UNA DEMOCRAZIA COME SI DEVE
UNA DEMOCRAZIA COME SI DEVE UNA DEMOCRAZIA COME SI DEVE NELLA politica italiana di nuovo, ha scritto Gad Lerner, non c'è molto e di quel poco che c'è non è detto che il nuovo sia meglio del vecchio. Ben detto. Pertanto bisogna non farsi troppe illusioni su quel che ci aspetta all'indomani delle elezioni. Si sarebbe tentati di dire che la prima Repubblica ha impiegato mezzo secolo per fallire. La seconda pare già fallita prima di nascere. Abbiamo creduto che bastasse cambiare la legge elettorale, passare dal sistema proporzionale a quello maggioritario, perché l'Italia diventasse finalmente una democrazia come si deve. Una democrazia come si deve, si sa, è fondata sull'alternanza e solo l'alternanza garantisce governi non solo controllati dall'opposizione ma stabili. E invece, la prima votazione con il nuovo sistema ha dato vita a uno dei governi più instabili della Repubblica. E' vero che la nuova legge non era maggioritaria al cento per cento. Ma è anche vero che la breve durata del governo è dipesa esclusivamente dalla fragilità della coalizione che aveva vinto le elezioni, cioè dalla stessa ragione per cui erano sempre stati instabili i governi precedenti, eletti in base al sistema proporzionale. Avremmo dovuto capire che non basta una legge elettorale per cambiare la società e la storia di un Paese. Si sono levate spesso voci a chiedere che si evitasse di votare a breve scadenza di tempo con la stessa legge. Invano. Soprattutto il polo di destra ha sempre avuto fretta. Rinviare le elezioni pareva volesse dire defraudare gli italiani di un loro diritto. Oggi che è stato loro malamente restituito, con una legge sbagliata, in una atmosfera che la comprovata deficienza di questa legge rende ogni giorno più avvelenata, si può temere che molti cittadini di questa restituzione del diritto di voto non sappiano che cosa farsene. Dicono: «Affari loro». Il sistema uninominale a un turno dà buoni risultati e offre il vantaggio della stabilità, se alla base, nella società civile, vi sono pochi partiti, meglio se i partiti sono due, come in In¬ ghilterra. Molti in Italia commettono l'errore madornale di credere che in un Paese come l'Inghilterra il bipartitismo sia la naturale conseguenza del sistema uninominale, a un turno. E, invece, è la divisione storica in due partiti del Parlamento inglese, prima, e nella società civile, poi, che permette al sistema uninominale di avere i benefici effetti che ha, pur con il gravissimo difetto di rappresentatività democratica che ne deriva, di cui nel dibattito italiano fra neofiti, spesso poco informati, stranamente non si parla mai. Mi riferisco alla possibile sovra-rappresentazione di un partito e alla sotto-rappresentazione di un altro, che dipendono esclusivamente dal modo con cui sono costituiti i collegi, come se il consenso degli elettori misurato in numero di voti fosse, in un sistema democratico, un elemento secondario. In Italia è accaduto che l'istituzione del sistema uninominale è andata di pari passo con la sempre più diffusa disaffezione verso i partiti. Reazione perfettamente giustificata di fronte alla loro invadenza, non solo nella pubblica amministrazione, come si diceva una volta, ma in tutte le sfere della società. L'antipartitocrazia ha generato, però, l'antipatia verso i partiti. Sono troppi? Allora aboliamoli. Gli uomini politici parlino direttamente con la gente, tanto più che i mezzi per comunicare le loro opinioni, senza bisogno di intermediari, non mancano. Un atteggiamento di questo genere ha favorito il rifiuto del sistema proporzionale fondato sulla scelta del partito e l'accettazione acritica del sistema uninominale, che, fondato com'è sulla scelta della persona anziché del partito, ha fatto pensare che finalmente dei partiti si potesse fare a meno. Errore grave per chi ci ha creduto. Colpa grave di chi lo ha fatto credere. Al limite, se davvero ognuno dei candidati corresse soltanto per se stesso, e non rappresentasse, piccolo o grande, meglio più grande che piccolo, un partito o partitino, Norberto Bobbio CONTINUA A PAG. 8 PRIMA COLONNA
Persone citate: Gad Lerner, Norberto Bobbio
Luoghi citati: Inghilterra, Italia
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