Moratti: ho già vinto la battaglia Rai

Il presidente: ce ne andiamo a maggio. Il calcio? Non mollo, siamo gli unici a dare garanzie al Paese Il presidente: ce ne andiamo a maggio. Il calcio? Non mollo, siamo gli unici a dare garanzie al Paese Moratti: ho già vinto la battaglia Rai «Sono arrivata per risanare i conti DONNA LETIZIA E IL FUTURO BELL'AZIENDA CERTO che siamo alla fine: questo Consiglio d'amministrazione se ne va. E abbiamo fissato le date: il 3 aprile presentiamo il bilancio e l'assemblea è fissata per il 9 maggio. Quando sarà insediato il nuovo Parlamento e prima che siano eletti i nuovi presidenti delle assemblee». Letizia Moratti è seduta nel suo studio di Milano. Scontri e polemiche sembrano giovare a questa donna sul cui conto gli italiani si sono divisi sportivamente: chi la adora e chi la vede come il fumo negli occhi. Indossa una elegante giacca color rosa thea aperta su un gilet con più bottoni di una tonaca da prete. Nessun gioiello, una collana di corallo e pantaloni rigati color caffelatte. Più caffè che latte. Allora, lei spera ancora che la Rai riottenga il calcio da Cecchi Gori? «Mi limito a sperare che prevalga l'interesse collettivo». Scalfaro però l'ha invitata a ridurre le impuntature. «Non è proprio così. Il Presidente della Repubblica come sempre manifesta una grande sensibilità per l'interesse generale». Ma lei non molla, vero? «Ci può giurare. Io ho l'obbligo di tutelare l'interesse collettivo e il denaro pubblico. E l'interesse collettivo si tutela con la qualità: ora vorrei sapere se la copertura del territorio nazionale è o non è una qualità indispensabile. Ed è una qualità della Rai, insieme alla titolarietà delle concessioni». Presidente, la accusano di triturare i suoi direttori generali. Minicucci è soltanto l'ultimo. Che fa, li rompe per vedere come sono fatti dentro? «Ma no, che diamine. Vede, i giornali attribuiscono a me, in maniera personalizzata, tutto ciò che invece appartiene all'intero Consiglio d'amministrazione». E allora vuole spiegare perché il Consiglio d'Amministrazione, unito e compatto, ha licenziato anche questo direttore? «Semplicemente perché si sommavano disagi e incomprensioni che non rendevano praticabile il lavoro. Sa, alla fine il bilancio lo devo firmare io. Quanto a Minicucci, nulla di personale: forse ha una mentalità adatta alle partecipazioni statali, mentre io ne ho una da menager privato passato al pubblico». Insomma, cosa le ha fatto? «A me personalmente nulla. E nulla purtroppo neanche all'azienda. Per esempio non aveva fatto nulla per controllare quando scadevano i diritti sportivi. Così, se non me ne fossi accorta io con un salvataggio in extremis, la Rai non sarebbe riuscita a recuperare la Formula Uno e il Moto mondiale». E il Giro d'Italia? «Ecco, stessa storia. Noi avevamo predisposto tutto fin dall'otto novembre, ma il direttore era assente proprio l'otto gennaio, giorno in cui scadeva l'opzione...». Dove era? «In ferie. Ci ha spiegato che le strutture non l'hanno avvertito. Io ho tentato di chiamarlo e gli chiedevo: quando pensa di tornare dalle vacanze di Natale? Risposta: non ho ancora deciso. E così io andavo avanti da sola. Sola anche davanti alla prima audizione della Commissione lavori pubblici...». Ma non vi parlavate lei e Minicucci? «Altro che. Io gli ho scritto circa ottanta lettere, senza risposta. Mi diceva che nella parte finale del mandato ci vuole prudenza. Eh no! rispondevo: la prudenza ci vuole sempre. Ma prudenza non vuol dire non fare nulla». Saprebbe spiegare perché lei è così detestata a sinistra? «Potrei risponderle che non lo so, ma la verità è che non mi sembra affatto. E comunque non è più vero. Forse c'è stata diffidenza, ma è acqua passata. Ho rapporti eccellenti con tutti. Quando sono andata a spiegare perché il servizio pubblico doveva entrare nella pay tv, anche Rifondazione mi ha applaudita perché ho potuto far vedere le buone ragioni di questa scelta». E con D'Alema, che non ha mai mostrato la minima