Berlusconi a Dotti: smentisci la Ariosto

«lo, Silvio e l'avvocato Previti» Giornata di grande tensione, poi il deputato replica al Cavaliere: sulla mia candidatura decidi tu Berlusconi a Datti: smentisci la Ariosto «Ci sono pm deviati, come i poliziotti della Uno bianca» ROMA. Silvio Berlusconi chiede a Vittorio Dotti di smentire pubblicamente la sua compagna Stefania Ariosto: quasi a far capire che la ricandidatura del capogruppo azzurro dipende da questo atto d'obbedienza e di fedeltà a Forza Italia e al suo presidente. Gli elementi della tragedia ci sono tutti - la ragion di Stato (in questo caso di partito) contro le ragioni del cuore - se non fosse che il dramma si rivela cammin facendo una «pochade». E non solo per l'atmosfera rosa che circonda tutta la vicenda. Il Cavaliere, infatti, sollecita la grande sconfessione, ma ottiene in cambio una letterina «giuridica» in cui l'avvocato Dotti spiega che non può «né smentire né confermare» l'Ariosto perché non sa quello che ha detto ai magistrati. Il braccio di ferro tra il «potente» e il «suo vassallo» non ha quindi nessun esito tragico: niente dimissioni, niente «divorzi». Anzi, finisce con il cedimento del primo: Dotti otterrà lo stesso collegio «sicuro» che aveva nelle politiche del 94, quello di Milano 4... Salvo ripensamenti notturni, perché al Cavaliere questo «happy end» un po' comico in cui lui ha fatto la parte dell'arrendevole non è piaciuto: pare che in serata fosse piuttosto furibondo. Nella Russia comunista si chiedeva ai familiari dei rinnegati di ripudiare i propri parenti, pena la morte o il «gulag». Ma nell'Italia della seconda Repubblica si può arrivare al punto di formulare un'analoga richiesta, però poi non ci si spinge oltre. Il Cavaliere, in fondo, è un «buono». Non l'ha data vinta pure a Casini e Mastella? Perché non fare altrettanto con il suo capogruppo? Dunque, il «caso Dotti-Ariosto» allieta o angustia - a seconda dei casi - anche la giornata di ieri. Eppure Berlusconi ci mette del suo, per oscurarlo, con un altro dei suoi attacchi ai giudici che ancora una volta stanno puntando dritti sulla Fininvest. Il Cavaliere paragona certi magistrati ai poliziotti coinvolti nella vicenda della Uno Bianca: «In tutti i settori - dice -possono esserci corpi deviati». Sì, a suo avviso, ci sono «nuclei» di p.m. che mirano ad «eliminare l'avversario politico attraverso l'u- so tempestivo della giustizia, quando ci sono fatti elettorali». Berlusconi sembra temere pure nuove sorprese giudiziarie dalla Sicilia: «Mi dicono - afferma che ci sarebbero altre cose che verrebbero da procure particolari». Ma la sfuriata berlusconiana non fa passare in secondo piano il brogliaccio «giallo-rosa». Come potrebbe? Tra l'altro gli avvocati di Berlusconi si beccano da mane a sera. Tant'è che il capo azzurro conferma pubblicamente il giudizio che diede tempo addietro: «Mi sono pentito di averli candidati». Dunque, Previti chiede la testa di Dotti al leader di Forza Italia. Il quale e con lui tutti i suoi - spera invano che a togliergli le castagne dal fuoco ci pensi 1'«amico Vittorio», rinunciando a candidarsi. Nell'entourage berlusconiano sono tutti convinti che Dotti farà questo passo. Ma quello non ci pensa lontanamente. Allora il Cavaliere, al telefono, ieri mattina gli ripete: «Devi dire pubblicamente che quelle dell'Ariosto sono calunnie e bugie: tu lo sai». L'altro resiste, dice che Previti «vuole ucciderlo politicamente». Berlusconi intanto ribadisce gli stessi concetti ai giornalisti: «Credo - spiega che Dotti sia attualmente, anzi sono sicuro che lo sia ancora, avvocato della Fininvest e quindi lui sa come sono andate le cose. Perciò mi aspetto che lui, che è anche un possibile candidato, dica che quelle della cosiddetta superteste sono fantasie». Non è tenero con il capogruppo di Forza Italia, il Cavaliere. E tanto meno lo è con la sua compagna, «una testimone di cui tutti conoscono la consistenza». E chiaramente Berlusconi si riferisce a lei («Boccuccia di rosa, come Lady Golpe», la chiama il forzitalista Beppe Pisanu), quando in tv con Funari parla di «mitomani». Anche la Fininvest, che in un comunicato parla di «calunnie di improbabili personaggi» va giù pesante. Ma Dotti è irremovibile. Berlusconi la prende male. Per lui a questo punto, dice, «è un problema di fiducia» con il suo capogruppo. Il quale, spalleggiato da avversari e amici (Raffaele Della Valle) resiste. Dicono che stia riflettendo sul suo rapporto con la Ariosto, ma per una questione di onore e di stile adesso mantiene il punto. E invia a Berlusconi una lettera in cui il massimo che concede è l'affermare che in tutte le vicende Fininvest da lui conosciute non ha avuto «sentore di comportamenti illegali». Alla fine Dotti la spunta. Ci rimane male Previti, che è arrabbiatissimo. E così i due avvocati continuano la loro guerra personale, incuranti delle elezioni, dei venti giudiziari che spirano sulla Fininvest, incuranti del fatto che non recitano un dramma ma tutt'al più una «pochade». Maria Teresa Meli o a n o . n ; a l . , e o Foto grande Vittorio Dotti qui accanto Silvio Berlusconi

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