Gli slanci romantici d'un giovane pianista

Fabrizio Rosso per il Lions Club al «Verdi» Fabrizio Rosso per il Lions Club al «Verdi» Gli slanci romantici d'un giovane pianista Va seguito con attenzione il giovane pianista Fabrizio Rosso che ha suonato l'altra sera al Conservatorio «G. Verdi», ospite del Lions Club nell'ambito delle iniziative a favore dei giovani artisti. La Sonata K 332 di Mozart è una delle più aperte alle fantasticherie del romanticismo: melodie galanti si alternano a sincopi, corse, balzi selvaggi che Fabrizio Rosso ha trattato con una presa ed un'agilità feline, riservando alle parti cantabili i dovuti respiri. Già dalla sonata di Mozart si è avuta l'impressione di un temperamento molto musicale, e se l'emozione ha indotto il pianista in qualche distrazione tecnica, questo non ha pregiudicato la godibilita delle sue esecuzioni. La meravigliosa Sonata in la minore op. postuma di Schubert ha preso forma, infatti, nel doppio volto della sua natura: da un lato la cupezza tragica, fatta di rintocchi e sinistri rollii, dall'altro l'incanto di melodie che sono l'immagine stessa della bellezza e della malinconia. Addentrandosi nel cuore del romanticismo, Fabrizio Rosso e sembrato esprimere il meglio di se stesso. Nei Tre Intermezzi op. 117 di Brahms ò venuto bene il senso di smottamento progressivo verso le regioni più cupe dell'anima: dopo la ninna-nanna in mi bemolle, la nostalgia dolorosa dell'intermezzo secon- Robert Schuma n do, e, per concludere, la ferma desolazione dell'ultimo con le sue domande, i percorsi tortuosi, le pause, come buchi neri che si aprono nell'oscura tonalità di do diesis minore. Il tutto espresso con virile fermezza: sensibilissimo, infatti, ma assolutamente austero ha da essere il senso di solitudine che risuona sotto le dita dell'interprete brahmsiano. E così è stato. Subito dopo, Fabrizio Rosso si è lanciato con entusiasmo nell'esecuzione delle Davidsbiindlertànze op. 6 di Schumann, una delle più bello suites pianistiche dell'Ottocento, stranamente poco frequentata dai concertisti. Peccato, perché in queste «danze dei compagni di Davide» passa tutto un mondo di sentimenti giovanili, da una vitalità travolgente alla tenerezza, in un profluvio di invenzioni che si rinnova in ogni battuta. Fabrizio Rosso le ha suonate con una bella elasticità, alternando forza e dolcezza, e lasciando che la temperatura di quell'eros fantastico e giovanile che anima la migliore produzione di Schumann si definisse per quelle che è: nulla di sfatto o di morboso, ma una passione sorridente e freschissima che si vive una volta sola e che il pianista ha reso, meritandosi applausi calorosi. Paolo Gallarati Robert Schumann