Da Colombo e la Boccassini una «bomba» in procura

Da Colombo e la Boccassini una «bomba» in procura Da Colombo e la Boccassini una «bomba» in procura toghe contro SROMA ONO uscito dalla stanza per andare al bar, e,chi ti incontro? Colombo e la Boccassini che uscivano dall'ufficio del capo. M'è preso un colpo», racconta uno dei gip romani, testa bassa e mani in lasca, mentre scende al terzo piano, alla riunione convocata dal presidente del tribunale. «Che botta, ragazzi!». E' difficile strappare ragionamenti e frasi che non siano esclamazioni tra i magistrati sottoposti a Renato Squillante, a poche ore dall'arresto del «capo». Tra quelli che gli erano più vicini come tra quelli che non gli sono mai stati amici. Perché è come se in questo palazzo di giustizia dai lavori perennemente in corso avessero improvvisamente abbattuto una colonna. Una di quelle portanti. E c'è il rischio che il palazzo crolli, per un arresto clamoroso che nei corridoi dei piani alti nessuno - coi tempi che corrono - avrebbe escluso in linea di principio, ma in fondo nessuno si aspettava. Non se l'aspettava di certo l'autista di Squillante, che ieri mattina s'è presentato come al solito a casa del giudice per accompagnarlo in ufficio e s'è trovato due agenti di polizia a sbarrargli il passo e rispedirlo da dove era venuto. E non se l'aspettava il procuratore di Roma Michele Coirò, visibilmente infastidito perché non era stato avvertito nemmeno qualche minuto prima di quello che stava per avvenire. Solo il procuratore generale aveva saputo qualcosa. Qualche ora più tardi ecco l'altra «bomba»: il pubblico ministero Francesco Misiani e il gip Raffaele De Luca Comandini sono indagati per il reato di favoreggiamento nei confronti del capo dei gip appena arrestato. Due magistrati, Misiani e De Luca, scanzonati e navigati, che si definirebbero «democratici» secondo i canoni degli Anni Settanta. Tante volte avversari di Squillante (basti pensare alle richieste sempre respinte di Misiani al gip per l'arresto di Craxi o i rinvìi a giudizio di Romiti e Biagio Agnes), ma amici pronti a parlarci in ogni momento e per ogni necessità. Colombo e la Boccassini, dopo aver diretto personalmente la perquisizione nell'ufficio di Squillante al sesto piano, se ne sono andati. Misiani è in udienza, Coirò lo fa chiamare d'urgenza nel suo studio. I due pm di Mani pulite l'hanno appena avvertito che indagano per favoreggiamento sugli altri due colleghi. «Che fanno - chiedono - si presentano spontaneamente oggi pomeriggio oppure li convochiamo formal- mente?». «Andiamo nel pomeriggio», decidono Misiani e De Luca, che si mettono subito alla ricerca degli avvocati. E ricominciano a parlare del leitmotiv che domina in questi corridoi da un mese e mezzo, da quando cioè, domenica 21 gennaio 1995, giorno di sant'Agnese e di Roma-Sampdoria allo Stadio Olimpico, in un bar vicino a piazza Mazzini fu trovata una micro¬ spia sotto il tavolino dov'erano seduti Squillante, l'avvocato Virga e qualche altro magistrato. Un'abitudine domenicale dalla quale i pm milanesi avevano deciso di carpire qualche brano di conversazione. Su quella microspia Coirò aveva chiesto informalmente notizie alla procura di Milano, che ne aveva negato la paternità. In tanti però continuarono a pensare che veniva proprio da lì l'ordine dato agli uomini della Criminalpol di spiare Renato Squillante. E giù illazioni e ipotesi a non finire sui reati che potevano essere contestati e su quale inchiesta potesse aver partorito quella «cimice». Con capannelli continui tra Squillante diventato improvvisamente apprensivo, sospettoso e inconsolabile, e altri colleghi. Misiani e De Luca, certo, ma anche tanti altri gip, oppure il procuratore aggiunto Vittorio De Cesare, che ha ancora sul suo tavolo un fascicolo aperto dopo il ritrovamento della microspia. Il capo della Criminalpol Gianni De Gennaro ha chiarito da tempo che si trattava di un'operazione legittima disposta da un'altra procura, ma l'inchiesta è sempre lì, aperta, ipotesi di reato: manipolazione di prova. Per le illazioni e le ipotesi sulla «cimice» - di cui si dicuteva al telefono, nei bar intomo al tribunale e lungo i corridoi - Misiani e De Luca sono finiti nel registro degli indagati. Perché altre «cimici» ascoltavano, al telefono, al bar, forse nei corridoi dove Squillante nelle ultime settimane si recava dal suo ufficio per chiamare dal telefono pubblico. Probabilmente controllato anche quello. Dalla stanza del presidente dei tribunale dove sono riuniti i gip, all'ora di pranzo esce un comunicato stampa del presidente Anedda che spiega come i gip, «malgrado il notevole turbamento che li ha colti», non prenderanno alcuna iniziativa, «individuale o collettiva», per evitare «strumentalizzazioni quanto mai deprecabili». E continueranno a lavorare «con massimo impegno e jerenità» per salvaguardare «l'elevato prestigio che la sezione gip ha saputo guadagnarsi negli anni». Dichiarazioni di principio e frasi un po' scontate, l'ufficialità non va oltre. Ma dietro ci sono le confidenze che lasciano intravedere una vera e propria guerra fra giudici. Dove forse c'è spazio anche per questioni vecchie e nuove rimaste in sospeso, che vanno al di là del procedimento nel quale è rimasto impigliato Squillante. Ecco allora chi ricorda gli scontri tra la procura di Milano e quella di Roma agli albori di Tangentopoli, quando lì c'erano arresti a man bassa e qui no; chi parla degli «scippi» storici l'atti da Roma a Milano, dallo scandalo sui fondi neri Iri all'inchiesta sulla P2; chi collega l'inchiesta su Misiani con la richie¬ sta del magistrato di andare proprio a Milano come procuratore aggiunto: la commissione incarichi direttivi del Csm non ha saputo scegliere tra lui e l'altro pretendente Curto (hanno tre voti a testa), il plenum deciderà domani. Nel pomeriggio, stupiti e un po' indignati, Misiani e De Luca ascoltano negli uffici della polizia le contestazioni dai loro colleghi milanesi, e ribattono che le loro erano supposizioni fatte con un amico, non certo notizie riservate riferite a Squillante per favorirlo; i loro avvocati chiedono l'immediata archiviazione dell'inchiesta. Quando tornano nei loro uffici è ormai sera; il palazzo è semivuoto, ma continua a tremare. Giovanni Bianconi Finiscono nei guai anche Misiani e il gip De Luca Le perquisizioni condotte di persona dai pm milanesi

Luoghi citati: Milano, Roma