A ognuno la sua lista; Hemingway, Delon e l'orrore della vecchiaia

A ognuno la sua lista; Hemingway, Delon e l'orrore della vecchiaia LETTERE AL GIORNALE A ognuno la sua lista; Hemingway, Delon e l'orrore della vecchiaia Da Bini e Sgarbi aViallieGullit L1STAAA! Lista Dini, Palmella, Sgarbi, Segni... Come dire, nel calcio, squadra Vialli, équipe Maradona, team Gullit?... Come lanciare, in musica, un Teatro Pavarotti, un'Opera Domingo, un'Orchestra RicciarelliFreni?... Alberto Arbasino Elettroshock e suicidio Dunque Alain Delon vorrebbe uccidersi prima che lo affliggesse un'impotente vecchiaia, imitando, così dice, lo scrittore Hemingway. Non discuto moralmente il suo proposito, ma il riferimento a Hemingway mi sembra impreciso. La Stampa ha già informato almeno tre volte i suoi lettori sulla vera immediata causa di quel suicidio. Forse Delon ignora 1'«annichilimento» da elettroshock (anéantissement) a cui il suo modello è stato sottoposto Proprio su questa tecnica vorrei informare quanti ancora ne ignorano la violenza e l'orrore, e magari credono al mito dell'innocuità dell'elettroshock su tutte le costituzioni e su tutte le forme di disturbo, in qualsiasi dose. Le conseguenze organiche di quel trattamento sono indiscutibili, le possiamo arguire, prima di leggerle nei particolari sui libro del Balduzzi (Terapie di Shock, Milano 1962) e su quello del Breggin [Elettroshock. I guasti sul cervello, Milano 1984), dalla stessa definizione universalmente accettata: «psychotic organic reaction» (Kalinowsky). Pensate, l'elettroshock, proprio questa panacea, che genera uno stato psicotico, cioè un grave stato confusionale. Ma non basta; si aggiungono evidentissime altre conseguenze organiche, taciute alla gente. Espresse in termini comprensibili a tutti consistono in disturbi gravi della coordinazione motoria, impossibilità di eseguire movimenti idonei a uno scopo preciso, alterazioni dell'articolazione della paro- la, tremori, incontinenza sfinterica, reazioni vegetative imponenti (Balduzzi), effetti gravemente debilitanti (Breggin). E tutto questo scempio senza nessun serio risultato; inutile sui deliri veri e propri, sulle personalità psicopatiche (tossicomanie incluse), qualche «inopinabile successo» (Balduzzi) su alcolismo, non privo di danni sotto altri aspetti. L'elettroshock, se non è strettamente indicato, è un potente nevrastenizzante (immaginabili i danni compiuti sui nevrastenici, anche senza annichilimento. Ne dà prova il Breggin a pag. 95: due sole applicazioni su un medico francese venticinquenne, un mese di disturbi nevrastenici). Il povero Hemingway, diversamente da un futuro Delon troppo invecchiato, non voleva morire, ha cercato fino all'ultimo di salvarsi: purtroppo si è ingenuamente affidato a mistificatori e criminali. Fedele Florio, Barbania Gli idrocarburi e Venezia L'articolo di Paolo Barbaro, apparso su La Stampa del 17 febbraio, con il titolo «Trivellatori a Venezia», merita alcuni commenti, soprattutto per chiarire che i tanti problemi di cui soffre Venezia non sono certo da ascrivere alle perforazioni in Alto Adriatico. La subsidenza eventualmente prodotta dall'estrazione di idrocarburi è infatti un fenomeno raro, è prevedibile, controllabile e quindi gestibile, per evitare impatti non desiderati sull'ambiente. Occorre ricordare che i fenomeni più vistosi di subsidenza si hanno in presenza, non tanto di produzione di idrocarburi, ma di emungimenti di acqua dagli strati superficiali, come avvenne nel Polesine nell'immediato dopoguerra. Questo non è certo il caso dell'Alto Adriatico. E' per questo che nel mondo non si sono mai avute, per tale motivo, norme restrittive di carattere generale per la produzione di idrocarburi, che dall'altro canto dà vantaggi al Paese produttore, soprattutto se questo, come l'Italia, è povero di risorse naturali. Neppure in Olanda (dove il fenomeno di subsidenza è particolarmente spiccato), né nel Mare del Nord (Norvegia e Gran Bretagna) e nel Golfo del Messico, per citare le aree più note, in Paesi industrializzati e densamente popolati, dove si svolgono grandi ed estese