E Bonn si riconcilia con Beethoven di Emanuele Novazio

E Bonn si riconcilia con Beethoven Riapre la casa natale: lo stato di abbandono era diventato un caso nazionale E Bonn si riconcilia con Beethoven Salvata dopo una campagna durata un anno e mezzo BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sui giornali nazionali, il volto impermalito di Beethoven ringrazia: «La mia casa natale è salva!», dice la scritta che lo sovrasta. Un anno e mezzo fa - su migliaia di volantini distribuiti dovunque, in Germania - accanto al ritratto c'era un interrogativo provocatorio, polemico: una domanda che era sosprattutto un atto d'accusa per l'incuria, per i ritardi, per un'inerzia silenziosa che rischiava di devastare un angolo prezioso di storia musicale, un patrimo¬ nio di memoria, un'occasione di culto. «Chi salva la mia casa natale?», chiedeva allora Beethoven a Bonn e alla Germania. Adesso che quel grido d'aiuto ha fatto il giro del mondo, la sua casa riapre: rinnovata, grazie ai fondi d'emergenza raccolti dagli «Amici di Beethoven» mentre stava per andare irrimediabilmente perduta; ma soprattutto salvata da un abbandono materiale che a molti è parso uno sgarbo, un gesto di insipiente molestia, una negligenza colpevole di Bonn nei confronti del suo figlio più illustre. Da oggi, dunque, la casa barocca al numero 20 della Bonngasse - dove Ludwig nacque il 16 dicembre del 1770, in un sottotetto affacciato a un giardino poco più grande di un pozzo - racconta di nuovo la vita di un bambino prodigio, di un ragazzo malinconico e spaventato dal mondo, di un giovane adulto che a ventidue anni lasciò definitivamente la residenza dell'Elettore e le sue pigrizie campagnole, provinciali, pettegole, per il richiamo imperiale di Vienna. Da oggi, nelle stanze fragili dai colori pastello che sembrano chiudersi l'una dentro l'altra - su tre piani che i soffitti schiacciati rendono più esili - è possibile camminare a ritroso nella vita di uno dei geni musicali più clamorosi e grandi. E' possibile sfiorare il mistero, domandarsi quando è cominciato il miracolo, in questa casa borghese che un mediocre tenore della Corte di Bonn, un Johann van Beethoven di origini fiamminghe, abitava insieme alla moglie Maria Magdalena, figlia di un capocuciniere del Principe Elettore di Treviri. Cominciando dalle tracce fisiche più definitive e più brutali: la maschera mortuaria che sul suo volto realizzò nel 1827 Joseph Danhauser, o il calco eseguito nel 1812 dallo scultore viennese Franz Klein. Ma affidandosi soprattutto ad indizi, alle orme lasciate negli anni di una maturazione personale e artistica ancora frammentaria: l'appunto del suo primo maestro di pianoforte Christian Gottlob Neefe, compositore e organista di corte, per esempio. Una profezia scritta quando Ludwig era soltanto dodicenne: «11 giovane genio merita ogni aiuto che gli permetta di viaggiare». O la «pubblicità» paterna per il suo primo concerto: un sotterfugio di Johann che gli attribuisce sei anni anziché sette, per aumentare entusiasmi e meraviglia. O ancora gli impegni di musicista alla Corte dell'Elettore, la prima uniforme: «Finanziera verde mare, calzoncini verdi al ginocchio con fibbie e calze in seta nera, scarpe ornate di un fiocco nero, giacca ricamata con le tasche ribattute. E capelli arricciati col codino, spadino al fianco sinistro, cinturone d'argento in vita». Fino agli auguri per il giovane in partenza, fino all'addio che gli amici gli scrissero il giorno del viaggio senza ritorno a Vienna. «Lei parte per soddi¬ sfare un desiderio che ha a lungo coltivato. Il genio della Musica ancora è in lutto, quel genio ancora piange la morte del suo pupillo Mozart. Nel fecondo Haydn quel genio ha trovato un rifugio, non una degna occupazione, ed è tempo che quel genio si incanii di nuovo in uno spirito superiore: sia lei a ricevere dalle mani di Haydn lo spirito di Mozart». La firma è del Conte Waldstein, che già gli aveva regalato un pianoforte: un'intuizione, una intelligente profezia, o forse un'ovvietà. Emanuele Novazio Ludwig van Beethoven

Luoghi citati: Bonn, Germania, Treviri, Vienna