Segni: non mi candido di Raffaello Masci

Bianco: uno in meno nella battaglia per il presidenzialismo Fede ha deciso: meglio il Tg4 L'annuncio a sorpresa un'ora dopo il vertice con Dini: «Confermo il mio appoggio, ma resto fuori» Segni: non mi candido «Tutto bene», poi la rinuncia ROMA. «L'incontro con Dini e Bosetti sulle candidature è andato molto bene», dichiara Mario Segni alle 17,28. Passa un'ora - misteriosa, travagliata - e l'atmosfera cambia: alle 18,29 Segni detta un freddo comunicato alle agenzie: «Ho deciso di non ricandidarmi. Dopo molti anni di attività parlamentare, ho maturato la decisione di non ripresentarmi alle prossime elezioni politiche. Confermo il mio appoggio alla lista di Rinnovamento italiano, poiché credo profondamente nel progetto di un centro riformista, e confermo in ogni momento il mio impegno perché siano completate le riforme iniziate con i referendum». L'annuncio è una bomba. Ed è un duro colpo per la lista Dini, che perde uno dei suoi candidati prestigiosi. D'altra parte, Segni non è nuovo a decisioni improvvise come questa: lasciò cosi la de, e più o meno negli stessi termini ruppe con la sinistra. Segni, fin da prima della nascita dell'accordo tra il presidente del Consiglio e l'Ulivo, si era battuto per un centro autenticamente indipendente dai due poli. Forse è proprio l'impossibilità di questa prospettiva, alla fine, che lo ha convinto a restare fuori. «Mi dispiace per Segni - ha commentato Bianco - ma comunque sarà uno in meno nella battaglia per il presidenzialismo». «E' una scelta unicamente personale», dice il portavoce della lista Dini, Fulvio Damiani. Il resto sarà chiarito oggi in una conferenza stampa. Qualcuno ipotizza che dietro la drastica decisione ci sia stato l'ennesimo tira e molla sui collegi. Ma certo lui non aveva problemi: oltre ad un collegio uninominale di Sassari aveva ottenuto di capeggiare il proporzionale in Campania e Sicilia. Ma tant'è. E se Segni non dovesse tornare sulla sua decisione - bisogna dire non senza un'ombra di cinismo - si libererebbe subito un buon collegio da affidare ad Ayala o a Bordon e quindi per Dini si aprirebbe la possibilità di ricucire un altro strappo recente nella sua alleanza. In effetti, ieri i due parlamentari hanno presentato un proprio simbolo, l'Uds (unione democratica e socialista) con cui - hanno specificato - si presenteranno in alcuni collegi e in tutte le circoscrizioni per il proporzionale. Maccanico - che di quel raggruppamento è il capo riconosciuto - sta ancora cercando di trovare una pezza per lo strappo, ma non tutto sembra recuperabile. Ayala, peraltro, ha avuto parole molto severe su come agisce il centrosinistra: «Alcune cose che ho visto fare sulle candidature non si fanno più neppure al Cremlino... a questo punto faccio tifo per la candidatura di De Mita perché, rispetto a quello che ho visto, la sua è quella di un gigante». Berlusconi incontrando Ayala in Transatlantico gli ha detto: «Ti trovo più bello da quando so che farai campagna elettorale contro la sinistra», ma non deve averlo incantato perché l'ex magistrato palermitano gli ha confermato che, anche se non correrà con l'Ulivo, non passerà comunque dalla sua parte. GLI EX. Ha annunciato il suo ritiro il vicepresidente vicario del Senato, Romano Misserville, e ha smentito una sua candidatura anche il segretario generale della Camera Mauro Zampini, così come ha definitivamente detto di no Emilio Fede. Rinuncia anche Enrico Gasbarra, presidente del consiglio comunale di Roma. QUELLI DI DINI. Rinnovamento italiano ha definito ieri le sue candidature. Il presidente del Consiglio sarà capolista in Lombardia 1, Lazio 1 e Sicilia 1. Boselli in Piemonte 1 e Campania 2. Poi ci saranno Treu, Fantozzi, La Volpe, Del Turco. Doveva esserci anche Segni... RITORNI. Giuseppe Giulietti, ex sindacalista Rai, inserito fino a ieri nel novero degli autoesclusi, ci ha ripensato: correrà per l'Ulivo in Umbria nei collegio già di Veltroni. A Filippo Mancuso vengono assegnati tre sedi proporzionali (oltre all'uninominale a Roma). Al ministro Frattini, che non si è dimesso, viene data una solida sistemazione in Friuli per Fi. SERRA MINISTRO. Se vincerà la destra esiste già un candidato ministro dell'Interno: è il prefetto di Palermo Achille Serra che non ha fatto mistero di questa sua ambizione. Raffaello Masci Bianco: uno in meno nella battaglia per il presidenzialismo Fede ha deciso: meglio il Tg4 Mariotto Segni Il leader pattista abbandona il campo L'ex portavoce di Craxi Ugo Intini