Don filipppo,il giorno del trionfo di Augusto Minzolini

Don Don o, il giorno del trionfo «C'è l'illegalità ai vertici dello Stato» UN PANZER PER IL POLO aROMA UEL Silvio Berlusconi che prende per mano l'ex-ministro della giustizia, Filippo Mancuso, l'irriducibile avversario del pool, e l'accompagna fino al microfono del palco del Palasport di Roma sarà probabilmente l'immagine, la fotografia guida della campagna elettorale del Polo. In quel gesto, in quell'attimo è raccolto il signifigato di tutto quello che sta accadendo, di quello che il Cavaliere ha in testa: se a Milano i giudici interrogano un'ex-deputato di Forza Italia, Michele Caccavalle, che l'ha giurata al leader di Forza Italia e ai suoi per essere stato escluso dalle uste elettorati, al Palasport di Roma Berlusconi risponde suonando la carica contro quella parte della magistratura che gli ha dichiarato guerra. Anzi, il Cavaliere ha arruolato un esercito all'altezza del compito: al comando delle operazioni c'è un generale d'eccezione come l'ex-ministrio della giustizia Filippo Mancuso; poi, c'è un nome popolare nella polizia come il prefetto di Palermo, Achille Serra; ed ancora un sabotatore spericolato come Vittorio Sgarbi. Tutti e tre, ovviamente, candidati del Polo per il 21 aprile. Per chi non l'avesse ancora capito, la «questione giustizia», interpretata anche come scontro con alcune procure, è una una delle linee strategiche, se non la principale, di Berlusconi in questa battaglia elettorale. I sondaggi dimostrano che l'argomento non è tabù, che gli italiani sono frastornati dal moltiplicarsi delle inchieste giudiziarie, dallo scontro tra giudici, anzi si ha quasi l'impressione che non ne possano più: e il Cavaliere ne approfitta. Non esita ad assegnare un collegio sicuro all'avvocato Massimo Maria Berutti, cioè ad uno dei testimoni principali del suo processo con la motivazione che è «un perseguitato» e ieri, appena arriva al Palasport, l'ex-premier replica colpo su colpo alle accuse che gli riversano addosso i giudici di Milano. «La deposizione di Caccavale? Io non ho nulla da temere, altrimenti l'avrei candidato». Quindi, per rincarare la dose allarga il discorso a Stefania Ariosto, la fidanzata dell'ex-capogruppo di Forza Italia Vittorio Dotti: «Una persona accusata da chi truffa, ricatta ed è una mitomane... è davvero inimmaginabile quello che sta accadendo in Italia». Ma l'«arma» principale che Berlusconi ha in serbo per la sua guerra, la più letale e forse la più efficace, è quel vecchietto ultrasettantenne, con quattro «bypass» al cuore, che si autodefinisce un «irriducibile», cioè Mancuso. E il generale di ferro, il Patton del Cavaliere, ieri al Palasport dimostra di fare sul serio. Appena arriva spara sul capo dello Stato che ancora una volta, a suo giudizio, ha dimostrato di non avere polso nel tenere a bada una magistratura impazzita. «L'iniziativa di Scalfaro di ieri? Ha ripetuto - osserva Mancuso - un rituale stantio, tanto per porsi al centro dell'attenzione in un modo o nell'altro, sorvolando doveri che nella sostanza sono stati trascurati. Doveva intervenire quando si trattatava di tute- lare veramente l'ordinamento dello stato e la dignità delle funzioni pubbliche per l'equilibrio dei poteri, non fare adesso delle riunioni». Ma il meglio di sè Mancuso lo offre sul palco. Tra gli applausi della platea bastona tutto e tutti: da Scalfaro a Dini, dal Csm alla Corte Costituzionale. «Sono stato testimone - dice nel suo linguaggio spesso oscuro e zeppo di sottintesi - di un momento di putredine dello Stato. Sono stato licenziato dal governo con frasi degne di un epitaffio per la civiltà. Dini mi disse: non parli altro che di leggi. Il presidente della Repubblica mi fece sapere che il problema era la mia irriducibilità di carattere. Io sono qui per affermare che l'una e l'altra cosa, lanciatemi contro come una vergogna, sono vere: sono irriducibile quando si tratta di osservanza delle leggi» Ed ancora: «Ci sono tanti problemi ma sono nulla rispef i non tanto all'amministrazione deiia giustizia quanto al sentimento di legalità di un sistema che verrebbe di chiamare di "continua corruzione autoritaria". Una corruzione che non è la somma di irregolarità ma l'implosione del sistema dall'interno dello Stato: in questo momento eversione vuol dire gestione di pubblico potere. Non deve più accadere che cittadini debbano essere privati della loro libertà per essere torturati attraverso un abuso sistematico e svergognato della custodia cautelare, di fronte al quale si ripetono effluvi di retorica da parte di finti Soloni... se vincerà ima sinistra liberticida il Paese sarà sospinto verso più alti periodi di illiberalità». E per finire il terribile vecchietto non risparmia un appunto al presidente del Senato, Carlo Scognamiglio, seduto davanti a lui, nella platea del Polo, colpevole di aver trascurato una sorta di mostruosità costituzionale messa in atto da Scalfaro, da Dini e autorizzata dalla Consulta: «I compagni di merenda che siedono ai vertici dello stato», «con la complicità di giuristi vestiti con toghe politiche», per licenziare lui dal governo hanno - è il j'accuse di Mancuso - elogiato la sfiducia individuale, cioè una norma che non esiste nell'ordinamento, mentre oggi non dicono niente su «quei due o tre ministri», cioè Caianiello e Arcelli, entrati in un esecutivo dimissionario «non coperti nè dalla fiducia collettiva nè da quella individuale». Insomma, Mancuso non si è risparmiato, nè sono stati da meno gli altri due personaggi che completano le truppe scelte del cavaliere nel¬ 10 scontro con le procure nemiche, Serra e Sgarbi. Sul palco del Palasport l'ex-prefetto di Palermo critica l'uso dei pentiti, raccontando una sua esperienza personale. «C'è 11 rischio che infiltrati delle organizzazioni criminali entrino nel circuito dei collaboratori di giustizia. Ne sono testimone sulla mia pelle. Un detenuto tempo fa ha detto ad un altro: "Vogliono la testa di Serra". Per fortuna questa persona si è dimostrata seria e io posso ancora parlarvi». Sgarbi, invece, tra gli applausi ha gridato che c'è un «fascio di inquisiti» nel centrosinistra e ha scandito al microfono i nomi di D'Alema, Cicchetto, De Mita e La Malfa. Addio tregua, addio patti di non aggressione sulle questioni giudiziarie: se Berlusconi e le sue truppe d'assalto riusciranno nel loro intento, la campagna elettorale si giocherà tutta su questo terreno. Augusto Minzolini Autentiche ovazioni dai fans del Polo per l'ex Guardasigilli Filippo Mancuso

Luoghi citati: Italia, Milano, Palermo, Roma