Una Nazione di teledipendenti «come dire» l'epidemia continua di Oreste Del Buono

Una Nazione di teledipendenti; «come dire», l'epidemia continua AL GIORNALE Una Nazione di teledipendenti; «come dire», l'epidemia continua Ridateci Zavoli, Volcic e Augias Siamo una Nazione di tele-dipendenti come lo erano gli Stati Uniti anni or sono: applausi teleguidati da studio, concorrenti che iniziano al mattino a cercare di prendere la linea per partecipare ai vari telequiz, minorenni sculettanti nel palinsensto pomeridiano, porno-film la notte e scorpacciate di varietà nel palinsesto serale. E io pago, e io pago, che cosa? Si domanderà qualcuno: ma il canone. Gli rispondo io. A mio avviso la televisione non è soltanto un elettrodomestico ma è strumento di cultura ed informazione,, ben vengano quindi i programmi di Piero Angela, Sergio Zavoli, Corrado Augias, Biagi e del mitico Volcic che la Rai ci ha tolto. Che dire? Da quando egli con la sua ineffabile professionalità non m'informa più, io povero tele-abbonato Rai, io vi dicevo, non ho più capito: dove sta andando l'ex Unione Sovietica, oggi Comunità di Stati Indipendenti. Da quell'umile tele-abbonato quale io sono da sempre ho sognato un telegiornale: «alla rovescia» e cioè su tutto ciò che la maggior parte del popolo italiano quotidianamente compie di buono. Povera stampa estera! Cosa potrebbe scrivere ancora contro di noi se una telecamera della nostra Rai avesse seguito quell'ambulanza che entrava al pronto soccorso di Cittadella (Padova) di domenica, dove stava svolgendosi un intervento d'emergenza in sala operatoria e il primario, sia pure in giorno di riposo, era passato a visitare alcuni pazienti. Arriva l'ambulanza, sirene spiegate, il primario, Giuseppe Giuliani, si trova dinanzi a un cuore maciullato: suturazione del muscolo e massaggio con le dita: altro che il serial Emergency Room di Spielberg! Il primario ha tra le mani un cuore a brandelli. La paziente viene salvata, accadde improvvisamente ai primi di febbraio, s°. ne parla ora! Come abbonato Rai, auspico una telecamera impegnata su tutto ciò che è costruttivo, educativo per il nostro Paese, una telecamera alla ricerca degli uomini di buona volontà e con un solo impegno politico, il Bene Comune. Fulvio La Cognata, Genova L'intercalare emigra all'estero Credevo che l'epidemia del «come dire» conversando con Danielle Mitterrand e Bernard Pivot. Occorre studiare al più presto le cause del dilagare di questo pernicioso intercalare, magari partendo dal caso di Lucia Annunziata che ormai è ridotta a dieci «come dire» ogni due parole. Segnalo anche il caso del pur bravo Michele Serra che giorni fa è caduto nell'uso scritto di questo noiosissimo tic. Lanfranco Guidi, Ferrara Quell'intervento inopportuno Ancora una volta sui giornali si sente parlare di religione e «sette». I due termini, il primo usato dalla Chiesa cattolica per definire se stessa, il secondo per indicare un numero di culti e religioni sempre più vasto. Un intervento, quello del Vaticano, decisamente inopportuno nella delicata situazione europea. Il presunto suicidio (presunto perché non ancora accertato) dei membri del Tempio del Sole ha dato l'opportunità alla Chiesa che, in barba all'ammonizione dello stesso Gesù, si sporge a guardare le varie pagliuzze negli «occhi» delle altre religioni affibbiando con troppa facilità (forse voluta?) il termine «setta» o «culto pericoloso». Non c'è nulla da stupirsi. Una religione che poche decine di anni fa ha appoggiato tacitamente la Germania nello sterminio degli ebrei e che ancora prima ha mosso le fila della politica internazionale non poteva fare di meno. Tra le ultime proposte c'è un segno di distinzione per chi appartiene ad una diversa religione: Scientology, Damanhur, Testimoni di Geova, Bambini di Dio, ecc. Anche questo comportamento ha origini molto radicate nella cultura cattolica. Difatti, durante l'Inquisizione (sotto il papa Innocenzo IV), gli eretici che avevano abiurato (quelli sopravvissuti) erano costretti a portare delle croci cucite sugli abiti. Abbiamo dunque a che fare con una religione (la sola al mondo) che tende a isolare e a «marchiare» chi non le appartiene, negando quella libertà di scelta che essa stessa professa Il movimento di unione e avvicinamento agli altri culti, tanto professato dal Papa, poteva far passare in secondo piano questi veri e propri cri¬ mini compiuti in passato ma non dimenticati né, tantomeno, rinnegati. Purtroppo però a quanto sembra l'apertura è, in fin dei conti, solo una semplice facciata. Una religione che avverte di stare attenti a questa o quella religione, pretendendo di mettersi in cattedra e di essere, a priori, superiore a qualsiasi culto, non fa che dimostrare la propria presunzione e la propria intolleranza. Gloria Perotto Settimo Torinese Il numero perfetto che incantava Dante La domanda del lettore palermitano per sapere perché il 3 è considerato un numero perfetto, con la puntuale risposta di Federico Peyretti {Specchio - La Stampa n. 7) fa tornare in mente il vero culto che Dante ebbe per il perfetto 3. Così, ispirandosi