simpatia per lei? «Io non sono a caccia di simpatie. Io faccio un lavoro e cerco di farlo bene. Quando i politici mi vogliono parlare, trovano tutte le porte aperte». Presidente, è innegabile che questa Rai non sia distinguibile da una tv commerciale. Avevate i magazzini vuoti, ha spiegato anche Baudo. Ma la qualità media dei programmi è spesso terrificante. Che razza di servizio pubblico è? «Abbiamo fatto un lavoro ordinato. Primo: abbiamo sistemato i conti. Secondo: abbiamo sistemato gli ascolti. Terzo: abbiamo aggredito con tutti i mezzi la questione della qualità e siamo pronti a render conto di tutto. A cominciare dalla qualità». Che vuol dire conti in ordine? «Questa azienda è stata stimata mille miliardi nel '93 e oggi è stimata ottomila miliardi, con certificato delle banche internazionali. Io e il consiglio accettammo la sfida, rifiutammo i 360 miliardi del Salvami della Cassa depositi e prestiti, pari al 36 per cento del valore. Oggi quel 36 per cento vale tremila miliardi. E poi, non dimentichiamo la cosa più importante». Sarebbe? «Dalla fine di quest'anno, la Rai non avrà più debiti. L'abbiamo trovata con 1600 miliardi di debiti, ora ne ha 400 e presto saranno zero. Non conta questo risultato? Non è forse della massima importanza per l'azionista? Oggi questa azienda si prepara a guadagnare nel 1996 un utile di 160 miliardi. E senza perdere ascolti, badi: anzi, con una crescita continua. Oggi la Rai è al 54 per cento dello share, contro il 39 della concorrenza». Infatti molti dicono che Berlusconi ce l'abbia con lei, che gli ha maltrattato la Fininvest dopo aver avuto da lui l'investitura di viale Mazzini. «Questa è un'altra bugia gigantesca. Io sono stata nominata insieme a questo Consiglio durante il governo Berlusconi, è vero, ma non sono stata indicata da lui. Tutt'altro. Del resto si tratta di storie note». Ma la Rai esiste in quanto erogatrice di un pubblico servizio. Se produce dadaumpa e calze a rete, che senso ha que¬ sto risanamento? «Il risanamento ha senso economico. La qualità del prodotto sta arrivando. Baudo, come è stato ampiamente spiegato, ha eroicamente riempito gli enormi buchi dei magazzini che abbiamo trovato vuoti. E noi non lasceremo i nostri successori nelle condizioni in cui ci siamo trovati noi». Ci mostri questa famosa qualità in arrivo. «Beh, intanto arriva la fiction italiana, maresciallo Rocca in testa, che promette di restituire agli utenti il piacere di trovarsi nel loro paese e non a s Angeles. E poi la grande stratv .Ielle pay tv...». Questa non la capisco: la pay tv è un tipico prodotto da tv commerciale. La Rai deve erogare pubblico servizio, non tv commerciali. «E' quello che sono andata a spiegare, da sola, alle commissioni parlamentari. Ho detto: formando un pool con altre aziende fra le quali la Rai è in minoranza, sarà possibi¬ le gestire parecchi :^ canali monotematici. Alcuni saranno a pagamento, come quello dello sport o di certo intrattenimento, e il ricavato verrà impiegato per finanziare altri canali da offrire gratis. E il mio progetto è anche quello di ridurre il canone...». Che intanto è aumentato di tremila lire... «Non per mia scelta. Comunque con quelle tremila lire noi finanziamo tre cose, a mille lire l'una. E cioè un canale per la formazione e il recupero di qualificazioni professionali, il Dab che è un sistema satellitare che permetterà di godere la radio con una perfezione da compact-disc e un canale destinato a trasmettere tutti i lavori parlamentari». Torniamo alla pessima qualità dei programmi del servizio pubbhco. «Senta, tutti ci domandiamo, in Italia, in Europa e nel mondo, che cosa sia una televisione di pubblico servizio. Bene, la questione è aperta, ma intanto la Comunità europea ha affidato al commissario Van Miert, lo stesso incaricato di vigilare sulla libera concorrenza, di vedere quali sono oggi i modelli di buon servizio pubblico». E che ha trovato? «Ha riferito che il palinsesto della Rai è quello che si avvicina di più al loro modello