Quel debito da pagare al sangue di un bimbo
Quel debito da pagare al sangue di un bimbo ANALISI Quel debito da pagare al sangue di un bimbo GIUSEPPE di anni 11 è stato ucciso da Cosa Nostra. Il corpo è stato addirittura sciolto nell'acido: ferocia nella ferocia, sfregio ulteriore ad un bambino la cui unica «colpa» era quella di essere figlio di un mafioso che, dopo l'arresto, aveva collaborato con la magistratura. All'orrore e alla pietà si aggiunge lo sconcerto per la scarsa attenzione che la notizia ha provocato; quasi fosse vittima non della mafia ma di una faida tra mafiosi, un morto di «serie b» verso il quale l'indignazione è breve e relativa. Un fatto in qualche modo simile era accaduto a Milano, nel 1993, con la strage che aveva ucciso 5 persone tra cui Driss Moussafir, un cittadino extracomunitario e, in quanto tale, considerato da certa stampa e da qualche amministratore pubblico una vittima scomoda, poco «presentabile», da fare apparire il meno possibile. Giuseppe, Driss e tanti altri di cui non si ricorda mai il nome sono invece vittime della medesima organizzazione criminale, degli stessi uomini e della stessa incultura violenta che ha massacrato Falcone e Borsellino, che ha ucciso i tanti poliziotti, i troppi magistrati, sacerdoti o giornalisti. Tutte le vittime vanno onorate e ricordate, quelle famose e quelle anonime, quelle uccise perché avevano scelto di contrastare le mafie e quelle che comunque le mafie hanno ucciso. Alle prime, certo, si aggiunge il riconoscimento e l'affetto per vite spese generosamente con un senso del dovere e dello Stato che sarebbe ingiusto non sottolineare. Soppesare diversamente I le vittime di una stessa ] strategia e mano criminale sarebbe uno sbaglio umano; ma sarebbe anche un grave errore di sottovalutazione dei tanti segnali di ripresa offensiva proprio di questa strategia. L'incredibile potenzialità dell'arsenale scoperto dalla Dia nella «villabunker» di San Giuseppe Jato ci ha dimostrato platealmente che Cosa nostra è viva e forte, nonostante gli arresti e i preziosi risultati ottenuti dagli investigatori. La potenza economica delle mafie è quasi intatta, la loro capacità di controllo del territorio rimane alta e diffusa. Lo dimostrano, da ultimo, le minacce agli amministratori locali in molti paesi del Mezzogiorno; e le intimidazioni sono certo destinate ad intensificarsi in questo periodo di campagna elettorale. Perché non dimentichiamoci che il controllo sul territorio, l'infiltrazione o il rapporto di scambio con pezzi delle istituzioni e del mondo politico sono un'esigenza vitale per le mafie. Anche qui, dunque, occorre non abbassare la guardia, vigilare affinché il numero non indifferente di voti che le organizzazioni mafiose sono in grado di «mettere sul mercato» non faccia loro acquisire nuovi appoggi, nuove alleanze, nuove garanzie di impunità, nuovi interlocutori a livello politico. I programmi e gli impegni dei singoli candidati devono essere, al riguardo, molto netti: con Cosa nostra non si tratta, con le mafie non esistono patti possibili. Tutti, istituzioni, mondo politico, società civile dobbiamo fare la nostra parte perché delle mafie ci si liberi. E' un debito di memoria che abbiamo con quanti sono morti, è un impegno di futuro diverso che dobbiamo ai nostri giovani. don Luigi Ciotti .«J
Persone citate: Borsellino, Driss, Driss Moussafir
Luoghi citati: Milano, San Giuseppe Jato
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