Boltro e Rossi italiani a tutto jazz
45 Si è concluso a Ivrea l'Eurofestival con un delicato omaggio a Jobim Boltro e Rossi, italiani a tutto jazz Sbiadisce l'antica linea di confine con l'America IVREA. Preceduto da una serie di concerti in decentramento, tra i quali si segnala per la sua eccellenza quello di Slide Hampton (a Chivasso il 7), l'Eurofestival ha portato il suo jazz internazionale (da venerdì a domenica scorsi, nell'Auditorium La serra di Ivrea). Piccola manifestazione provinciale, fatta in economia ma non modesta, dal cartellone intenso, l'Eurofestival così come si propone ormai all'attenzione degli appassionati ci pare una rassegna che, ripresa tale e quale ma trasferita in un teatro metropolitano, potrebbe ottenere quell'attenzione che di norma viene riservata a quei festival miliardari sparsi un po' in tutta Europa. Tre americani in cartellone: Charlie Haden (il 7), Carla Bley O giorno dopo, e Bob Mintzer (Yellow Jacket) in chiusura. Ma la nostra impressione è che siano stati gl'italiani (Boltro e Battista con il loro quintetto, il 7, e Rossi, Atti e Pozza nella serata conclusiva) i veri punti di riferimento in una rassegna dove si è potuto constatare che ormai l'antica linea di confine tra Europa e Stati Uniti si va sempre più sbiadendo mentre si apre ora una nuova prospettiva che impone finalmente ima condizione di parità tra i nostri solisti e quelli d'Oltreoceano. Il linguaggio è comune... il jazz è di tutti... e tutti oggi in qualche modo appartengono alla categoria dei manieristi nel senso che l'attuale Carla Bley sta a Thelonious Monk esattamente come Boltro (o un Marsalis) stanno agli Hubbard, ai Davis, ai grandi maestri. Il jazz di oggi forse manca di originalità. E' un jazz dove tuttavia si va manifestando un gusto per la perfezione, per la mise en scène, inedito nella musica afroameriacana dei Parker e dei Gillespie, vulcani di invenzioni. Oggi non si inventa ma si lavora di Urna. Oggi ascoltiamo dei jazzisti che sono dei virtuosi, nel significato più classico. Prendiamo, non a caso, Flavio Boltro: a nostro avviso, questo giovanotto che ora vive a Parigi ma è cresciuto a Torino, non è certamente inferiore al celebrato Wynton Marsalis né sul piano strettamente strumentale né su quello della creatività. E così il trombonista Rossi, bolognese, rivela un professionismo, una scioltezza di fraseggio, una facilità stru- mentale che lo pongono tra i massimi esponenti nel suo strumento, quel trombone a coulisse ammirato a Ivrea anche dal sublime Slide Hampon, giudice autorevole. Delicato, sensibile, ai confini dell'impossibile, l'omaggio a Jobim (e a Joào Gilberto) del chitarrista e cantante Jean-Yves Mestre. Generosa, come sempre, l'apparizione di Gianni Basso. Applausi per tutti. Franco Mondini Flavio Boltro tra i più applauditi al Festival di Ivrea
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