Frequenze tocca ai politici

Dopo gli imprenditori, nel mirino del pm anche La Malfa, Mammì, Medri e Vizzini Dopo gli imprenditori, nel mirino del pm anche La Malfa, Mammì, Medri e Vizzini Frequenze, tocca ai politici Dalla Cordova nuove accuse al pool ROMA.. Saranno pure il business del futuro, le telecomunicazioni. Ma per alcuni anni, dall'87 al '93, secondo quanto ricostruito dal pm Maria Cordova, hanno dato vita al maggior valzer di mazzette e reati connessi che mai si sia visto in Italia. Ci sono finiti di mezzo centinaia di imprenditori, ora accusati di corruzione. E adesso sembra profilarsi, solo per restare ai maggiori, la richiesta di rinvio a giudizio per Carlo De Benedetti, Gianni Letta e Adriano Galliani. L'inchiesta è praticamente finita. L'ha annunciato due giorni fa il procuratore capo Michele Coirò. E Maria Cordova, che s'è dannata l'anima per costruire questo maxiprocesso, è indignata di certe insinuazioni milanesi. Anche ieri ha replicato duramente a Gerardo D'Ambrosio: «Lo ringrazio per l'attestazione di stima. Mi chiedo però per quale motivo abbia ritenuto di assicurarmi che il mio nome non compariva nelle indagini sulla corruzione. Io non ho avuto mai il minimo dubbio che il mio nome potesse comparire in queste indagini. Io non ho scheletri nell'armadio. Anzi, non ho armadi». E ha ribadito: «Ci sono state interferenze dei miei colleghi di Milano. Quando hanno arrestato dei finanzieri, hanno sequestrato anche i rapporti che la Guardia di Finanza aveva fatto sulle frequenze. Questi rapporti me li sono visti qualche giorno dopo su tutti i giornali». Lo scandalo delle telecomunicazioni è enorme. Oltre agli imprenditori, sono coinvolti quattro uomini politici accusati di ricettazione. Per Giorgio La Malfa, Oscar Mammì, Giorgio Medri e Carlo Vizzini arriveranno sonore richieste di rinvio a giudizio (in serata Giorgio La Malfa, in un comunicato, ha dichiarato: «Si tratta di ipotesi del pubblico ministero Cordova, che non hanno fondamento alcuno, come risulterà quando saranno noti gli atti relativi. Sono assolutamente tranquillo di ciò che affermo»). E poi c'erano i «capataz» del ministero delle Poste, tra funzionari e consiglieri di amministrazione, che a giudizio dell'accusa erano un'associazione a delinquere. Difficile mettere ordine a un'indagine tanto complessa. Tre anni di investigazioni, centinaia di contratti passati al microscopio, altrettante emittenti televisive radiografate. Persino il computer del giudice, un certo giorno, ha detto «Basta!». Si racconta che fu chiamato in tutta fretta un sottufficiale della Guardia di Finanza a mettere ordine nella memoria elettronica. Da allora il documento che racconta l'inchiesta si chiama «Lourdes». Tutto ebbe inizio nel 1992, con un dossier anonimo recapitato ai carabinieri. Si sosteneva che il Piano delle frequenze, fondamentale appendice della legge Mammì, era un appalto truccato. Venne ascoltato Remo Toigo, l'imprenditore che procedeva alla mappatura delle emittenti per conto del ministero delle Poste. E quello parlò. Raccontò di una mazzetta da tre miliardi che era stato costretto a pagare a un certo Parrella, pezzo grosso del ministero e collettore di tangenti per i politici. Raccontò che aveva dovuto cedere a Parrella anche il 60 per cento delle quote azionarie. Ma poi l'inchiesta ha galoppato su due filoni principali: gli appalti truccati per gli uffici postali e per le reti telefoniche; le frequenze radiotelevi¬ sive illegittime. Il capitolo della modernizzazione di Poste e Telefoni è quello che mostra le storie più grottesche. Sono coinvolte quindici grandi aziende, italiane e multinazionali. Olivetti è il nome più in vista. Il pm Cordova sosterrà che non c'è ufficio postale in Italia, o centrale telefonica, o cavo, che non porti traccia di una tangente. In un ufficio postale di Catanzaro, hanno trovato una centrale telex assolutamente dimenticata e inutile che era murata in una stanzetta. Negli scantinati del ministero, hanno scoperto tremilasei¬ cento telescriventi di Ivrea, pagate a carissimo prezzo. Un concorso fu addirittura annullato dal Tar, perché i macchinari della Olivetti appalto d'urgenza, 13 miliardi, per lettori ottici - non funzionavano a dovere. T- In verità, Carlo De Benedetti aveva già ammesso ai giudici di aver pagato una mazzetta da dieci miliardi. Ma l'imprenditore sosteneva trattarsi di concussione. Invece il pm, che lo considera un corruttore, lo fece pure arrestare. Era il 2 novembre 1993. Ora si appresta a chiederne la condanna. Sull'altro fronte, c'era da ricostruire il Far West dell'etere. La legge Mammì, come si ricorderà, fotografava l'esistente. Gli imprenditori televisivi dovevano limitarsi a una autodichiarazione. Nessun controllo. Racconterà la Cordova che la tentazione di barare è stata troppo forte, vista la posta in palio: una concessione, nazionale o locale, che significava vita o morte per l'emittente. Ora, siccome qui gli indagati sono almeno centocinquanta, significa che quasi nessuna emittente ha dichiarato il vero. Soprattutto in Sicilia. E naturalmente, se si va nel settore televisivo, la Fininvest è il nome più in vista. Sono coinvolti Gianni Letta, all'epoca ambasciatore di lusso di Silvio Berlusconi nel mondo politico, e Adriano Galliani, l'uomo degli impianti e del Milan, accusati entrambi di corruzione. Per loro - e per Davide Giacalone, braccio destro del ministro Mammì, ma poi finito a libro paga della Fininvest - il pm aveva addirittura chiesto gli arresti, che però sia il gip, sia la Cassazione hanno negato. Particolare curioso e drammatico allo stesso tempo: se il gip l'avesse autorizzato, Galliani sarebbe stato arrestato in contemporanea con Carlo De Benedetti. L'ordine di cattura partì il 30 ottobre 1993. Ebbene, proprio quel giorno Adriano Galliani si sposava con Daniela Rosati. Testimone per lo sposo, Silvio Berlusconi. I due uomini Fininvest sono accusati di aver pagato mazzette per garantire al Biscione più frequenze tv di quante avesse diritto. Letta stesso, nell'interrogatorio del 3 luglio 1993, ammise i suoi interventi. Spiegò che miravano a bilanciare l'invadenza della Rai. Ci furono anche liti, tra Letta e Toigo. Finì che tutti i protagonisti si videro al ministero per dirimere la questione. A. braccio destro del ministro fu molto esplicito. Risultato: quando si decisero le concessioni, il Biscione ebbe oltre 7 mila megahertz. Un pacchetto analogo a quello Rai. Qualche mese dopo, Giacalone firmava un contratto d'oro con la Fininvest. Francesco Grignetti Per gli ex ministri scatta l'accusa di ricettazione con una pesante richiesta di rinvio a giudizio «Ci sono state interferenze dei miei colleghi di Milano Io non ho scheletri nell'armadio» Maria Cordova, che conduce l'inchiesta. Sotto, l'ex ministro delle Poste Oscar Mammì Sopra, Carlo Vizzini, ex ministro socialdemocratico delle Poste: anch'egli coinvolto nell'inchiesta

Luoghi citati: Catanzaro, Italia, Ivrea, Milano, Roma, Sicilia