a regole geometriche e aritmetiche, cui Platone tolse il compito della misura sostituendola con la magia, l'altissimo poeta congegnò il suo immortale poema all'insegna, appunto, del numero 3: tre cantiche di 33 canti ciascuna, tre fiere che gli sbarrano il passo, il viaggio ultraterreno in tre regni, l'opera resa in terzine. Non per niente il dio Ermete (Mercurio), cui si conosceva il potere di svelare i segreti della magia, fosse onorato con l'appellativo di Trismegisto, ossia «tre volte grande». Angelo Giumento Palermo «I cani ammazzano più delle volpi» I cani sono servili e, per questo, sono molto amati da tutta quel la parte dell'umanità che ha bisogno di vedersi intorno degli esseri servili. In realtà essi sono solo delle bestiacce ingorde, sudicione, crudeli e vigliacche. Ho nutrito, per anni, una «lupa» alla quale il padrone non dava cibo sufficiente. Ebbene, per tutta riconoscenza, ha azzannato e ucciso il mio gattino che non le aveva fatto proprio nulla. Quest'anno è nevicato molto e i cagnacci hanno avuto buon gioco ad uccidere gli altri animali. Hanno fatto fuori 10 o 12 gatti, una volpicina, un tasso, una caprioletta. Questi, almeno, li ho trovati io. Ci si mettono in tre o quattro e sbranano il povero animale, che poi lasciano, morto, in una lunga scia di sangue, sulla neve. Non diamo la colpa alle volpi: sono proprio i cani; li ho visti e, più li conosco, e meno li amo. A Torino il «cane di stato» sbrana i gatti; a Qzegna un altro cane ammazza le galline. Sarebbe il caso di responsabilizzare un po' di più i padroni dei cani in modo che non lasciassero libere le loro bestie, sulla strada, a compiere crudeltà e misfatti. Michelina Odasso Roburent (Cn) «Tempi» e CL nessun legame Leggo a pagina 15 di La Stampa di ieri una breve notizia nella quale si fa riferimento al nome di Comunione e Liberazione a proposito del settimanale Tempi. Desidero precisare che è errato definire Tempi un settimanale «vicino a Comunione e Liberazione». CI, infatti, non c'entra nulla con una inziativa editoriale della quale unici re sponsabili sono coloro che l'hanno promossa e che la attuano secondo i loro scopi, senza aver mai interpellato o coin volto in alcun modo il nostro movimento. Alberto Savorana Milano Ufficio Stampa di Comunione e Liberazione I LA LETTERA DI O.d.B. Egr. sig. Del Buono, sono un sottufficiale dei Carabinieri in pensione. Da due anni a questa parte, non si parla altro che di elezioni anticipate, al voto, al voto e cosi via. Dopo tante diatribe, ci siamo arrivati. Si vota il 21 aprile. Ma sono sicuri i Sigg. Politici commedianti - che il «gregge», ossia gli italiani, continuerà ancora a seguirli' Personalmente, già da due votazioni ho detto basta ad esercitare il diritto del voto «cosiddetto dovere civico art. 48 della Costituzione». La musica è sempre la stessa, non cambia nulla... Domenico Roselli, Torino GENTILE signor Roselli, a giudicare dalla quantità di lettere con dichiarazioni di non voto che mi arrivano, il prossimo consulto elettorale dovrebbe sancire il trionfo del partito del no o peggio. E con rispettabili argomentazioni come le sue: «Non ho più fiducia nei Politici. Pensano solo a difendere i loro interessi e basta. Mentre loro litigano, o fanno finta di litigare, la disoccupazione aumenta e moltissimi problemi si accumulano. Siamo ritornati indietro di cinquantanni. Quasi tutti i Politici ripetono fino alla noia che il loro unico interesse è il bene della Nazione ma, per carità, non mi facciano ridere. Gii italiani, ormai, hanno aperto gli occhi, non sono più gli stessi, sono molto più istruiti e all'altezza di contare i peli a quei Politici che vanno a sonnecchiare a Montecitorio (TV galeotta che riprende con le telecamere gli onorevoli mentre dor-Le eleil vl'asten zioni oto sione mono) i quali, fuori dall'attività politica, esercitando un qualsiasi lavoro, non si guadagnerebbero neanche il costo dell'acqua che bevono dal rubinetto: si fa per dire, loro bevono quella minerale. Il voto è fiducia e la fiducia non vuole neanche l'ombra del dubbio. In chi credere? In un politico che prima era un fervente comunista indottrinato contro il capitalismo e ora, guarda caso, a spada tratta difende un affarista che, prima di essere titolare di azienda sognava dollari mentre adesso sogna il bene del Paese, magari evadendo le tasse o corrompendo? Oppure certi altri Politici che hanno assunto il ruolo di "attendente" di un leader, mentre prima propagandavano agli italiani che la fiamma "votiva" tricolore rappresentava l'ordine, la difesa dei valori, ecc. ecc.? Che schifo! Quercia, ulivo, cespugli, verdi, polo della libertà e buon governo, sole che ride, rinnovamento italiano, partito socialista rinnovato (ex Craxi) chi più ne ha più ne metta, che buffonate. Gli italiani sono stanchi. Prima o poi, ne sono convinto, il popolo considerato inoffensivo scenderà in piazza per porre fine ai privilegi della classe politica...». Gentile signor Roselli, qui finisce lo spazio consentito. Ma mi pare che lei si sia già spiegato abbastanza. Oreste del Buono Le elezioni il voto l'astensione