Così brucia ia Sarajevo multietniia di Foto Ansa

I bersaglieri fermano 7 persone sospettate di incendiare le abitazioni I bersaglieri fermano 7 persone sospettate di incendiare le abitazioni Così brucia ia Sarajevo multietniia Grbavica, tra i serbi che lasciano le case in fiamme NELLA CITTA' SARAJEVO DAL NOSTRO INVIATO «D più novantuno», significa: questa notte. Ancora poche ore, ed a tre mesi esatti dagli accordi di Dayton la polizia bosniaca entrerà in forze a Grbavica, ultimo lembo di città espropriato dai serbi. Sarà la notte dei fuochi e delle celebrazioni, della riappropriazione e della paura, delle sparatorie forse, delle ultime fughe: la notte in cui un sogno si realizza per infrangersi immediatamente dopo. Poiché è proprio nell'attimo in cui si ritroverà finalmente unita che Sarajevo scoprirà quanto profonda sia l'eclisse dell'idea che la faceva così forte e viva. Già ieri sembrava di assistere a una prova generale: nella notte il quartiere rosseggiava per le fiamme di decine di incendi. Dalla convalescenza domestica Alja Izetbegovic rimprovera duramente il ministro di polizia, Avdo Hebib, per le violenze inflitte ai serbi di Ilidza. Altri confessano: «Sul piano militare fino ad oggi abbiamo raggiunto quasi tutti gli obiettivi, ma su quello politico-sociale la pace sta fallendo. E' triste constatarlo, eppure nonostante tutte le garanzie i serbi hanno abbandonato in massa i loro quartieri. Il solco fra etnie, se possibile, si è approfondito ancora di più». Per una volta tutti i portavoce occidentali paiono sinceri: capita, quando la storia sdegna un momento di svolta. Ed in questo momento le dichiarazioni di Alexandr Ivanko o Chris Janovski o del capo della polizia internazionale, Fitzgerald, esprimono solo preoccupazione, si sgranano come in una sorta di corteo funebre. Quel che in queste ore si compie a Sarajevo è fin troppo chiaro: questa notte, con la presa dell'ultimo quartiere oltre il fiume Miljacka segi.a la fine di un miracolo durato ibi se troppo a lungo. Per la capitale di Bosnia la multietnicità è finita, com'era ormai inevitabile: i serbi di Karadzic non fuggono soltanto, ma si stanno arroccando, aumentano la separazione, preparano rivincite. Adesso per di più possono mostrare i «loro» profughi, la «loro» gente scacciata, le «loro» vecchiette che si arrampicano sui cassoni dei camion e piangono e svengono e implorano protezione. Presto nella percezione dell'Occidente queste immagini si sovrapporranno a tutte le altre, finiranno col cancellare tutto quel che per quattro anni si è fatto e visto fare ai musulmani di Bosnia. Intanto il senso frustrante di queste ore è tutto nella frase di un'anziana serba appena rifugiatasi a Pale: «Scappare in guerra è possibile, ma essere costretti a farlo in tempo di pace, no». Era nel centro della Croce Rossa, quella donna, e nel frattempo la responsabile dell'organizzazione, Vera Petrovic, snocciolava le cifre: 17 mila rifugiati da Sarajevo solo negli ultimi giorni. Scuole piene di brande, palestre adibite a ricoveri, problemi di cibo, assistenza medica, ricostruzione psicologica di gente stremata. Che quella gente appartenga alla stirpe di chi ha aggredito, stuprato, assediato, riempito le fosse comuni è cosa che in questo momento conta poco. La «Srpska Republika» sbatte in faccia al mondo i propri diseredati, è un'occasione che nessun politico avrebbe potuto perdere. Figurarsi Karadzic, che torna a farsi vivo (ma non a farsi vedere in pubblico) per pronosticare: «Sarajevo diventerà il centro dell'integralismo in Europa». C'è chi sta lavorando intensamente, per questo. Negli ultimi giorni a Grbavica, pattugliata