Droga macigno sulle coscienze gli scolaretti applaudono il ministro di Oreste Del Buono

Padri e figli lettere AL GIORNALE Droga, macigno sulle coscienze; gli scolaretti applaudono il ministro Come evitare la morte per overdose Mi accade spesso di leggere notizie riguardanti persone morte per «overdose», con la precisazione che si tratta di persone appena uscite di prigione. E subito la mente mi corre a una lezione sulle droghe che ho avuto occasione di seguire qualche anno fa presso la sede torinese della Croce Rossa Italiana. Ciò che allora mi colpì fu l'affermazione che se un tossicodipendente non si droga per un certo periodo di tempo - e veniva fatto l'esempio dei detenuti quando ricomincia e assume lo stesso quantitativo eh droga che era solito prendere prima della forzata astinenza, questa può diventare per lui un'overdose letale. Mi chiedo se queste vitali informazioni vengano date ai detenuti. In caso contrario, queste morti, che avrebbero potuto essere evitate, dovrebbero pesare come macigni su parecchie coscienze. Grazia Valente, Torino Scuola, problema nazionale Il ministro Lombardi ebbe a dire lo scorso novembre che voleva istituire un «tavolo permanente di verifica sui problemi della scuola» con gli studenti. Singolare maniera di ritenere che la scuola sia problema degli studenti e non della nazione tutta! Oggi centinaia di docenti universitari (che di scuola e di cultura dovrebbero capirne più degli alunni, o no?) denunziano il collasso della scuola italiana anche per opera dell'attuale ministro (vedasi la soppressione degli esami di riparazione), e il ministro Lombardi in questa occasione non cerca il dialogo, non apre tavoli di verifica, si limita ad accusarli di essere contrari al cambiamento. Come mai? Gli esperti sarebbero dunque gli studenti? O \ non sarà che il dibattito con gli accademici sarebbe per il nostro ministro un po' meno abbordabile? Insiste poi, il nostro ministro, a dire di avere introdotto cambiamenti nella scuola e che vi è chi non è contro il cambiamento. Intanto andrebbe chiarito chi sono quei «chi»; non saranno per caso alunni con poca voglia di studiare e familiari vogliosi di un diploma facile? Che questi plaudano all'attuale ministro mi sembra del tutto naturale, proprio come gli scolaretti plaudono a una malattia che permetta una bella vacanza. Ci vuol dire il nostro ministro in forza di quale sillogismo un cambiamento in quanto tale dovrebbe essere ritenuto positivo? Tra i cambiamenti (in quanto tali positivi) c'è per caso anche l'aver indetto corsi abilitanti mediante i quali lo Stato decide di mandare in cattedra persone senza nessun accertamento della loro preparazione? Ritiene poi sempre positivo che nella nostra scuola nessun miglioramento retributivo sia previsto per chi si dedica alla ricerca con collaborazione a riviste culturali e atti accademici di provata serietà e sia invece previsto un compenso per chi dà ore di lavoro per insegnare agli studenti niente di meno che la assai formativa «educazione stradale»? Mario Buonajuto, Caserta I misteriosi lavoratori «parasubordinati» Della «legge del 10%», cioè il contributo obbligatorio all'Inps sul 95% dei ricavi lordi dei lavoratori «parasubordinati» si parla quasi soltanto per dire che chi sarebbe tenuto non la vuol pagare. Ho la netta impressione che pochi sappiano chi sono i lavoratori «parasubordinati». Sono coloro che effettuano lavori occasionali o che, comunque, non sono inquadrabili in altre categorie e, come tali, non dispongono di un sistema previdenziale. Non sono «quattro gatti»: si dice che siano circa 1.200.000 e probabilmente la maggior parte di essi è costituita da collaboratori esterni dell'editoria e dell'informazione. Tra loro c'è chi traduce libri a 3000 lire a pagina dattiloscritta, spesso con quest'attività come unica fonte di reddito; professionisti poco fortunati che lavorano saltuariamente per enti pubblici, e così via: tutta gente che vive ben al di sotto della soglia di sopravvivenza. Ebbene questi lavoratori autonomi, che non fruiscono di alcuna forma di «protezione sociale» che non sia l'assistenza sanitaria, sono costretti comunque alla compilazione del «740» anche per un reddito irrisorio sul quale non pagano le tasse in modo equo. Nell'ipotesi di un ricavo complessivo di 10 milioni l'anno sono assoggettati a ritenuta alla fonte per 1.900.000 lire, pagano 660.000 lire di contributo al servizio sanitario più 647.000 lire di acconto per l'anno successivo; non hanno nessuna deduzione, se non una detrazione forfettaria del 5% ai fini del calcolo dell'Irpef, non recupera¬ no l'Iva (e, quindi, si calcola che spendano hi imposte indirette circa 620.000 lire, cioè circa 1' 11 % di quello che sono riusciti a spendere per sé dei 10 milioni); in molti Comuni vengono assoggettati all'Iciap, per un ammontare in genere sulle 200.000 lire, peraltro non detraibile dal reddito, quasi fosse una spesa voluttuaria. Quindi il lavoratore del mio esempio (che non è ipotetico, ma è un caso ben concreto), che dovrebbe vivere con 834.000 lire al mese, se ne vede chiedere 335.000 dal fisco, con un'incidenza del 40%. E' chiaro, quindi, che non sia propenso a sborsare altre 66.000 lire al mese che gli saranno restituite, sotto forma di pensione, chissà come e quando! Una tassazione del 40% si avvicina a quella media esistente in Italia e non è possibile applicarla