le armi segrete di Lamberto

7 AL VIA LA CAMPAGNA ELETTORALE Ottimismo nonostante la defezione di Segni: «Ci voteranno in tanti» le armi segrete di Lamberto Con Donatella a caccia di candidati vip MROMA A che cavolo avete combinato in questo giorno e mezzo?!»... Erano passate da poco le due, e dall'ultimo piano del palazzotto di Piazza Fontanella Borghese gli ululati di Lamberto Dini si erano levati alti, nell'umida, e insolitamente tiepida notte romana. Sì, per il candidato-premier e per la sua squadra di Rinnovamento Italiano quella di tre giorni fa è stata davvero la notte dei «divani roventi». Nel suo splendido attico, infatti, Lamberto ne ha ben tredici, di divani: e tra le 11 di mercoledì sera e le 3 di giovedì mattina, vi hanno transitato e bivaccato tutti gli «uomini del presidente». Da Diego Masi a Mario Segni, da Enrico Boselli a Sergio Berlinguer, da Sergio D'Antoni a Mario D'Urso. Tutti lì, a strabuzzare occhi e orecchi di fronte alle sfuriate di Lamberto. Non più Rospo, ormai, l'infaticabile Lamberto fa pensare più che altro ad un Ragno, per il puntiglio col quale si è messo a tessere la sua «ragnatela» di rapporti, contatti, alleanze, candidature. Che in sua assenza pds e ppi gli avevano in parte guastato. «Che fine ha fatto Fantozzi, che fine hanno fatto Treu e Ciò?!», aveva urtacchiato ancora il premier ai suoi, che la notte precedente, durante una riunione altrettanto burrascosa a Botteghe Oscure, s'erano fatti praticamente sfilare sotto il naso i collegi per mezzo governo, quello che si presenta nella Lista Dini ed al quale il presidente tiene di più. «Sì, ci hanno quasi silurato», gli aveva confermato in serata il ministro delle Finanze Fantozzi che la notte prima, avendo fiutato un odor di bruciato, si era presentato personalmente, insieme al ministro del Lavoro Treu, nella sede del pds, per dar manforte a Boselli e Masi, e a difendere con le unghie i pretesi collegi. «Presidente - gli avevano spiegato i pattisti - purtroppo qui ieri è successo di tutto...». E come dargli torto, se è vero come raccontano che nel vertice successivo a quello al Bottegone - queDo cioè richiesto mercoledì mattina a Bianco e Prodi da Maccanico, preoccupato per le scarse garanzie sui suoi candidati - lo stratega dei collegi del ppi Franco Marini aveva simulato addirittura un malessere, e si era eclissato, per non dar spiegazioni ai laici del Centro-Sinistra? Al Ragno Lamberto, a quel punto, i nervi erano risaltati davvero. E mandato a quel paese il povero Vito Riggio, ex de ed ex leader della Cisl, presentatosi candido candido a casa sua verso le due di notte per avere il suo bravo collegio, aveva serrato i ranghi, perfezionando la «tessitura» finale. Che è durata, in pratica, fino a ieri mattina. Gli strappi alla ragnatela son stati ricuciti, le candidatu- re rimesse a posto. Come? Grazie a un paio di armi, nient'affatto segrete, che il Ragno Lamberto custodisce nel suo «nido». La prima arma, quella in qualche modo più bruta, ruspante, ma assolutamente indispensabile: il vecchio, smaliziato apparato di «tessitori», in prevalenza ex andreottiani, educati all'ars mediatoria e alla scienza del potere. Un apparato che lavora già da un paio di settimane, e che tra ieri e l'altro ieri, nella sede della Lista Dini di Corso Vittorio Emanuele 282, ha dato il meglio di sé. Giancarlo Capitta, Paolo Ricciotti, e soprattutto Giuseppe Trippane- ra, già consulente del premier dai tempi in cui era ministro del Tesoro del governo Berlusconi, ex segretario particolare di Gerace, detto il «Luparetta». Buon amico, al tempo stesso, del mite Guido Bodrato e del panzer Francesco D'Onofrio. Ebbene, il formidabile trio ha chiuso il giro dei contatti, soprattutto nel Sud, grazie ai buoni uffici di tutti gli altri «orfanelli» del Divo Giulio, ora ammaliati dalla tela del Ragno Lamberto: Vito Bonsignore, ad esempio, oppure Carmelo Puja, ex sottosegretario e vero «rais» della de calabrese. 