«li vidi massacrare un'altra coppia»

Il teste: «Non ho parlato finora per paura Agli Scopeti Pietro mi aveva minacciato» Firenze, svolta nell'inchiesta bis: ricostruito il delitto del 1984 a Vicchio «li vidi massacrare un'altra coppia» Dal superteste nuove accuse a Vanni e Pacciani FIRENZE. Eccoli. Nelle notti di luna nuova sciamavano in gruppo, alla ricerca di emozioni forti, decisi a scippare coriandoli di intimità, di tenerezza che non sarebbero mai appartenuti loro. Nascosti fra !e siepi, mimetizzati dalle tenebre. In attesa di tutto. Forse così s'imbatterono per la prima volta nel «mostro». Parola di Beta, il testimone inascoltato dalla corte d'assise d'appello di Firenze che ha mandato assolto Pietro Pacciani per gli omicidi attribuiti al maniaco della Beretta calibro 22. Beta si chiama Giancarlo Lotti, ha 55 anni e abita a San Casciano in via di Faltignano, non lontano da una casa usata per le messe nere. Difficile definirlo un gentiluomo: amico e protettore di Filippa Nicoletti, detta «Pippa», che conviveva con un mago di nome Indovino, oggi morto, quello che celebrava i riti satanici. E Beta avrebbe detto altro. Non soltanto di aver assistito all'ultimo scempio, quello dei francesi, settembre 1985, ma pure al sabba di Vicchio, dove nell'estate dell'anno precedente furono ammazzati Pia Routini e Claudio Stefanacci. E anche quella volta c'erano il Pietro e Vanni il postino, quello che ora è in carcere. La strada a ritroso imboccata dalle indagini è lunga e certo non rettilinea. Giancarlo «Beta» Lotti, ha cominciato a percorrerla soltanto perché tirato per i capelli, ma ora, a quanto sembra, sarebbe disponibile a percorrerla fino in fondo. L'altro giorno a Vicchio ha indicato un rudere, più o meno a 500 metri dalla piazzola maledetta, raggiungibile o attraverso i campi o per una strada lunga un chilometro e mezzo: quel rudere, tra i Cinquanta e i Sessanta, era usato dal Pietro che abitava a Badia a Bovino. Oltre al Vampa e a Vanni, secondo i ricordi di Lotti, quella sera di luglio, nella piazzola della Boschetta ci sarebbe stato anche un quarto personaggio. La caccia non è conclusa, il punto sarà fatto lunedì. «Si sta andando benino», ammette il procuratore Piero Luigi Vigna. Ora Lotti vive protetto dalla polizia. E' attendibile? Per gli investigatori ci sono davvero pochi dubbi. Certo, occorrerà la verifica dell'aula. D'accordo, per armi aveva taciuto, ma, ha spiegato, soltanto per paura del Pietro e del postino: perché quelli, quando lo avevano visto alla piazzola degli Scopeti, lo avevano minacciato e in modo serio. Anche se, in fondo, lui pure faceva parte della confraternita dei forasiepi e passava certe notti a frugare il buio per rubare un riflesso d'intimità. Eppure, al di là delle minacce, se non proprio di amicizia il rapporto fra i tre era buono. Lo ha spiegato lui stesso, Beta, agli uomini della Sam, la squadra anti-mostro, nel primo pomeriggio del 15 dicembre 1995, un venerdì nero per molti. «Con il Vanni avevo e ho tuttora un buon rapporto. Nel passato ci frequentavamo spesso, mentre, adesso, lo vedo di rado in paese, in quanto è malaticcio e non esce più da casa come negli anni precedenti». E non doveva essere una conoscenza superficiale, tanto che lui conosceva vizi e vizietti dell' «amico di merende»: «Nei rapporti sessuali era un tipo un po' particolare, tanto che privilegiava quelli anali e sovente faceva uso anche di falli di gomma, che portava in tasca, tanto che, ricordo bene che alcune volte, al bar, quando tirava fuori le cose dalla tasca, gli cadeva per terra qualche fallo». Ma queste inclinazioni non sembra abbiano messo in imbarazzo «Beta», anzi, forse ne stuzzicarono la curiosità. Fatto è che, ha aggiunto, «fu il Vanni a presentarmi il Pacciani a San Casciano, verso la fine degli Anni Settanta». Nei suoi racconti Lotti cerca di prendere qualche precauzione, di tenere a distanza il Pietro, uno che pare pericoloso a sé e soprattutto agli altri. «Più volte il Pacciani cercò di convincermi ad andare con lui a prostitute a Firenze». E come andò? «Rifiutai sempre l'invito». All'o¬ micidio dei francesi avrebbero assistito almeno in due, c'era anche Alfa, il compare. «Alfa» è Fernando Pucci, anch'egli respinto dai giudici che dovevano decidere sull'appello del Pietro. Non è tutto: una nebulosa gravita, o graviterebbe, attorno al gruppo. «Devo dire che il Vanni era solito andare a Calenzano, ove si trovava il suo amico veterinario e che si chiama omissis il quale adesso abita a omissis», dice Beta, così, senza parere. E così si continua a ritroso, perché a Calenzano, la notte di venerdì 23 ottobre 1981, il «mostro», quello con la Beretta 22 e i proiettili Winchester, assassinò Susanna Cambi e Stefano Baldi. Vincenzo Tessandori Il teste: «Non ho parlato finora per paura Agli Scopeti Pietro mi aveva minacciato» Gli inquirenti: stiamo procedendo a ritroso Nel mirino il sesto omicidio del «mostro» La scena del delitto di Pia Rontini e Claudio Stefanacci A destra, Pietro Pacciani e accanto il supertestimone che lo accusa: Giancarlo Lotti