IOSSERVATORIO ll fragile futuro della pace nei Balcani di Aldo Rizzo

77fragile futuro della pace nei Balcani F OSSERVATORIO =1 77fragile futuro della pace nei Balcani OMANI è una giornata importante, in Bosnia. Grbavica, l'ultimo quartiere di Sarajevo ancora controllato dai serbi, passerà sotto l'amministrazione croato-musulmana, come previsto dagli accordi di Dayton. E' l'atto' decisivo per la riunificazione della città-martire. Ma riunificazione è una parola che non spiega tutto. Perché si riunificano i quartieri, ma non i loro abitanti. I serbi vanno via con ci.Iti i loro averi, spesso dopi aver bruciato le case. Veneidì sera, a Grbavica, c'è stato un enorme incendio, abitazioni private ed edifici pubblici, nelle vicinanze dello stadio, ed era come una grande, sinistra minaccia di vendetta di chi partiva per chi restava o arrivava. Le cose non vanno molto meglio tra coloro che prendono sotto controllo Grbavica, dopo gli altri quartieri serbi di Sarajevo, cioè nella Federazione croatomusulmana. I croati si lamentano di essere discriminati dai musulmani nell'amministrazione della città, dicono che il partito islamico di Izctbegovic non gli lascia spazio nella polizia e nei posti-chiave e che di questo passo non solo Sarajevo, ma la Bosnia intero, diventerà uno Stato confessionale, di tipo radicale, insomma un piccolo Iran. Fra parentesi, la stessa previsione fa il leader serbo-bosniaco Karadzic, secondo il quale Sarajevo diventerà «una Teheran europea», e proprio lui, criminale di guerra, ricercato (ma non troppo) dalla giustizia internazionale per i suoi feroci atti di pulizia etnica, accusa le autorità musulmane di tradire «l'idea di una Bosnia multinazionale e multireligiosa». Nella contigua Erzegovina, parte anch'essa della Federazione, sono invece gli islamici a lamentarsi dei croati. Lì si tratta, di riunificare il capoluogo Mostar, e ad opporsi non sono i serbi, netta minoranza rispetto alle altre due etnie, ma appunto i croati, che difendono l'au: tonomia dei propri quartieri da quelli musulmani, nonostante i vari piani di pace dell'Unione europea. Il punto è che, se dovesse saltare la Federazione antiserba, per l'accumularsi delle tensioni croato-musulmane, salterebbe l'intero progetto di Dayton, nel quale l'America di Clinton suir I ™ p i ha messo tutto il suo peso politico-diplomatico, più ventimila soldati. E siamo all'altro grave fattore d'incertezza che cova sotto le ceneri di una tragedia che a torto qualcuno può immaginare conclusa. Il fattore internazionale. Venerdì scorso, lo stesso giorno del grande incendio di Grbavica, si è tenuta ad Ankara una singolare conferenza, voluta dai turchi e dagli americani, con un diffuso consenso di Paesi islamici, per organizzare una capacità di resistenza dei musulmani di Sarajevo (e anche, in questo caso, dei croati) quando gli americani e la Nato non ci saranno più. Già, perché Clinton ha le elezioni a novembre, e per quella data vorrebbe esser sicuro che i marines, compiuta la missione, staranno per tornare a casa. Il guaio è che anche i russi hanno elezioni, a giugno, e Eltsin ha a sua volta abolito l'embargo di armi (per ora solo «leggere») ai serbi. E non pensiamo all'ipotesi che le elezioni le vinca il comunista Ziuganov, che già vorrebbe una riedizione dellla Russia-impero (l'Unione Sovietica). E' un esercizio di pessimismo. Ma forse solo di realismo. Sta di fatto che, alla fine dell'anno e anche prima, potremmo trovarci di fronte a uno scenario di questo tipo: via la Nato dalla Bosnia, recrudescenza degli odi e dtgli scontri, un asse Washington-Sarajevo contro uno MoscaBelgrado-Pale. Senza più interventi diretti, ma con un flusso costante di armamenti e «istruttori». Uno scenario da guerra di Spagna (nel senso che poi il conflitto spagnolo fu la prova generale di una cosa ben più ampia e grave). Un esercizio di pessimismo, che si spera reso vano dai fatti. E tuttavia gli europei dovrebbero averlo presente, per esempio a Torino, quando, tra undici giorni, cominceranno a discutere del proprio ruolo politicostrategico, verso il solito Duemila. Aldo Rizzo

Persone citate: Clinton, Eltsin, Karadzic, Ziuganov