COLTI E PAVIDI Bollati: difficile legare sapere e politica di Mirella Serri

COLTI E PAVIDI COLTI E PAVIDI Bollati: diffìcile legare sapere «Mi sembra una figura di facciata. Recita la parte di se stesso». La crisi dell'Einaudi ha favorito l'Adelphi, suo storico e simbolico contraltare? «No. L'Adelphi è appannata. Non dico in declino, ma l'immagine di trasgressione intelligente che proponeva si è oggi logorata. Nonostante la ripresa di una cultura di destra. E sa perché? Probabilmente Aldo Busi cidenti! Come era compatto il tentativo di capire e fondare una nuova nazione». Che cosa è rimasto di quel la Einaudi, simbolo della cultura impegnata di sini stra? «Non so dirlo. Che cosa fanno? Che cosa cercano? Vogliamo dire che per metà è mondadoriana, è ricerca del profitto, politica del best-seller? Per l'altra metà macina i ricordi dei tempi dell'impegno, diven tati una routine. Perché l'impegno non c'è più. E' strana l'Einaudi di questo periodo». Che posto vi occupa Giulio Einaudi, con cui lei ha col laborato una vita? perché non fa più antitesi. Prima era fortemente antitetica alla cultura engagé, soprattutto einaudiana. Adesso galleggia nel gran mare delle posizioni atipiche: non ha più la forza che le veniva da una sorta di egemonia eretica». A parte Donzelli, chi altro vede attorno a lei, che animi il «deserto» dell'editoria di cultura? «Qualcosa fa il Mulino, a margine dell'attività principale che resta l'editoria universitaria. Qualcosa fa Laterza, a margine di un catalogo che rappresenta la grande Laterza d'una volta. Non vedo molto di più sinceramente. Perciò mi colpisce la fioritura delle riviste. Chissà che non sia l'avanguardia di una nuova stagione editoriale» In questo impoverimento, vede delle responsabilità della generazione di intellettuali oggi sulla scena? e politica «Quando penso ai nuovi intellettuali, più che responsabilità politiche vedo una terrificante debolezza: non mordono, re stano nella vaghezza, rispetto ai processi in corso. Alla fine la nostra classe intellettuale, con le dovute eccezioni, sembra costituita di privilegiati o di velleitari». Ma c'è una cesura coi mae stri della generazione del primo dopoguerra, i Vittorini o i Fortini? C'è un tra dimento, come si dice? «Io vedo non tanto un filo che si spezza, quanto il trionfo dell'opportunismo e dell'utilitarismo. La differenza con la generazione precedente è che oggi ha vinto l'economicismo. D'altronde la stessa figura dell'editore non è più quella d'un protagonista della cultura, ma quella d'un manager, che scompare dietro i consigli di amministrazione» I vostri conti come vanno? «Siamo in risalita, dopo aver patito una stangata, nel '95 sul '94». Di lei Einaudi ha detto che ama stare nell'ombra: è vero? «Dice bene, nel senso che c'era una splendida divisione del lavoro fra noi: lui faceva l'attor giovane, eternamente illuminato dai fari, e io stavo sempre dietro le quinte. Per la verità, Einaudi mi ha anche riconosciuto il merito, dovendo dire qualcosa di me, in un libretto autobiografico, di essere un grande giocatore di scopone. Il che, fra l'altro, non è vero». Quali novità alla Bollati- Boringhieri? «Il compito che mi propongo è di rinnovare tutto il settore scientifico, che è rimasto un po' indietro, di rinnovare anche il settore psicologico e di pubblicare una collana di libri economici, sfruttando il nostro straordinario catalogo». Un libro che sogna di fare ma che forse non farà mai? «Faccio la corte a Luigi Pintor, per avere un altro suo libro, dopo Servabo, che è stato un successo. Lo sto braccando, ma sento che mi sfugge». Alberto Papuzzi SUPERARE INTERNET La scommessa di Castelvecchi ROMA 0 scorso anno avevamo delle idee su cui costruivamo la nostra linea editoriale; ma adesso sono obsolete, invecchiate, da mandare al macero». Non dice proprio così, ma il succo della filosofia del cyber editore è questo. Il trentacinquenne Alberto Castelvecchi ama il rischio e il movimento. Di rischi ne ha corsi tanti quando, solo tre anni fa, ha fondato la sua casa editrice e ha puntato tutte le sue energie per sedurre il vasto popolo dei telematici. Titoli come «Il galateo del cibernauta», di Marco Jacquemet, ovvero il bon ton in rete per sapere come ci si comporta tra fax e cellulari, oppure «Dal cybersex al transgender» di Helena Velena, che offre tutti i piaceri della pornorete, sono piattini golosi per i fanatici di Internet. Abbasso la controcultura, abbasso il punk, sostiene il giovane editore, anche se ha nel catalogo fresco di stampa «Marci, sporchi e imbecilli. 