Nubi sul futuro di Pacciani

Hi.' Il procuratore Tony: «I dubbi che avevo al processo erano giustificati. Il quadro ora è diverso» Nubi sul futuro di Faccioni Caso riaperto dopo le confessioni FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Dice: «Ho soltanto letto i giornali». Va bene. Ma sui giornali c'è scritto che uno dei supertestimoni inascoltati al processo d'appello di Pietro Pacciani ha confessato di aver partecipato ai due ultimi scempi del mostro. Piero Tony è un uomo pacato, uno che non alza mai la voce, uno che ha la buona abitudine di riflettere a lungo prima di parlare. Lo sa bene che la sua requisitoria all'appello del Pietro è stata giudicata rivoluzionaria o scandalosa: fatto davvero raro, propose l'assoluzione e la Corte cancellò dalle spalle del Vampa l'etichetta di mostro. Quella stessa che viene ora riproposta. Ma il sostituto procuratore generale Tony non ha ancora visto rapporti e verbali della nuova inchiesta: «No, non ho avuto niente, non è che mi debbano mandare quelle carte, lo consigliano i rapporti di buon vicinato». Già, perché sarà lui, il dott. Tony, a decidere se far ricorso in Cassazione per la sentenza assolutoria oppure rinunciare. «Le motivazioni: finché non le avrò lette, non posso decidere». Ma forse ha già deciso. In ogni modo, tutte queste novità che impressione le fanno? «Dovrei provare soddisfazione». Sarebbe? «Che i dubbi che avevo, in fin dei conti si sono mostrati giustificati. Cioè, il quadro che emerge ora è diver¬ so da quello prospettato al processo quando la discussione era sul solo Pacciani». Ma questa svolta? «L'ho seguita con estrema difficoltà. Ora certe cose mi potrebbero tornare meglio». Per esempio? «Il ruolo dei due, "Beta" e "Alfa", presentati come supertestimoni minacciati. Insomma, le mie perplessità erano sacrosante». E l'inchieta su Vanni? «Beh, quello è un processo diverso, coinvolge un'altra persona». Dichiarata innocente, libera e per la quale, proprio oggi, si tenta pure qualcosa di simile a una beatificazione. Tutto è appeso a un filo, o meglio, alla decisione che prenderà la Procura generale. Dovesse trascurare il ricorso in Cassazione, l'assoluzione diverrebbe definitiva e il Pietro non avrebbe più niente da temere. Mai più. «La revisione si può chiedere soltanto a favore dell'imputato, dovesse diventar definitiva quella sentenza, Pacciani potrebbe anche venir qui a confessare quello che vuole che non ci sarebbe più nulla da fare», sospira Francesco Fleury, procuratore aggiunto. E il rischio non è che piaccia. Sospettano che il Vampa sia coinvolto anche in altre vicende losche, e si indaga. Sul suicidio di Renato Malatesta, per esempio, marito di Maria Antonietta Sperduto, una buona amica di Pacciani e di Vanni, e padre di Molva Malatesta, uccisa e bruciata col figlioletto Mirko di tre anni nell'agosto 1993. Per tentare chiarezza, la settimana scorsa è stata ascoltata a lungo Maria Sperduto, ma non pare che fosse molto propensa a dare aiuto. Eppure, tutto lascia pensare che queste storie incrociate non siano concluse. «Soltanto quando si farà luce su quelle due strane morti, si capirà. Perché Renato Malatesta e sua figlia Milva erano due che forse sapevano ma non facevano parte del gruppo», osserva l'aw. Luca Saldarelli, presidente dell'Ordine fiorentino e, nel processo Pacciani, difensore di parte civile per le famiglie di Jens Kuwe Reush e Horst Meyer, uccisi nel 1983, undicesima e dodicesima vittima. Dunque, si indaga, su una strada parallela e il dott. Fleury quando pensa al Vampa ammette: «Metterlo dentro per altro motivo ci farebbe piacere, non lo nego. Ci stiamo lavorando, ma non vorremmo che tutto questo fosse letto come una forma di accanimento». Meglio dipanare la matassa che parte da Vanni, allora. «Beta» ha confessato di aver partecipato a due sabba, quello agli Scopeti, nell'85, e quelo a Vicchio, l'anno prima. Anche quella volta sarebbero stati in quattro: il Vampa, «Torsolo», «Beta», e «uno che balbetta». «Continuiamo la strada a ritroso, tappa dopo tappa», promette Paolo Canessa, che nel processo di primo grado a Pacciani sostenne l'accusa. E ora per Vanni, l'«amico di merende», è pronto un secondo ordine di custodia cautelare, per lo scempio di Vicchio, questo, dove furono uccisi la Pia e il suo ragazzo. Aggiunge Canessa: «Certo, è deprimente pensare che per arrivare a Lotti si è dovuto far uso delle "cimici" in quel bar di San Casciano». Dove tutti parlavano fra sé e nessimo era disposto a raccontare qualcosa agli investigatori. «Poi, va detto che queste cose, questo nuovo filone d'indagine non sarebbe venuto fuori se non si fosse fatto il primo processo, se non si fosse preso dalla matassa che si stava srotolando quel filino debole. Quello che è amaro è che ci son voluti troppi anni per venire a capo di questa storia». Un passo alla volta, allora. Canessa non sembra aver fretta, metodico, paziente. Dopo Scopeti e Vicchio, tocca al Galluzzo, all'omicidio dei due ragazzi tedeschi, e poi a Montespertoli, 1982, e poi ancora a Calenzano, 1981. E su su, per arrivare al '68, se è possibile. C'è la pistola, naturalmente, che lega tutto, ma pure altri fili impalpabili: l'ombra di un'auto rossa, per esempio, che hanno visto in molti, presso i luoghi dove furono commessi i duplici omicidi. Rossa, come le due che ha avuto «Beta» Lotti. Chiede Canessa: «Volevano le prove? La confessione è considerata la regina delle prove». E Giancarlo «Beta» Lotti, ha confessato, alla fine. Il Vampa no, e neppure Vanni «Torsolo». Anche se avessero tanto da raccontare, sarebbe troppo pretenderlo. Vincenzo Tessa ti dori ECCO CHE COSA POTRÀ' ACCADERE Pacciani è stato assolto (con formula piena) dalla Corte d'Assise d'Appello per gli otto duplici delitti del «mostro». Entro il 13 maggio il giudice Carvisiglia deve depositare questa sentenza. Poi il pg Piero Tony (che aveva chiesto e ottenuto l'assoluzione) può: -i \ Ricorrere in Cassazione, alla luce dei nuovi elementi emersi in questi giorni, e dei suJ- J pertesti che i giudici non avevano voluto ascoltare. Se ottiene un secondo processo d'appello, e se Pacciani questa volta viene condannato, allora potrebbe tornare in carcere. p \ Non ricorrere in Cassazione. In questo caso l'assoluzione di Pacciani diventerebbe ^>J definitiva, Pacciani non potrebbe più essere processato per i delitti del «mostro», perché la legge stabilisce che non si può essere processati due volte per lo stesso fatto. Un'eventuale revisione del processo potrebbe essere chiesta solo dall'imputato condannato, non dall'accusa. E anche se Vanni e Lotti dovessero essere condannati definitivamente per quei delitti, in concorso con Pacciani, Pacciani resterebbe libero. O \ La terza possibilità: emerge una sua responsabilità in un altro dei delitti insoluti (non OJ compreso cioè in quelli già esaminati nel corso dei due processi), di quelli «laterali» alla storia del «mostro». Hi.'

Luoghi citati: Calenzano, Firenze, Montespertoli, San Casciano, Vicchio