Berlusconi & fini: guerra a Lamberto
Al Palaeur apertura della campagna elettorale, bordate contro Dini e Prodi Al Palaeur apertura della campagna elettorale, bordate contro Dini e Prodi Berlusconi & fini: guerra a Lamberto Ma alla kermesse del Polo la star è Mancuso ROMA. Alle quattro del pomeriggio, al Palaeur di Roma, ci sono ancora parecchi spalti vuoti. I pezzi grossi del Polo non sono arrivati e nel parterre il protagonista è Landò Buzzanca. Il «merlo maschio» discetta su Dotti che, dice, «non è un vero uomo». Man mano giungono attori, cantanti, ex ministri, deputati, soubrette, sportivi e compagnia cantando. Ci sono Nino Benvenuti e Giuliano Gemma, Elisabetta Gardini e Ambra Orfei, Giorgio Albertazzi e Franco Zeffirelli. Si parla sempre e solo di magistrati e affini. La battuta che circola è: «Quelli incavolati perché Forza Italia non li ha ripresentati, sono stati contattati per metà da Dini, per metà dalla procura di Milano». Sul palco, in attesa di Berlusconi fanno capolino Wess (senza Dori Ghezzi) e Tony Binarelli. Poi una signorina «nerovestita» legge l'oroscopo. Predice «nuove responsabilità» al cavaliere e invita Fini a «fare attenzione» perché la «competitività» potrebbe causargli qualche problema. A quanto pare le stelle hanno visto giusto sul leader di An che, guarda caso, sbuca sul palco proprio mentre Berlusconi sta parlando ai microfono, interrompendone il discorso. E giù le solite ovazioni che vengono tributate a Fini, in queste occasioni, da Roma in giù. Non per niente la manifestazione è stata organizzata da Maurizio Gasparri (e la prevalenza dei «gadget» di An, mescolati a qualche medaglietta che raffigura Mussolini la dice lunga sulla composizione di quei 7000). Ma sfortuna (per Fini) vuole che questo pomeriggio non sia il leader di An la star della «con¬ vention». E non tanto perché Sgarbi riceve altrettanti applausi, conditi anche da gridolini femminili, quanto per la presenza di Filippo Mancuso, che fa la parte del leone. L'ex Guardasigilli comincia prima ancora che la manifestazione abbia inizio a dare sfoggio del suo eloquio. Quello di Scalfaro sulla giustizia, dice, «è stato un rituale stantio tanto per porsi al centro dell'attenzione». E quando Mancuso attacca il suo intervento ufficiale, par¬ lando di «putredine dello Stato», sono applausi e dolori (per i bersagli presi di mira da Don Filippo). L'ex Guardasigilli definisce il sistema della giustizia «un sistema di continua corruzione autoritaria». Quindi ammonisce: «In questo momento eversione vuol dire gestione del pubblico potere». Poi critica pesantemente Dini e Scalfaro: i «compagni di mer renda che siedono ai vertici dello Stato», li chiama lui con evidente riferimento a Pacciani e soci. Gli strali di Mancuso si abbattono anche sulT «abuso sistematico e svergognato della custodia cautelare». E sul Csm: «Quel sodalizio di Soloni sempre ispirati dalla volontà liberticida della sinistra». Ma anche gli altri interventi che si succedono sul palco sono in tono con i personaggi. Il Cavaliere, che fa il suo ingresso al Palaeur tra applausi e ovazioni, rispolvera la «paura del comuni¬ smo»: «Dobbiamo guardare con preoccupazione - dice - ai Paesi dell'ex Urss, dove i partiti post comunisti vogliono andare al potere. Lì 300 milioni di persone sono tornate sotto un governo comunista». E da quell'inguaribile ottimista che è, Berlusconi, dopo aver annunciato che dimezzerà i disoccupati entro il 2000, fa sapere che in Parlamento Fi, Ccd, Cdu e Federalisti di Costa faranno gruppo unico (peccato che i diretti interessati, co- me Casini non ne sappiano niente). Quindi è la volta di Antonio Martino, applauditissimo: «Noi e la sinistra abbiamo una sola cosa in comune: l'abisso che ci separa», è il suo esordio, e il resto è degno dell'incipit. Giulio Tremonti, invece, preferisce i ficchi: quelli che si levano dagli spalti quando nomina Dini e De Mita (solo Scalfaro qui ne raccoglie di più). «L'aumento vertiginoso del debito pubblico - sottolinea l'ex ministro delle Finanze - coincide con l'inizio dell'attività politica di De Mita». Poi sfilano Serra, Sgarbi, Fisichella, Biondi. Infine, i leader. Ognuno con un proprio bersaglio. Casini attacca l'Olivetti che scarica le sue difficoltà sullo Stato. Buttiglione se la prende con Prodi che all'Iri «distrusse 140.000 posti di lavoro». Costa si dedica al «costaricano Dini». L'ultima parola a Fini che attacca la sinistra: «Ha costretto i propri militanti a baciare il rospo in nome del vecchio trasformismo», tuona, mentra il Palaeur rimbomba di applausi (e due o tre ragazzini poco accorti salutano con la mano tesa). Maria Teresa Meli L'ex prefetto di Palermo e candidato Achille Serra accusa: hanno tentato di farmi fuori utilizzando anche i pentiti il presidente del Consiglio Lamberto Dini, tra i nomi più fischiati alla convention
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