SANGUINEI E I SASSI sabato al centro pannunzio per ripensare Carlo Levi

INCONTRI INCONTRI SANGUINEI! EI SASSI Sabato al Centro Pannunzio per ripensare Carlo Levi A quarant'anni testimone della nostra cultura, Edoardo Sanguineti è personaggio da ascoltare senza pregiudizi. Il suo modo - e la sua forza - nel raccontare, quasi teatrale, spiega meglio di qualsiasi saggio perché si debba considerarlo uno dei maggiori poeti italiani del Novecento, nonostante la difficoltà che ciascun lettore, anche il più avveduto, prova affrontando la lettura dei suoi testi. Dopo la conferenza sull'avanguardia artistica tenutasi il 13 marzo all'Unione Culturale, ai torinesi è offerta una nuova occasione per incontrarlo: sabato 16 alle 17, presso il Centro studi Mario Pannunzio, via M. Vittoria 35h. L'appuntamento del Pannunzio, organizzato per presentare uno splendido volume dal titolo «I sassi di Matera. Testimonianza e memoria» (edizioni Testo&Immagine), testi di Roberto Marro, foto di Augusto Viggiano, è da non perdere: sarà curioso capire perché Sanguineti abbia amato molto questo libro, pubblicato nell'ambito delle celebrazioni che la Regione Basilicata sta dedicando ai vent'anni della scomparsa di Carlo Levi. Forse perché applica, affiancando al rigore della scrittura di Marro il gelido bianconero delle eccellenti foto di Viggiano, la formula «ti dispiaccio piacendoti e ti piaccio dispiacendoti»: formula coniata da Sanguineti, che continua ad applicare quando compone per un lettore in cui crede restando tra i pochi capisaldi di una letteratura in babà del mercato. Nato a Genova nel 1930, da padre ligure e madre torinese, il percorso formativo di Sanguineti è fortemente legato a Torino: è in questa città che comincia ad amare - per merito di Albino Galvano - la pittura infor¬ male, è a Torino che conosce Carol Rama. Proprio all'Unione Culturale partecipa ad alcune conferenze organizzate da Antonicelli in cui ascolta poeti come Quasimodo, Gatto, Jahier, Saba. Ma è soprattutto il rapporto con l'Università e con Giovarmi Getto, grande docente di letteratura italiana, che rimarrà essenziale per Sanguineti. Con Getto il poeta si laurea (è il 1956) con una tesi su Dante: nello stesso anno esce «Laborintus», scritto tra il 1951 e il 1954, consapevolissimo modo di uscire dagli schemi del realismo socialista per pensare ad un pubblico del futuro. Pubblico di pochi, in cui poche case editrici credettero, e forse più per i possibili sviluppi in ambito narrativo che immaginando vendite di opere di poesie. Da allora, Sanguineti ha pubblicato quasi cinquanta volumi, tra poesia, romanzi e saggi: una bibliografia straordinaria, tra cui spiccano il romanzo «Capriccio italiano», (1963), i saggi su Dante e Gozzano (1966) e «Segnalibro», la raccolta completa di poesie scritte tra il 1951 e il 1981. Da ricordare, il suo amore per la musica, testimoniato dal rapporto strettissimo di lavoro con Luciano Berio, ma anche dal suo ultimo impegno di lavoro: un testo - dal titolo provvisorio, e sintomatico: «Rap» - per le musiche di Andrea Liberovici. «Il resto non è che è psicologia». Il lapidario commento che Edoardo Sanguineti appone alla sua biografia non intende lasciare spazio ad una attività pubblica che in poesia lo vide tra i fondatori del Gruppo '63 ed in politica rilettore attenti dei fatti che hanno costruito e distrutto il partito comunista italiano. Paolo Verri QUELLA MIA TORINO ANNE CINQUANTA Edoardo Sanguineti ricorda così la Torino Anni Cinquanta, la città della sua formazione Se dovessi riassumere la percezione che avevo allora della città, direi che per me era innanzitutto una città di pittori. Il loro era un ambiente libero e attivo, che risaltava per la sua apertura rispetto all'ambiente di Einaudi, il quale invece era molto chiuso e comunicava pochissimo con il resto della città. Non che non agisse su Torino, ma era, ed è rimasto, l'ambiente di una élite ripiegata su se stessa. Come pure la Fiat, che era un mondo a parte, anche se decisivo per la vita economica della città. Al contrario, nel mondo dei pittori c'era molto movimento anche forse per una certa tradizione bohemienne: nei loro studi ci si trovava, si beveva, si discuteva senza orari. I pittori importanti della città erano Casorati e Menzio, che però vivevano già più appartati. Dietro di loro c'erano numerosi giovani con cui gli scambi furono intensi e proficui. Edoardo Sanguineti Da: F. Gambaro, «Colloquio con Edoardo Sanguineti» (Anabasi '93)

Luoghi citati: Basilicata, Genova, Matera, Torino, Viggiano