli otto anni di amministrazione Lee le relazioni tra Cina e Taiwan sono andate costantemente peggiorando. Oggi siamo in una situazione in cui le due parti si trovano su posizioni diametralmente opposte. E la Cina ha detto chiaramente che se Lee resterà al potere le relazioni bilaterali non miglioreranno mai. Sul piano interno la sua gestione non ha fatto di meglio». Marco Lupis «Prima i nostri livelli di sviluppo devono avvicinarsi»

Persone citate: Cantori, Lupis, Matsu, Peng Ming-min