«Bambini come ostaggi»
«Bambini come ostaggi» «Bambini come ostaggi» La psicologa: sono armi di ricatto Il giudice: automatismi da evitare ROMA. «Se le cose stanno come sembrano, questa è una sentenza aberrante». Non usa mezzi termini Ernesto Emanuele, dell'associazione Padri separati. E continua: «Sono convinto che un genitore debba fare il proprio dovere e che, tra i doveri, ci sia quello di provvedere al mantenimento dei figli». L'ingegner Emanuele, peraltro, sottolinea che, quando vengono a crearsi condizioni per le quali non si è più in grado di pagare la stessa cifra, si può far ricorso al tribunale e chiedere una riduzione dell'assegno mensile. «Ma legare le visite ai figli al pagamento dell'assegno, mi sembra assurdo - conclude -. Che dire, allora, di tutti quei padri che pagano regolarmente e ai quali è vietato vedere i loro bambini, in certi casi da addirittura due anni? E non sto parlando di persone che hanno fatto violenza ai figli, ma di esseri normali che vogliono, semplicemente, poter fare i padri». Secondo Livio Pepino, giudice del tribunale per i minorenni di Torino, «non è adeguato mettere in corrispondenza il pagamento degli alimenti e le visite ai figli e magari "dosare" il tutto: chi paga di meno, visita di meno...». Il dottor Pepino, tuttavia, non dà un giudizio sulla vicenda milanese: «Dovrei conoscerla in ogni dettaglio per poterlo fare. Di certo, come principio, ogni automatismo, quando si tratta di minori, va a mio giudizio evitato». Maria Rita Parsi, psicologa e scrittrice, confida di provare una grande amarezza «ogni volta che la cronaca riporta storie come questa che hanno per vittime i bambini». La principale vittima, secondo la psicologa, è la piccola protagonista della vicenda milanese. «E' giusto che i genitori pensino al benessere materiale della famiglia - dice la dottoressa Parsi -, perché è importante che alla tempesta della separazione non si aggiunga, per il o i bambini, anche l'angoscia di dover cambiare te- nore di vita. Ma la vera sofferenza, per questi pie- coli, è dover prendere coscienza che ogni discorso che li riguarda, alla fine, sfocia in liti per il dena- ro». Una terribile punizione per un figlio incolpe- vole. Del resto, sottolinea la psicologa, pensiamo qual è la prima cosa che i sequestratori dicono a un bambino rapito: i tuoi non pagano, i tuoi non ti vogliono bene. «Allora vorrei lanciare un appello a tutti i genitori che si separano: non trasformate i vostri figli in oggetti di sequestro». Genitori, separati e non, evitate di indurre i bambini a credere che con il denaro si possa fare qualsiasi cosa. O cresceranno con l'idea che «per» il denaro si possa fare qualsiasi cosa. Pietro Maso insegna. [d. dan.] La psicologa e scrittrice Maria Rita Parsi e Livio Pepino, giudice del Tribunale per i minorenni di Torino
Persone citate: Ernesto Emanuele, Livio Pepino, Maria Rita, Pietro Maso
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