Flaiano fatto a pezzi e pazzia delle donne di Ennio FlaianoMasolino D'amico

=1 TEATRO & TEATUO Fiatano fatto a pezzi e pazzia delle donne FUO' darsi che la seconda parte della Conversazione continuamente interrotta di Ennio Flaiano nell'allestimento diretto e cointerpretato da Marco Maltauro attualmente al Flaiano di Roma, sia migliore della prima; ma non lo saprò mai, perché le sofferenze procuratemi dalla prima mi hanno costretto a lasciare la sala. Questi 40 interminabili minuti contengono infatti quasi tutto quello che considero più deleterio in certo teatro italiano di oggi. Il testo di Flaiano, che ebbe una prima messinscena accettabile a Spoleto negli Anni 70 (con Cochi e Renato!), e un'altra memorabile più tardi, a Roma (con Albertazzi), è un leggero e malinconico gioco sull'accidia di tre cinematografari sciroccati alle prese con un copione che non hanno voglia di scrivere, in una Roma torpida e volgare, deserta sotto la canicola. Ma questo tenue filo conduttore, che lega gli aforismi dei personaggi, ciascuno dei quali ha i suoi pregi e i suoi difetti uno, lo scrittore, per esempio, si pavoneggia un po' con un intervistatore, il quale peraltro non gli bada più che tanto - è stato considerato superfluo dal regista, che lo ha quindi abolito, estrapolando dal testo solo le battute a effetto e facendole pronunciare agli attori in piedi ciascuno davanti a un microfono (ebbene sì, odio anche i microfoni, soprattutto nei teatri piccoli), con spot di luci tipo concerto rock e musica di sottofondo, caricandone i toni grotteschi, e addirittura, in un caso lancinante, sottolineandole a ripetizione con esplosioni di risa registrate. Mi dicono che nella seconda parte i tre sono seduti in poltrona, quasi come previsto dal testo, anche se continuano a usare il microfono, alzandosi a turno per andarci. Nella sezione cui ho assistito, un po' di brio ulteriore è affidato a un quadro vivente con una signora distesa e semisvestita, e a una camerierina che ancheggia coi glutei scoperti. Il pubblico sembrava divertirsi pochissimo, le sue uniche reazioni venendo stimolate da quei brandelli di ironia flaianea che malgrado tutto Daniela Scarlattrea2 I da c I flaie A • • • ogni tanto caoticamente gli pervenivano. Ma non so quanti sospettassero che la filza di bon mots così propinati non fossero la commedia annunciata sui manifesti, bensì una sua grottesca manipolazione; e di assistere insomma all'ennesimo deprimente caso di regista che non sceglie un testo perché gli piace e vorrebbe comunicare il suo apprezzamento, ma solo come chi, colto da un bisogno, prende la prima carta che trova. Forse Maltauro crede Flaiano superato, almeno teatralmente. Se ne legga allora le critiche drammatiche or ora ristampate («Lo spettatore addormentato»), magari cominciando da quelle ^^^^^^^ in difesa di j| Carmelo Be¬ ne, un iconoclasta che lasciava il segno davvero. Desideroso di recuperare il buonu¬ more con una sciocchezza, ii cronista l'ha trovata, anche troppo, ai Satiri, dove Roberto Marafante propone Queste pazze donne, commediola di tale Gabriel Barylli che a quanto pare furoreg■ già in Au¬ stria, su tre femmine in crisi e in vena di confidenze. Sono una psicologa divorziata, che alla fine recupera l'ex marito; una bellona mangiatrice di uomini che alla fine si ritrova inopinatamente incinta; una sposa felice che si scopre tradita dal marito modello. Le storielline sono irrilevanti, e i due tempi (40'+ 20') procedono a forza di chiacchiere, specie sul sesso, argomento che a quanto pare le donne fra loro affrontano con energia, abbondando anche in doppi sensi. Le tre - Marina Giulia Cavalli, la bellona e la più spiritosa, Daniela Scarlatti e Stefania Spugnini - sono comunque simpatiche, e la serata offre almeno una rinfrescante mancanza di prosopopea. Masolino d'Amico A • • • j| Daniela Scarlatti

Luoghi citati: Roma, Spoleto