ideale di pubblico servizio. Meglio che la Bbc, la quale comunque è entrata nelle pay, come la televisione pubblica francese e come vuole la logica delle imprese. E adesso mi difendo dall'accusa che riguarda la qualità...». La pessima qualità... «Ecco. Oltre il maresciallo Rocca, che ha avuto un gradimento entusiasmante perché è un eroe positivo della società civile, la Rai sta sperimentando cose che non aveva mai fatto». Programmi sperimentali, che non si vedono più? «Sì, ma che facciano stare la Rai fra i grandi: e quindi coproduzioni di fiction con la Bbc, film di qualità con i sudafricani, reportage e inchieste sui minori, sulle uonne... Tenga conto che Format e Mixer stanno creando nuovi generi; che Santoro raddoppia il suo tempo; che stiamo varando documentari bellissimi con National Grographic e insieme a Planet siamo partiti con un gigantesco lavoro sui beni culturali italiani. E siamo l'unica televisione del mondo che abbia instaurato un rapporto di lavoro con l'Onu per quanto riguarda servizi sui bambini, l'ambiente e la droga». Sarà una sorta di mondovisione sociale... «Sarà una televisione di altissima qualità. Abbiamo persino già venduto i primi cartoni animati prodotti dalla Rai, con programmi sulla mitologia e la storia degli animali, e tutto in ambiente italiano, non americano». Lei propone un quadro idilliaco che non somiglia per nulla a quel che si vede da fuori. «Non è colpa mia. Del resto, abbiamo anche provato il piacere di chiudere, una settimana fa, l'accordo con il sindacato dei giornalisti Usigrai, che stagnava nelle mani del direttore generale. E poi abbiamo realizzato il record della diffusione nel mondo. Arriviamo in 125 Paesi, comprese Asia e Africa dove la Rai non si era mai spinta». Ma è vero che lei e suo marito Gianmarco andrete a chiudervi sdegnosi a San Patrignano? «Mai detto, mai pensato». A prescindere dalla vicenda Minicucci, che rapporti ha avuto con Tiri, l'azionista? «Mali, direi che mi hanno sempre incoraggiato ad andare avanti senza mai affiancarmi. Così mi sono trovata sola quando sono andata a difendere davanti alla commissione Napolitano la consistenza attuale della Rai che qualcuno vorrebbe smembrare e ridurre». C'è stato un referendum a favore della privatizzazione della Rai. Che cosa ha fatto in quella direzione? «Intanto non abbiamo chiesto i cento miliardi di aumento di capitale che l'azionista aveva promesso al precedente Consiglio. E inoltre l'azionista è in grado, se passerà una legge di privatizzazione, di mettere a disposizione dell'azionariato diffuso quote di mmoranza del 15-20%, che comporteranno per l'azionista stesso plusvalenze per 1500-2000 miliardi. L'Iri non naviga in buone acque economiche e avevo la presunzione di aver portato anche a loro un certo sollievo...». Ma? «Penso che abbiamo fatto il possibile e che lo abbiamo fatto con un lavoro onesto e competente. Mi piacerebbe che questo Consiglio d'amministrazione fosse giudicato dai risultati». Paolo frizzanti «Non trituro i direttori. Minicucci? Abbiamo perso il Giro d'Italia perché lui era in ferie» «Quanto alla qualità partiamo con le coproduzioni con la Bbc e poi fdm, reportage e inchieste mirate, di forte impegno» «Ritiranni in esilio a San Patrignano con Gianmarco? Mai detto né pensato» «D'Alema non mi sopporta? Io non vado a caccia di simpatie» hi :^ i a me o io verrà impiegatri canali da ofo progetto è anre il canone...». aumentato di elta. Comunque a lire noi finanmille lire l'una. E la formazione e ficazioni profesè un sistema saetterà di godere perfezione da canale destinato i i lavori parla pessima quammi del servie l TG1 Carlo Rossella TG2 Clemente Mimun TG5 Enrico Mentana TMC Pier Michele Girola TG3 Italo Moretti TG4 Emilio Fede STUDIO APERTO Paolo Liguori e l'ho fatto» Letizia Moratti, presidente in trincea della Rai. Sopra, è con il direttore licenziato Raffaele Minicucci. Nella foto piccola, il nemico numero uno: Vittorio Cecchi Gori

Luoghi citati: Africa, Asia, Europa, Italia, Mali, Milano