a chi ha redditi così bassi. Naturalmente, in media dopo quattro-cinque anni il fisco restituirà l'eccedenza Irpef, ma non sappiamo se il contribuente sarà sopravvissuto fino ad allora... Nico Sgarlato, Alhenga (Sv) Umana specie catastrofe in Terra Rispondo a quanto riportato sulla vostra rubrica il 21 febbraio e avente il titolo: «Le vere catastrofi sono le guerre». A parte quelle dovute a fenomeni naturali, è mia modesta opinione che la vera catastrofe su questa Terra è dovuta esclusivamente all'umana specie e, pertanto, ne prevedo l'autodistruzione. Giovanni Cesaraccio Volvera La «campagna acquisti» dell'università Leggo su Tuttoscienze di mercoledì 28 febbraio l'articolo di Giacomo Rizzolatti: «Docenti come calciatori?». Non c'è dubbio: è un articolo ben scritto, con qualche vena umoristica e, in parte, condivisibile. Vorrei però porre alcune domande all'autore. Dato che (immagino) è lei stesso un docente universitario, posto che fino ad ora hi Italia «l'acquisto» dei docenti non è mai avvenuto così come fa la Juventus, cioè «guardandosi attorno, trovando il calciatore (docente) de-i siderato e acquistando così "l'ala destra" di cui ha bisogno», bensì con l'altro metodo, quello cioè che assegna «la patente nazionale», non è stato lei stesso selezionato per l'Università mediante «concorso pubblico per ala destra, posti n. 1?». E non è stato giudicato in base ai gol fatti (leggi: impact factor) e forse senza neanche sostenere prove di abilità nei tiri in porta, da vicino, da lontano, sui corner e sui rigori? E quando è stato selezionato, era già mi «vecchietto un po' bolso pur con un ottimo curriculum e un grande impact factor»? E se è stato selezionato così (come io credo), non ha un po' contribuito anche lei a far retrocedere l'Università in serie B? Oppure, guarda caso, proprio per lei si è verificato l'evento fortuito in cui la sua bravura (qual giovili Del Piero o, andando indietro di qualche anno, qual giovane Sivori) ha coinciso (come lei dice) con altri fattori? E solo per lei, quindi, il metodo «concorso pubblico per ala destra, posti n. 1», che le ha dato la patente, ha sortito lo stesso buon risultato che avrebbe dato l'altro metodo di selezione, quello cioè adottato dalle squadre di calcio? Un'ultima considerazione vorrei fare: la storia del calcio è ricca di esempi, anche clamorosi, di squadre che dopo essersi guardate attorno e aver fatto una scelta libera (e non tramite «concorso pubblico»), hanno acquistato calciatori che si sono poi dimostrati sul campo autentici «bidoni» o, quantomeno, largamente al di sotto delle attese: è successo, purtroppo, anche alla Juventus! Salvatore Doronzo Università di Bari LA LETTERA DI O.d.B. Egregio signor Del Buono, leggo su La Stampa la lettera del dottor Buscemi di Cuneo con la sua risposta. Risposta che mi ha davvero stupito per la sua così totale insensibilità, avendola conosciuta finora come giornalista attento alle problematiche umane. Mi rendo conto che non può prendere posizione aperta e polemica verso i giudici che dovrebbero essere professionisti dediti a pubblica utilità, aiutandoci nel difficile compito di genitori che purtroppo sono sempre (SEMPRE) solo saccenti e supponenti inquisitori verso la famiglia... Rossana Pani, Torino G ENTILE signora Pani (non sono affatto sicuro della mia lettura del suo cognome), pensi come vanno le cose a questo mondo. Lei mi rimprovera, e, invece, il dottor Buscemi mi ha ringraziato. Del resto, non è davvero la prima volta che mi occupo di questo patire esulcerato e affettuosissimo. Ho pubblicato a più riprese le sue proteste, e ho ricevuto anche un rimprovero scritto dal Presidente del Tribunale dei Minori di Torino. Lei dice ancora: «E' nota da tempo la durezza del Tribunale dei Minori di Torino. Non posso credere che lei, in quanto giornalista, non conosca questo e, in quanto essere umano, non so se padre, non si renda conto di quanto una persona abbia bisogno, famedi comprensione e di sostegno altrui, quando si trova a dover vivere una difficile situazione familiare, so- Padri auge min prattutto quando vi sono coinvolti i minori che non sono oggetti ma, a loro volta, sono esseri umani. Non, cioè, materia da trattare con le fredde carte bollate, perché è questo che fanno i giudici che considerano i nostri figli come numeri di files e i genitori solo - SOLO e SEMPRE - rei e colpevoli dei crimini più infamanti. Mi domando perché, una buona volta, questo non viene detto pubblicamente a chiare lettere. Le auguro solo, egregio signor Del Buono, di non trovarsi mai a doversi confrontare come genitore, se Io è, con un Tribunale Minorile...». e figli uri acce Gentile signora Pani (o come si chiama), se fossi non dico più giovane, ma meno vecchio, rabbrividirei al suo augurio che sta vagamente tra la minaccia e la maledizione. Ma sono ormai vecchio, e la paternità mi è andata bene. Mi dispiace di aver suscitato la sua ira per aver pubblicato la lettera del dottor Buscemi al quale, sin dalla prima volta che ci siamo scritti ho sempre dato, nei limiti della mia professione, la mia solidarietà. Credo che il dottor Buscemi potrebbe confermarglielo, altrimenti, essendo schietto e chiaro, me l'avrebbe rimproverato in una delle sue cordiali lettere o in una delle cordiali telefonate. Oreste del Buono Padri e figli auguri e minacce

Luoghi citati: Bari, Caserta, Cuneo, Italia, Torino