0 ancora Mario Annese, già consigliere regionale della corrente andreottiana in Puglia, o Pietro Zoppi, deputato genovese in quota alla stessa corrente. Insieme, questi «tessitori» hanno fatto miracoli, riuscendo a catturare nella ragnatela prede d'ogni tipo, compreso qualche campione di democristianissimo trasformismo. Un esempio per tutti: l'irrequieto Ernesto Stajano, magistrato campano, animatore della cor- rente Unità per la costituzione all'interno del Csm, poi pattista con Segni, poi forzitaliota con Berlusconi, infine folgorato sul sentiero del nido di Lamberto, dopo aver scartato in extremis un collegio di Fini. Ma il Ragno ha potuto contare soprattutto su una seconda arma, più sofisticata: i vasti, altolocati rapporti della «first lady» Donatella. La quale, se Lamberto è il Ragno, ha custodito e vigilato sul nido proprio come un'ape operosa, come una perfetta «busy bee», soprannome che il premier le ha affettuosamente assegnato. Perché dal suo ufficio al Grupo Zeta, in piazza San Lorenzo in Lucina, la signora Dini ha messo a disposizione del consorte tutto quel che ha potuto. E cioè rapporti di salotto con l'establishment e soprattutto mezzi finanziari, visto che la signora ha in mano le chiavi del Costarica e dispone di un impero da 300 milioni di dollari. A Milano, c'è addirittura chi favoleggia che in queste ultime settimane, per finanziare la campagna elettorale del suo Lamberto, Donatella abbia venduto un po' di immobili per qualche decina di miliardi. L'altro ieri, con il premier impegnato in Egitto per il vertice anti-terrorismo, pare che la signora in persona si sia precipitata nella sede del partito, per pungere i «distratti» Trippanera e Picciotti. E anche giovedì, riunioni tutto il giorno, e pranzo con il marito per mettere a punto gli ultimi dettagli delle candidature. Alle quali, per altro, l'ape operosa ha messo a lavorare l'intero alveare domestico. A partire dal primo figlio, Cesare. Ma poi soprattutto la se¬ condogenita, la giovane, promettente Maria Zingonia, chiamata Onia in famiglia. Laureata, dinamica prornotrice della Peat Marwick, colosso della certificazione e della consulenza aziendale, Onia si è occupata soprattutto di diffondere il verbo diniano presso il vastissimo mondo della finanza meneghina. «Io e lei abbiamo fatto il giro per il Nord, tra Milano e Torino, in cerca proseliti e di nomi eccellenti», raccontava ieri, al termine dell'ennesima riunione, tra i tessuti verdeantico alle pareti e gli enormi lampadari della seriosa sede del partito, un'altra delle «anni sofisticate» di Lamberto, e cioè il sempreverde Mario D'Urso, candidato in Piemonte per la lista del premier. Quanti vip sono finiti impaniati nella tela? «Tanti, ma soprattutto abbiamo verificato che c'è grande interesse presso la business community per l'idea di Centro politico che Dini persegue», giurava ancora D'Urso. Ma quanti italiani, il 21 aprile, crederanno in quel nuovo «Centro del Centro» diniano? «Tanti», incrociava le dita giovedì sera il premier recandosi soddisfatto - e per nulla turbato né dai sondaggi che lo danno al 3/4% né dal Grande Rifiuto di Segni - all'aeroporto, per un viaggio-blitz al Fondo Monetario. «Sono ottimista: la gente capirà che il mio Centro è nuovo, moderno...». Oggi, al rientro da Washington, lo spiegherà agli elettori, convocati alla sede di Corso Vittorio alle 9 del mattino con un annuncio pubblicitario sul Messaggero. Massimo Giannini Al suo fianco i ministri-amici e l'intero clan familiare Nell'hinterland l'ex maestra Rosy Parlanti dirige la rivista «Vento sociale» e si occupa dei disoccupati II senatore Riccardo De Corato è stato il motore missino di Mani pulite Il suo regno sono i commercianti di corso Buenos Aires Lamberto Dini con lady Donatella. A lato il ministro Tiziano Treu Ignazio La Russa, colonnello di Fini a Milano: An è fortemente mobilitata nella periferia metropolitana La battaglia di Gianfranco Fini (a lato) si combatte sullo stesso terreno della Lega e di Berlusconi