«Indipendenza» Taiwan in piazza

Da domani nuove manovre militari, la gente fugge dalle isolette vicine alla Cina Da domani nuove manovre militari, la gente fugge dalle isolette vicine alla Cina «Indipendenza», Taiwan in piana Pechino: mai detto che non vi invaderemo PECHINO. Il giorno dopo l'annuncio di una nuova serie di manovre militari nello Stretto di Taiwan, il governo cinese ha ribadito ieri che non esclude l'uso della forza nel caso di una dichiarazione d'indipendenza o di un'invasione straniera della ricca isola nazionalista. Ma le minacce di Pechino sembra producano a Taiwan un effetto opposto a quello sperato. A Taipei e Kaohsiung, ieri, per la prima volta, 20 mila persone hanno preso parte ad una manifestazione contro Pechino e a favore dell'indipendenza. Al grido di «Giù le mani da Taiwan» e «Voglio essere un taiwanese e non uno schiavo cinese», i dimostranti, che innalzavano un ritratto del segretario generale del partito comunista cinese e capo dello Stato Jiang Zemin con su scritto «La grande Cina invade Taiwan», hanno marciato per le vie della capitale. Le manovre militari che dall'inizio del mese l'esercito popolare di liberazione sta svolgendo con missili, aerei e navi a poche miglia da Taiwan per scoraggiare le aspirazioni indipendentiste dell'isola, stanno raccogliendo intorno al movimento un consenso forse insperato dai suoi stessi dirigenti. Le manovre - venerdì è stata annunciata la terza serie per la prossima settimana - coincidono con le prime elezioni presidenziali dirette dal 1949, quando i nazionalisti fuggirono sull'isola dopo la sconfitta nella guerra civile. Il candidato favorito è Lee Teng-Hui, 73 anni, del partito nazionalista del Kuomintang, accusato dalla Cina di essere il fautore nascosto dell'indipendenza. Lee Teng-Hui, un protestante che si è dato molto da fare per ottenere a Taiwan un riconoscimento internazionale - l'isola ha rapporti diplomatici con solo 31 Paesi nel mondo - ha sempre smentito di volere l'indipendenza. Oggi, Lee Teng-Hui sta raccogliendo l'approvazione anche degli indipendentisti e un recente sondaggio indica che il loro partito sta guadagnando consensi. Proprio grazie all'atteggiamento aggressivo di Pechino, dicono osservatori a Taiwan. Pechino d'altronde non ha scelta, deve muoversi prima che sia troppo tardi, prima che le elezioni del 23 marzo legittimino Lee come il primo presidente della millenaria storia della razza cinese scelto democraticamente, dice un osservatore nella capitale. Da qui il martellamento politico per convincere i cinesi che queste elezioni saranno solo un grande broglio, che la democrazia di Lee è un falso, dietro il quale il «presidente» esercita una «dittatura personale» sui 21 milioni di taiwanesi. Le dichiarazioni di ieri del governo cinese non potranno che aumentare la tensione sullo Stretto. Dalle isolette minori taiwanesi, nella zona dove domani cominceranno le manovre combinate delle tre forze armate, la gente sta scappando. En¬ tro domani saranno evacuati gli ultimi 16 civili rimasti a Wuchiu, l'isola più vicina all'area in cui si svolgono le manovre militari. Saranno temporaneprricnte trasferiti nell'isola di Quemoy, 120 km a Sud Est. Le esercitazioni militari cinesi prevedono, fra il 18 e il 25 marzo, anche una simulazione di sbarco sulle coste della provincia di Fujian, molto vicina a Wuchiu. Nella zona, Pechino ha schierato oltre a una flotta anche 150 cacciabombardieri. Il governo di Taipei non ritiene tuttavia che ci sarà un attacco da parte di Pechino. La stessa opinione è condivisa dagli osservatori nella capitale cinese, malgrado la secca smentita data ieri dal ministero degli Esteri pechinese al rapporto diffuso da Washington secondo cui la Cina avrebbe dato assicurazioni agli Usa che non userà la forza contro Taiwan. «Queste notizie sono prive di fondamento», ha detto il portavoce Shen Guofang interrogato da un giornalista cinese alla tv di Stato. «La Cina non si è mai impegnata a non usare la forza, anche se ciò non è diretto contro i compatrioti taiwanesi», ha aggiunto il portavoce. La politica della Cina nei confronti di Taiwan, ha detto Shen Guofang, è immutata: «La riunificazione pacifica e "un Paese e due sistemi" è la nostra politica di base verso Taiwan, non ci sono cambiamenti. Ma nel caso dell'indipendenza di Taiwan o di un'invasione straniera, la Cina prenderebbe tutte le misure necessarie per proteggere la sovranità e l'integrità territoriale della madrepatria». [Ansai «Voglio essere un taiwanese, non uno schiavo» «Jiang Zemin, giù le mani dal nostro Paese»

Persone citate: Jiang Zemin, Shen Guofang, Teng