Tutta l'ex Urss contro l'Urss

La Camera alta alla Duma: riesaminate il no allo scioglimento MOSCA La Camera alta alla Duma: riesaminate il no allo scioglimento Tutta l'ex Urss contro l'Urss Prossimo vertice dei leader delle Repubbliche, protesta anche Christopher Alcuni deputati chiedono di rinviare le Presidenziali, Ziuganov in allarme MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La votazione con cui la Duma ha denunciato l'illegalità perpetrata quando i capi delle tre repubbliche di Russia Ucraina e Bielorussia decretarono la fine dell'Unione Sovietica sta suscitando nei circoli politici di Mosca e delle capitali delle ex repubbliche sorelle una vera e propria ondata di panico. Durissima la replica di Boris Eltsin, principale accusato. Altissime le grida di Kuchma, presidente ucraino, di Shevardnadze, presidente georgiano - che ieri a Mosca ha chiesto una riunione d'emergenza dei capi di Stato della Comunità di Stati indipendenti - reazioni più o meno irritate di Aliev (presidente azerbaigiano) e di Nazarbaev (Kazakhstan). Warren Christopher, segretario di Stato Usa, definisce «irresponsabile» la decisione della Camera bassa del Parlamento russo e invita l'Occidente a far sentire la sua voce in difesa dell'indipendenza dell'Ucraina e delle altre repubbliche ex sovietiche. Ma la battaglia è appena all'inizio e annuncia sviluppi imprevedibili. Il leader comunista Ziuganov insiste nell'offensiva e denuncia manovre di Eltsin per far «saltare» le elezioni presidenziali di giugno. Eltsin risponde ironicamente che, prendendo sul serio la risoluzione della Duma, se ne potrebbe dedurre che egli, essendo stato eletto quando ancora l'Urss esisteva, è l'unico potere legittimo esistente, mentre la Duma attuale sarebbe pienamente delegittimata, essendo stata eletta sulla base di una Costituzione illegale. Ma queste sono solo dispute filologiche. La sostanza è molto più corposa di quanto appaia a prima vista. Ieri infatti diversi deputati del Consiglio della Federazione (tra questi Anatolij Tjazhlov, capo deU'amrhinistrazione della regio¬ ne di Mosca, e Nikolai Sevriughin, governatore di Tuia) hanno apertamente proposto di rinviare le elezioni presidenziali e di prolungare i poteri di Eltsin per altri due anni. Ziuganov ha quindi ragione di temere? Eltsin ha fatto parlare il suo portavoce, che ha negato qualsiasi «collegamento» tra le prese di posizione dei suoi uomini e grmtendimenti del Cremlino. Ma sembra evidente che molti di coloro che temono un esito sfavorevole per Eltsin stiano cercando di cogliere in contropiede i comunisti, ritorcendo contro di loro il boomerang della delegittimazione dell'attuale Russia. Con un ragionamento piuttosto semplice: se rimettete in discussione la Russia, destabilizzate l'intero spazio postsovietico. Votare in queste condizioni è impossibile. Prima bisogna chiarire gli effetti della vostra mossa. Altrettanto evidente è, tuttavia, che Ziuganov ha fatto una mossa tattica consapevole e destinata a fargli raccogliere ampi favori in importanti settori dell'opinione pubblica russa e non soltanto russa. Da qui la preoccupazione reale degli altri presidenti, che temono ripercussioni interne. D'altro canto l'offensiva dei comunisti li rende vulnerabili sul piano internazionale, accrescendo le preoccupazioni esterne: sia quelle dei Paesi dell'ex impero sovietico, sia quelle dei gruppi dirigenti delle repubbliche ex sorelle. In tal modo un eventuale precipitare degli eventi verso un annullamento delle elezioni sarebbe visto con favore da molti circoli occidentali. Ma Eltsin ha subito ieri un'altra sconfitta. Chi formalmente deve decidere la data delle elezioni è la Camera alta, il Consiglio della Federazione. Riunitosi ieri per discutere la risoluzione della Duma, su esplicita richiesta di Eltsin, il Consiglio ha votato una mozione molto prudente, invitando la Duma a «riesaminare la sua posizione». Un testo più duro, di aspra critica, non è stato neppure messo in votazione. La mozione «morbida» ha ottenuto 116 voti, 10 contrari e 3 astenuti. Neanche il Consiglio Federale se l'è sentita di respingere in pieno l'iniziativa della Duma. Chi tocca i fili dell'Urss rischia grosso. Giulietta Chiesa