da italiani e francesi, la sorveglianza si è fatta particolarmente intensa. L'altra notte, raccontava il colonnello Scalas, uno dei più brillanti fra i nostri ufficiali, nel quartiere i fuochi divampavano a ripetizione. C'erano donne che si sentivano male, uomini che urlavano insulti, altri che barattavano un trasporto con quel che avevano potuto portar via. C'erano urla e minacce, sirene dei pompieri e spari isolati, poliziotti serbi che imprecavano contro i fotografi, soldati francesi che se la prendevano con le tv. Non tutto era spontaneo: dopo la lunga notte di Grbavica, gli italiani hanno preso sette persone e le hanno consegnate alla polizia. Il sospetto è che fra di esse, alcune s'incaricassero di appiccare il fuoco a case abbandonate da altri per rendere ancora più plastico, vivido il senso della protesta. C'è stato chi, abbandonando Grbavica, ha abbandonato nella casa vuota un Kalashnikov nuovo di zecca. Chi ha scritto su un muro una frase che in serbo fa rima: «Finché il nostro cuore batte, Grhavica non sarà sola». C'è stato Vojo Carkic, «pope» militare, che con tanto di barbone e tuta mimetica si è fatto scortare dalla «Cetnicka Brigada» fin nella piazza del mercato, portando via un crocefisso in processione all'ombra di bandierone nero con l'aquila bicefala. C'erano bambini che cantavano in coro: «0 Signore, salva la nostra terra», energumeni issati su camion da cui spuntavano infissi strappati e tazze dei water, che ringhiavano: «Non bruciate tutto: ritorneremo». Forse, è il momento di cominciare a chiedersi da dove. Continuano ad accadere strane cose, in Bosnia, movimenti che già preoccupano gli occhi più allenati. Accade per esempio che tutti gli esuli da Sarajevo - e da Jajce, Dvar,Sanski Most - vengano indirizzati nei medesimi luoghi. Il primo, imponente scaglione di rifugiati è stato indirizzato a Trebinje, proprio a ridosso di Dubrovnik. Adesso sono lì, a migliaia, seminano inquietudine, premono sul lembo di territorio croato su cui s'affaccia la «perla dell'Adriatico». E gli altri? Si stanno trasferendo a Brcko, città dell'entroterra, chiave per il possesso del cosiddetto «corridoio della Possavina». Lì la fascia serba è larga appena sei chilometri, strangola la Bosnia, impedisce i collegamenti con la Croazia. E' zona talmente delicata negli equilibri strategici dall'aver spinto i negoziatori di Dayton a rimandarne l'attribuzione: sarà oggetto di «negoziati» futuri. Oggi a Brcko i nuovi rifugiati sono più di 38 mila, se ne aspettano altri.«Questa città dichiara un campione della serbitudine come Velibor Ostojc - deve incarnare la continuità della nostra Repubblica». Alla prossima seduta del Parlamento sarà all'ordine del giorno la proposta di spostare la capitale da Pale a Brcko. Questo, si sta preparando in Bosnia: nel giorno in cui torna unita, Sarajevo si guarda intorno per scoprirsi più debole di prima. Karadzic sta spingendo le folle di profughi verso l'entroterra di Dubrovnic e verso Brcko due aree destinate a diventare polveriere Un pope in mimetica arriva scortato dai cetnici per salvare un vecchio crocifìsso Una donna urla «Siamo rimasti qui durante la guerra e adesso foggiamo» «Ancora poche ore eia poli2ia bosniaca entrerà nel quartiere» Il governo ammette «Il solco fra le genti si è approfondito» llÉiililPIP A sinistra, una donna musulmana davanti alla sua casa crivellata di colpi a Sarajevo A destra, due anziani serbi abbandonano la loro casa dopo aver appiccato le fiamme [foto reuters] Una bambina del quartiere di Grbavica, a Sarajevo, si allontana con una tavoletta di cioccolata che le è stata offerta da un bersagliere [foto ansa]