Bodrato: rimpiangeremo le monarchie costituzionali; sulla Luna non c'è inquinamento di Vittorio Messori

Bodrato: rimpiangeremo le monarchie costituzionali; sulla Luna non c'è inquinamento LETTERE AL GIORNALE Bodrato: rimpiangeremo le monarchie costituzionali; sulla Luna non c'è inquinamento Quel deficit di democrazia La mia generazione ha avuto veri maestri di democrazia, che resistono alle più violente tempeste poiché la loro passione politica ha radici profonde. Non riesco a capire per quali ragioni i migliori allievi di Norberto Bobbio siano ridotti a consiglieri del Principe e debbano attendere che la parola sia ripresa anche questa volta dal loro maestro, per dire dove porta una rivoluzione conservatrice che ha preso pretesto dalla crisi morale della democrazia per restaurare un sistema di potere, assai più oligarchico di quanto non lo fossero i partiti di massa. Se posso prendere brevemente la parola, con la devozione di un allievo di tempi lontani, vorrei aggiungere qualche osservazione alle cose scritte ieri dal Professore, non per attenuare ma per rafforzare il suo pensiero. Neppure in Gran Bretagna l'uninominale ad un turno ha risolto i problemi della democrazia contemporanea, ed il secondo turno - a quanto rivela l'esperienza francese - non cancellerebbe la tendenza trasformista implicita nella personalizzazione della politica ed esplosa in occasione della designazione delle candidature. Da anni è aperta una vivace discussione sul «deficit di democrazia» prodotto da un sistema elettorale che cancella da Westminster la rappresentanza di quasi un quarto degli elettori inglesi. Si legga cosa ha scritto The Economist del novembre '95. Anche i laboristi di Blair riconoscono la fondatezza delle critiche dei «liberals», i quali chiedono una correzione proporzionale del modello elettorale, poiché la politica non si esaurisce nella questione del governo e richiede che nel Parlamento si esprimano le voci presenti nella società. Vorrei inoltre notare che il referendum è stato voluto da alcuni per «polarizzare» il sistema politico, nella convinzione che solo in questo modo si favorisce l'alternanza di governo; da altri per liquidare la democrazia dei partiti a fa- vore di un regime autoritario. Non si è voluto capire che la partitocrazia, più che lo sbocco inevitabile del regime dei partiti, rappresentava l'avvio di una fase oligarchica che avrebbe travolto insieme ai partiti (come è accaduto) anche la democrazia. La partitocrazia non a caso ha le sue origini in quel decisionismo craxiano che anticipa il partito azienda di Berlusconi. A questo rovesciamento della vicenda democratica ha dato uno straordinario contributo la strategia referendaria, che appare sempre più funzionale ai movimenti plebiscitari ed al populismo televisivo, cioè alla deriva di destra. Non ha quindi senso dire che sta rinascendo il vecchio regime dei partiti: quel regime aveva evidenti tentazioni assembleari, e per questo suo limite è stato ritenuto colpevole della instabilità del governo, mentre ciò che sta emergendo ha l'anima trasformista ed insieme autoritaria di un regime fortemente gerarchizzato. Qui mi fermo, per non prendere troppo spazio; non avrei però difficoltà a spiegare come queste osservazioni si legano ad un'ondata di capitalismo selvaggio, alla radicalizzazione di una lotta politica che schiaccia gli spazi della moderazione e del riformismo ed alla concentrazione di un potere televisivo che comprime gli spazi della libertà. Norberto Bobbio mi permetterà un paradosso: di fronte alla «dittatura della maggioranza» che è nei progetti dei presidenzialisti all'italiana, i repubblicani rimpiangeranno le monarchie costituzionali che regnano nelle democrazie parlamentari di Londra o di Madrid. Guido Bodrato Cittadini dell'Universo con maschera antigas In una conversazione «politica» tra amici è saltato fuori l'aforisma latino «ubi consistam», che ci ha distratti un po' dal tema della discussione, trasferendoci sulla interpretazione grammaticale delle due parole. Alla fine abbiamo quasi concordemente accettato non solo la traduzione di «ubi» con valore locale e temporale, ma anche il modo e il tempo del verbo, che può essere un indicativo futuro semplice, o un congiuntivo presente potenzialedubitativo. Ma lasciamo l'ambito scolastico e riflettiamo sul verbo «consistere». Quand'ero bambino e mi affacciavo dal balcone di casa, vedendo molta gente fuori, esclamavo: «Quanti cristiani ci sono»! Da parecchi decenni