Nasce In lobby del fisco leggero di S. 1.
Nasce In lobby del fisco leggero Nasce In lobby del fisco leggero Commercio e artigianato: aliquota del35% Sergio Bilie presidente Confcommercio guida la «lobby» degli autonomi nella battaglia per cambiare il fìsco ROMA. La contesa elettorale sul fisco porta i suoi primi frutti: le lobbies di commercianti, artigiani e agricoltori si uniscono, e passano dalla difesa all'attacco. Finora avevano impegnato battaglia contro alcuni tentativi di aggravare la pressione tributaria, come la Visentini, la minimum tax, la riduzione degli sgravi all'agricoltura. Ora pretendono senz'altro di pagare di meno: nella piattaforma comune di Confcommercio, Confartigianato, Confagricoltura, Coldiretti, Cna e Casa, si chiede «un'aliquota fiscale sul reddito di impresa non oltre il 35%». Ma la novità forse più grossa è la polemica contro la grande industria e la grande finanza. La nuova «intesa» nasce in contrapposizione alla Confindustria, non per unire tutti gli imprenditori come quella, che ebbe vita breve, degli Anni 50. E' la rivolta della bottega contro il supermercato? Non abbastanza, insinua aspramente la Confesercenti che dall'accordo è stata esclusa, perché la grande distribuzione commerciale sta dentro la Confcommercio. E la Confederazione italiana agricoltori si dissocia da Coldiretti e Confagricoltura: «Non conosciamo le ragioni vere di questa scelta - dice un comunicato della Cia - ma certamente non sono valide per l'agricoltura». E', allora, la rivolta di quelli che nella sempre più aspra concorrenza del mercato rischiano di restare sconfitti? La questione è un'altra, secondo il presidente della Confcommercio Sergio Bilie: «La grande finanza e la grande industria non ubbidiscono alle leggi del mercato, sono loro che le fanno. Vogliono per sé tutta la torta». Il discorso di fondo è: le nostre categorie sì che meritano un fisco più benigno, perché creano occupazione, mentre la grande industria la distrugge. «Noi rappresentiamo veramente l'Italia» aggiunge Mi- colini, presidente della Coldiretti. «Diamo occupazione ai due terzi dei lavoratori» dice Ivano Spalanzani, presidente della Confartigianato. Cinque milioni di imprenditori, questo è il «ceto medio» che le sei organizzazioni vantano di esprimere: molti più voti della Confindustria, in altre parole. Nella contesa elettorale, il nuovo «polo» si mantiene per ora in equilibrio tra i due schieramenti, cercando di ottenere il massimo da entrambi: «Chiediamo alle forze politiche di scegliere tra la collusione, palese od occulta, con i pochi grandi gruppi e l'alleanza con il popolo operoso delle imprese». Gli scambi di accuse sul fisco tra Polo e Ulivo paiono, ai commercianti - artigiani - agricoltori, «una battaglia disordinata e incomprensibile». E imprecisa, per giunta: qualcuno nota che secondo i giornali il numero due dell'Ulivo, Walter Veltroni, ha promesso di ridurre l'aliquota massima dell'Irpef dal 60% al 40%, quando la vera aliquota massima è, in effetti, del 51%. Ma quando il presidente della Cna, Filippo Minotti, rifiuta le «promesse straordinarie impossibili da mantenere dopo le elezioni» pare invece avere in mente il Polo. «Non abbiamo nessuna voglia di schierarci con questo o con quello - sintetizza Bilie della Confcommercio - perché vogliamo essere un soggetto politico autonomo. Presenteremo le nostre richieste a tutte le forze politiche. Vogliamo essere la quarta gamba del tavolo, basta con il triangolo govemoConfindustria-sindacati». La richiesta numero uno è quella di dimezzare o quasi la pressione fiscale, dall'attuale «60-70%» secondo i calcoli di Spalanzani, al «35%, come i lavoratori dipendenti». Ma per l'appunto gli autonomi non dichiarano redditi inferiori a quelli dei dipendenti, un gioielliere meno di un operaio? «E' appunto l'alta imposizione a provocare l'evasione» è la risposta. [s. 1.]
Persone citate: Filippo Minotti, Ivano Spalanzani, Sergio Bilie, Spalanzani, Visentini, Walter Veltroni
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