A Torino con una valigia di no di Fabio Galvano

«Libro bianco» di Londra per la Conferenza intergovernativa su Maastricht «Libro bianco» di Londra per la Conferenza intergovernativa su Maastricht A Torino con una valigia di no L'Europarlamento non avrà più poteri Niente politica di sicurezza comune LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE No, no, no. Pare di risentire le idee se non i toni di Maggie Thatcher nell'esercizio politico - un «libro bianco» pubblicato ieri a Londra con cui il governo britannico si prepara alla Conferenza intergovernativa di Torino di fine mese, quando i Quindici dovranno riesaminare il trattato di Maastricht e colmare i vuo!: del percorso europeo. Lo stile di M a jor è diverso, ma l'esigenza di tenere a bada l'ala destra conservatrice - euroscettica se non eurofoba - è evidente: in definitiva il documento, che offre la ricetta inglese per quel comune futuro, chiude molte porte. Troppe, secondo i fautori dell'integrazione europea; troppo poche, secondo i difensori a oltranza di una sovranità nazionale che persino un'Inghilterra dubbiosa del suo futuro monarchico teme di vedere scalfita o menomata. Il messaggio è chiaro: a Torino il governo britannico farà resistenza. Londra «crede senza ambiguità nella sua appartenenza all'Unione europea», ha detto ieri il ministro degli Esteri Malcolm Rifkind presentando il documento ai Comuni; ma allo stesso modo è «totalmente contraria a un'Europa monolitica, centralizzata e federale». No quindi a un aumento dei poteri del Parlamento europeo. No ai tentativi oggi pressanti - per dare all'Unione un ruolo trainante e unificante nel fissare la politica di sicurezza europea attraverso una comune difesa («Tocca alla Nato - ha detto - il ruolo di pietra angolare della sicurezza occidentale»). No ai tentativi, vero incubo per gli aedi della sovranità nazionale, per estendere l'uso del voto a maggioranza riducendo il potere di veto dei Paesi membri: «Non riteniamo che le norme sulla maggioranza qualifi cata debbano essere modificate per superare più facilmente le apprensioni nazionali». Un freno all'unione politica, quindi, che altri Paesi sperano invece di veder rilanciare alla Conferenza di Torino. Major ha ribadito ieri che lo Stato-nazione resta «il fondamento» dell'Unione Europea. E ha aggiunto, a proposito del pro| getto di annacquare il diritto nazionale al veto: «Non c'è questione che tale salvaguardia nazionale venga indebolita alla Conferenza». L'Inghilterra chiede anche una riforma della Corte europea di Lussemburgo, colpevole nelle ultime settimane di avere emesso sentenze contro leggi o norme britanniche relative a problemi sociali. L'ultima bacchettata, ieri, è stata alla tesi britannica secondo cui sono illegittime le mosse di Bruxelles volte a limitare a 48 ore, anche in queste isole, la settimana lavorativa. Major ha definito «ridicola» quella sentenza comunitaria e ha ribadito l'intenzione britannica di confermare a Torino quella «conquista» di Maastricht che era stata la facoltà britannica di escludersi dal capitolo sociale. Il leader laburista Tony Blair, in attesa del dibattito parlamentare del 21, ha accusato Major di avere delineato una politica europea capace soltanto di blandire le opposizioni interne. Lo ha accusato di «non essere più capace di prendere decisioni nell'interesse del Paese». E ha criticato, per esempio, i tentennamenti del governo in tema di referendum per l'Unione monetaria, su cui Londra conquistò - come per la politica sociale - un diritto all'«opt out», l'astensione costruttiva. «Ma quella non è materia alla Conferenza di Torino», si è difeso Rifkind. Quel no, se ci sarà, verrà in seguito. Fabio Galvano il primo ministro inglese Major con la Thatcher Sotto l'eurodeputato Bontempi promotore della sessione di protesta a Torino

Persone citate: Maggie Thatcher, Malcolm Rifkind, Rifkind, Thatcher, Tony Blair