questa esclamazione è stata sostituita da un'altra: «Quanta gente, quante persone»! Sono mutati i tempi, le generazioni, i modi di vivere. Il progresso ha recato un maggior benessere economico, nuovi mezzi di trasporto e di comunicazione, la cibernetica, la telematica, l'elettronica... strumenti, che hanno seguito e seguono una linea ascendente nel loro costante sviluppo e non accennano a fermarsi, anzi... E noi, orgogliosi, cavalchiamo l'ippogrifo, attraversiamo gli spazi siderali, annulliamo le distanze e i tempi, e, intanto... dobbiamo girare per le strade con le maschere antigas per l'mquina- mento atmosferico e prepararci a desalinizzare i mari, perché le acque terrestri non sono potabili. Pensavamo che le macchine avrebbero solo alleviato le fatiche fisiche dell'uomo, perché questi potesse concedersi più tempo da dedicare alla sua umanizzazione e, invece, stiamo arrivando a creare le macchine pensanti. Ma se l'uomo rinunzia all'azione e al pensiero, cos'altro gli resta? Le macchine impareranno anche a riprodursi ed elimineranno chi le ha create; si attuerà la legge del contrappasso: l'uomo ha eliminato Dio dalla sua vita, le macchine faranno a meno dell'uomo. Ritorna la Nemesi storica e giustizia è fatta. A questo punto... è urgente che chiamiamo Astolfo che, come allora per Orlando, cavalchi di nuovo l'ippogrifo e ripeta il suo volo sulla Luna, per recuperare il senno agli uomini. Infatti, se parallelamente all'evoluzione tecnico-scientifica ci fosse stata quella etico-spirituale, non solo il progresso sarebbe stato più rapido, ma ci saremmo messi già in contatto con altri viventi della nostra galassia o di altre galassie: saremmo già cittadini dell'Universo, «unificati» tutti dalla stessa natura razionale, sintonizzati nello stesso concerto di solidarietà e di accoglienza. Giovanni Migliore, Siracusa Genio, follia e amore per l'arte Con riferimento all'articolo su Tuttoscienze allegato a La Stampa del 13 marzo, sul rapporto tra genio e follia, vorrei esprimere la mia opinione, essendo questo un argomento che ho avuto più volte modo di discutere. Il discorso sarebbe lungo, ma cercherò di sintetizzarlo nei seguenti punti, limitandomi al genio nell'arte. 1) A sostenere che il genio è una forma di pazzia sono sempre persone che non hanno alcun interesse per l'arte e che quindi provano una meschina soddisfazione a porre, con questa loro tesi, in risalto la propria «normalità». 2) Ci sono artisti di primo piano che nella vita sono stati quanto mai con i piedi sulla terra: Verdi, tanto per citarne uno. 3) Le biografie - con relativi resoconti sulle tendenze ed abitudini personali - vengono scritte su chi ha detto qualche cosa al di sopra del comune, una minima percentuale! 4) Come ad un genio, analogamente a qualsiasi altra persona, possono venire l'influenza o altre malattie, o come un genio può prendersi delle cotte, anche con cocenti delusioni, in modo simile a tutte le altre persone, così può accadere che un genio in una qualsiasi arte possa essere colpito da una malattia mentale, che sarà pertanto di una matrice totalmente diversa da quella del suo genio. Quando infatti, sopraggiunge la crisi di follia, l'attività creativa cessa. 5) A parte che molti di noi possiamo purtroppo avere in famiglia esempi di persone che, senza essere state geniali, ad un certo punto sono soggette a cedimenti delle facoltà mentali, anche non in età avanzata, basta pensare ad un manicomio: quanti, fra quei malati di mente, sono o sono stati dei geni? Bruno Velicogna, Torino Vittorio Messori non si candida Scusatemi se vi chiedo ospitalità, ma vi sono costretto dalla «notizia» - più volte ripetuta da agenzie e giornali e ieri anche dalla Stampa, a pagina 2 - secondo la quale sarei tra i candidati alle prossime elezioni. In effetti, è vero che anche questa volta (come già in occasione di elezioni precedenti) sono stato raggiunto pure qui, nell'eremo lacustre dove mi sono ritirato, da offerte deputatesche e senatoriali. Ma è altrettanto vero che ho rifiutato con cortesia pari alla fermezza. E così'ho intenzione di fare sempre in futuro. Con tutto il rispetto per la politica e i politici, lascio volentieri ad altri questo impegno, bastandomi ampiamente il mio, di manovale delle parole scritte. Vittorio Messori, Desenzano (Bs)

Persone citate: Berlusconi, Bodrato, Bruno Velicogna, Giovanni Migliore, Guido Bodrato, Norberto Bobbio, Verdi, Vittorio Messori

Luoghi citati: Gran Bretagna, Londra, Madrid, Siracusa, Torino