1976-1996: la rivolta punk non si è mai fermata» di Stewart Home. Ma è certo difficile replicare, da tanto dinamismo non si può che essere spiazzati. A via del Vignola 75, nel quartiere Flaminio a Roma, la rivoluzione si fa ogni pochi mesi. «Noi non siamo abituati a pensarci come degli intellettuali - sostiene l'editore -, siamo degli scout, delle vedette. Ci consideriamo degli esploratori e con questa nostra attività cerchiamo di stare un passo davanti agli altri». Questa ideologia editoriale movimentista sembra ben rispecchiata da un altro titolo dei libri formato pocket ed estremamente colorati, «Nomadologia. Pensieri per il mondo che verrà» di Gilles Deleuze e Felix Guattari. Fare un po' di nomadismo, percorrere territori e culture diverse, è proprio il nuovo programma del «nuovo» Castelvecchi che vuole scendere dal satellite dei cibernau ti. «Adesso di telematica se ne occu pano tutti - afferma -, persino uno come Furio Colombo che non se n'era mai interessato e ha pubblicato un libro sull'argomento. Così pure Luciano De Crescenzo. Su questa strada, che abbiamo aperto noi e siamo stati per questo considerati come dei pazzoidi ipertecnologici, adesso stanno venendoci dietro molti altri editori, come Einaudi, Baldini & Castoldi, Mondadori. Stanno tutti puntando a un pubblico giovanile di 18-30 anni». I suoi utenti giovani se li è andati a scegliere uno a uno il cyber editore in camicia firmata dall'aria trasandata, che ha un passato di studioso con i controfiocchi: ha lavorato come linguista presso l'università di Roma. Lui e i suoi collaboratori hanno battuto la «piazza» redditizia dei centri sociali, si sono fatti la massima pubblicità tramite Internet («Dove opera il trans Helena Velena»), si imbarcano in notturne spedizioni per la diffusione ai rave parties (anche questo argomento Castelvecchi l'ha messo in catalo go: «Rave off», dedicato ai dance parties autogestiti, esce a giorni) «Siamo una casa editrice anarcoide - dice l'editore - e facciamo libri per una sinistra non istituzionale: insomma siamo agli antipodi di una casa editrice istituzionale come Donzelli o come gli Editori Riuniti» Eminenze grigie dell'editore Castelvecchi sono Franco Berardi, detto Bifo nei suoi anni d'oro (e di piombo) quando era un leader del l'autonomia bolognese, e lo studio so e poeta Giorgio Manacorda; di recente, è arrivato a offrire la sua consulenza anche Nanni Balestrini, Su suo suggerimento sta per uscire dell'esordiente Aldo Nove, dalla vita infelice (ha abitato a Viggiù - di¬ cono le scarne note biografiche - fino al 1988 quando l'esplosione di una bombola del gas gli ha raso la casa al suolo»), una raccolta di racconti, «Woobinda», il cui inizio è tutto un programma: «Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetai». Seguirà, di Toni Negri, altro ex leader dal passato burrascoso e dalla retorica facile, «L'inverno è finito. Scritti sulla trasformazione negata 1989-1995». l è dl gLa perla del nuovo catalogo è del saggista Hakim Bey: «A ruota libera. Miseria del lettore di T.A.Z.: autocritica dell'ideologia underground» (T.A.Z., Zone Temporaneamente Autonome, cioè gli spazi dove organizzare gli eventi ludici, ndr), che è una messa in guardia dalla cultura underground e dalla strumentalizzazione che ne fa la società dello spettacolo. «Tra i nostri obiettivi prioritari c'è quello di lottare contro la disinformazione dice ancora Castelvecchi - di passare dall'underground all'overground. La nostra idea è di essere osservatori del presente disincantati». E sostiene che questa leggerezza d'impostazione gli ha portato fortuna. La casa editrice, nata con un capitale di trenta scarni milioni, che vende circa mille copie dei suoi libricini variopinti, ha chiuso l'anno in attivo e prevede una espansione. Ma i piccoli editori intanto colano a picco. Cosa ne pensa della chiusura di Anabasi e del ridimensionamento di Theoria? «Theoria aveva un programma letterario molto serio. Ma il segreto per sopravvivere, a mio parere, è cercare di non far debiti e cambiare rapidamente. Se un libro non tira è meglio fare subito marcia indietro e magari anche chiudere una collana che non funziona». Il segreto per resistere? «Noi esisteremo finché rimarrà fresca la nostra capacità di osservazione». Il suo modello di editore? Mondadori, Garzanti, Einaudi? «Macché. Non mi interessano. Massimo Canalini di Transeuropa. Lui sì che è un fuoriclasse. Ha scoperto Brizzi, Culicchia e Ballestra». Mirella Serri

Luoghi citati: Roma, Viggiù