«Sul mio nome un gran polverone» di Giovanni Bianconi
«Sul mio nome un gran polverone» «Sul mio nome un gran polverone» Vinci: io avrei dei conti segreti? Roba dà pazzi DEL MAGISTRATO ROMA I L suo avvocato, il professor m Franco Coppi, letti i titoli dei giornali ha fatto un comunicato per dire che non ci sono «misteri» né «conti segreti» del suo assistito scoperti dai giudici milanesi. Lui - Antonino Vinci, 52 anni di cui ventisei passati in magistratura, sostituto procuratore a Roma - non è in ufficio, e al telefono dice che «in omàggio a quanto detto dal Capo dello Stato» preferisce tacere. Ma è molto irritato dal fatto che il suo nome sia finito nelle cronache dell'inchiesta di Mani Pulite che ha portato all'arresto del capo dei gip romani Renato Squillante. E alla fine, per ribadire quanto detto da Coppi e chiarire qualche altro aspetto della vicenda, accetta di dire qualcosa. «La storia dell'investimento in Borsa l'ho già raccontata nel '94 al magistrato di Perugia. Si tratta di una somma di 30 milioni di iire, emessa con un assegno tratto dal mio conto corrente bancario nel 1988 o 89, rientrata sue- cessivamente sul mio conto con un altro assegno. Mi pare che fossero diventati 35 o 38 milioni; se avessi comprato dei Bot probabilmente ci avrei gudagnato di più. E invece mi tocca leggere titoli di giornali di "conti trovati" o "cifre ingenti". Roba da pazzi». Dunque un'operazione lecita ed effettuata alla luce del sole? «Ma certo! E' logico che io abbia tentato di ricavare qualcosa in più dal semplice deposito in banca, ma è una cosa del tutto trasparente. Per la quale mi sono rivolto ad un operatore di Borsa». Che sarebbe questo Aloisio De Gaspari, lo stesso che operava per conto di Squillante. Gliel'ha presentato lui? «Sì, è uno che Squillante conosceva e me l'ha presentato. E allora? Mica era un delinquente, mica mi ha presentato Totò Buina!». Dottor Vinci, lei della vicenda Squillante non vuole parlare, ma fin dall'inìzio in questa storia aleggia il suo nome, per via dell'inchiesta sui «fondi neri» dell'Iri, di cui lei era il pubblico ministero. «Infatti, e sarebbe ora che questa storia dei fondi neri fosse chiarita e spiegata come si deve una volta per tutte. Leggo di continuo che fu tutto archiviato su mia richiesta, e invece non è vero. Furono arrestate delle persone, io ho fatto delle richieste di rinvio a giudizio, c'è stato un processo che è arrivato fino alla Cassazione. Quanto alla posizione di Bernabei era intervenuta l'amnistia, che come è noto viene decisa dal Parlamento, non dai magistrati». E lo «scippo» di Roma a Milano? «Guardi che il conflitto di competenza fu sollevato dai difensori degli inquisiti, non dalla Procura di Roma. E fu deciso dalla Cassazione». L'inchiesta milanese si sta intrecciando con altre indagini in corso a Perugia dove compare anche il suo nome. E' vero? «A Perugia sono in corso inchieste per le quali la Procura ha chiesto al gip l'archiviazione. C'è una questione che riguarda le accuse di un certo Barbato, da me inquisito e arrestato, che disse che io avrei preso dei soldi. L'ho denunciato per calunnia e mi rivolsi al Csm. E poi ci sono le accuse di Grande, coinvolto nel¬ l'inchiesta sui "palazzi d'oro", a cui sono totalmente estraneo. Quando sono stato interrogato dal pm di Perugia io ho parlato spontaneamente di tutti i miei beni, e quando ho parlato dell'operazione in Borsa ho fatto pure il nome dell'intermediario, di cui nessuno sapeva niente». Da Perugia filtra il verbale dell'interrogatorio di Vinci al pm Michele Renzo, nel quale il magistrato romano parla di «famiglia benestante» e di numerosi «beni immobili», due appartamenti a Roma, un conto corrente di oltre due miliardi «presso il Monte dei Paschi di Buccine (Arezzo) perché mio padre aveva lì una tenuta di 150 ettari, acceso a nome mio e di mia sorella ad opera di mio padre, già da diversi anni e al solo scopo di evitare le tasse di successione, con denaro proveniente dalla vendita della tenuta», un altro conto cointestato alla moglie e una «casetta» di proprietà delle fighe. Dottor Vinci, perché crede che il suo nome sia uscito fuori in questo momento, accanto a quello del giudice Squillante? «Non lo so, e di quell'inchiesta non posso e voglio parlare. So solo che il mio nome è stato inserito in un gran polverone, e non è giusto. Adesso parlerò coi miei avvocati, vedremo il da farsi. Forse mi rivolgerò al Csm». Giovanni Bianconi
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