ricerche di olio e gas. Comunque nei rari ca¬ si di subsidenza, questa è limitata alla zona del giacimento. Ed è controllabile in estensione, con interventi di iniezione. E' in corso ora un'indagine da parte della Commissione di Valutazione d'Impatto Ambientale, che dovrà esprimersi sulla compatibilità ambientale dei progetti cu coltivazione d'idrocarburi nella parte dell'Alto Adriatico compresa fra i paralleli passanti per la Foce del Tagliamento e il ramo di Gora sul Po. La Commissione si esprimerà su dati tecnici. Francesco Giudi, Roma direttore di Assomin Notizie Organo dell'Associazione Mineraria Italiana Risponde Paolo Barbaro: Venezia e tutti gli abitati lagunari si trovano pressoché «a filo d'acqua»; l'intera area di terraferma alle spalle è a livello appena emergente da quello del mare che tende ad alzarsi, mentre continua l'abbassamento del suolo. In queste condizioni già tremendamente preoccupanti, si prevede l'estrazione di idrocarburi a qualche chilometro da Venezia: col rischio di sprofondamenti, già verificatisi in condizioni simili, dei quali nessuno può con certezza valutare l'entità. Il rischio è gravissimo, il danno che si produrrebbe anche per un minimo abbassamento del suolo sarebbe enorme per Venezia e il Paese. Su Bene e Male molte teorie Mi permetto di non allinearmi con le opinioni dell'attento lettore Michele Salcito (29 febbraio '96), ma esistono, a mio avviso, altre teorie sul Bene e sul Male. Se l'esclusione dal «banchetto» (da me inteso come accumulo finalizzato ad avere sempre più degli altri) potrebbe essere vista come il Male, l'invito alle nozze consumistiche non corrisponde necessariamente al Bene. Molte volte la povertà di cose materiali è segno di ricchezza interiore. Non costringetemi a pensare come Jean-Paul Sartre: «L'enfer, c'est les autres» [Huis dosi. L'Avere non è una carrozza comoda per tutti. Rocco Sachenon, Torino Gli indios Guarani e i Gesuiti Su La Stampa del 24 febbraio 1996, in un articolo di prima pagina, a firma Lorenzo Soria, si legge, a proposito dei film prescelti dalla Chiesa: «C'è anche Mission, che racconta un'orrenda strage degli indios del Sud America da parte dei Gesuiti che volevano imporre la fede cattolica». All'interno dello stesso giornale, a pag. 14, nell'articolo che riprende tale argomento, si legge ancora che «la presenza di questo film ha creato non poca sorpresa [...], vista la dura condanna che in Mission viene espressa contro l'attività dei Gesuiti nel corso della prima colonizzazione del continente americano». La strage degli indios non fu opera dei Gesuiti che anzi difendevano i Guarani, costruendo per loro appunto le missioni (e non imponendo la fede cattolica), bensì dai governi di Spagna e Portogallo, che nelle missioni vedevano un pericolo, in quanto sottraevano loro «materia prima», cioè gli indios da schiavizzare. Il film di Roland Joffé non vuole affatto essere un capo d'accusa contro la Compagnia di Gesù che, al contrario, dal film risulta valorizzata per le sue azioni umanitarie in Sud America; semmai, l'accusa è rivolta agli Stati europei che ostacolavano, per propri interessi, l'impegno dei Gesuiti. Il Collegio dei docenti dell'Istituto Gonzaga, Palermo Non sparate sul Sudamerica Con l'approssimarsi delle elezioni torna in auge a giorni alterni un classico tra i luoghi comuni: l'utilizzo dell'aggettivo «sudamericano» per designare qualsiasi fenomeno politico nostrano che risulti volgare o pericoloso. Purtroppo non ci cascano soltanto i politicanti senza fantasia ma anche persone perbene e ottimi commentatori. Ciò ferisce chiunque conosca un po' o abbia percorso con curiosità e attenzione quel grande continente. E' in contrasto tra l'altro con una travagliata conquista della democrazia e dello sviluppo che finalmente, da qualche anno, sembra aver successo in parecchie nazioni latino-americane. Il mio è un sincero invito a farla finita con paragoni superficiali ed offensivi, anche per rispettare i non pochi latino-americani che leggono i nostri giornali e seguono le vicende italiane con intelligenza e amicizia. Bruno Manghi, Torino