L'ultimo volo della Fokker

Inutili i tentativi di salvataggio. Il gruppo, controllato dalla Daimler, licenzia 5600 dipendenti Inutili i tentativi di salvataggio. Il gruppo, controllato dalla Daimler, licenzia 5600 dipendenti L'ultimo volo della Fokker Dopo mesi di crisi il colosso è fallito BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dopo settimane di trattative frenetiche, ma vane, alla ricerca di un compratore che avrebbe significato la salvezza, la Fokker ha dichiarato ieri fallimento. «L'ultimo volo è finito in uno schianto», commentavano ieri ad Amsterdam i rappresentanti dei 7900 lavoratori dell'azienda. La morte di uno dei marchi più antichi dell'aviazione mondiale, che nei suoi 77 anni di storia ha compiuto numerose incursioni in terra di Germania - il fondatore Tony Fokker prese la nazionalità tedesca, su un triplano Fokker volava Manfred von Richtofen, il Barone Rosso della prima guerra mondiale - era cominciata in realtà il 22 gennaio: quando la Daimler Benz, il miggior gruppo industriale tedesco in possesso di oltre il 40 per cento delle azioni, aveva deciso il blocco dei finanziamenti. Quel giorno era diventato chiaro, all'improvviso, che il destino di una delle aziende simbolo della storia economica olandese era segnato: inutili sono state, da allora, le trattative avviate dal governo dell'Aia con potenziali acquirenti. L'ultima a rispondere negativamente è stata la China Aviation Industries. Resta un'unica speranza, anche se flebile: il gruppo coreano Samsung non ha ancora preso una decisione definitiva, confermava ieri sera un portavoce. Anche se la risposta fosse positiva, tuttavia, quasi certamente della Fokker resterebbe soltanto una porzione marginale. Dei 5664 dipendenti occupati in Olanda, soltanto 960 otterranno sicuramente un nuovo impiego: questo significa che 4700 posti di lavoro saranno soppressi, il più grave licenziamento di massa mai registrato in Olanda nel secondo dopoguerra. A rischio sono anche i 1200 lavoratori collegati alla Dasa, la sezione aerospaziale della Daimler - che in Germania producevano parti per gli aerei Fokker. Meno drammatico dovrebbe essere invece il destino di 2500 persone occupate nella produzione di parti di ricambio, dal momento che sono in servizio ancora 1130 aerei Fokker, bimotori a jet e propeller impiegati su linee di medio raggio. La fine di un altro mito della storia industriale europea è destinato ad alimentare le polemiche, già aspre, fra Olanda e Germania. Amsterdam non ha mai esitato ad accusare la Daimler, anche duramente, per il disimpegno deciso dopo soli tre anni di partecipazione. Ma per quanto dolorosa, si è giustificato il presidente del gruppo tedesco, Juergen Schrempp, la decisione di tagliare i fondi si imponeva e non poteva più venire rinviata, pena una crisi di dimensioni insostenibili per la casa madre: le enormi perdite subite dal gruppo di Stoccarda vanno infatti addebitate soprattutto alla Fokker (2,3 miliardi di marchi) e alla Aeg (un miliardo e mezzo di marchi), della quale è stata decisa la chiusura e l'assorbimento, il mese scorso. Con la fine del controverso «capitolo olandese», finiva infatti per la Daimler un'emorragia finanziaria che sembrava inarrestabile: dal suo ingresso nella Fokker il gruppo tedesco vi ha trasferito miliardi di marchi, col solo risultato di veder crescere le perdite. Colpa delle turbolenze del mercato e delle tempeste monetarie - ci si chiede in Olanda - o di scelte strategiche sbagliate che la gestione Daimler ha favorito? Emanuele Novazio van Se Il presidente del gruppo Fokker Ben Van Schaik e (a fianco) il marchio del gruppo coperto da un telone

Persone citate: Barone Rosso, Emanuele Novazio, Manfred Von Richtofen, Schrempp, Tony Fokker, Van Schaik

Luoghi citati: Amsterdam, Germania, Olanda