MAGGIORITARIO IN CRISI «nelle segrete stanze rispuntano i piccoli»
Centro-destra lacerato, nell'Ulivo scontro D'Alema-popolari sulla candidatura di De Mita MAGGIORITARIO IN CRISI Nelle segrete stanze rispuntano i «piccoli» Coi ERA una volta la favola del maggioritario. Una volta (soltanto due anni fa) legioni di apostoli, di destra e di sinistra, diffondevano la buona novella dell'«uninominale», illustravano estasiati le delizie del nuovo sistema che avrebbe come per incanto accorciato le distanze tra l'elettore e il candidato, ridotto lo strapotere delle segreterie di partito, incoraggiato la scelta di candidati prestigiosi e «radicati nel territorio», promosso la formazione di due limpidi schieramenti alternativi. Però non ci avevano raccontato il finale della favola, un finale horror che avrebbe lasciato di stucco persino i più smaliziati esegeti del famigerato «manuale Cencelli». Nelle segrete stanze del Polo 0 dell'Ulivo dove si stanno mettendo a punto gli ultimi dettagli nel mosaico dei collegi giungono sempre più imperiose le intimazioni di partiti e partitini, neofiti e vecchie glorie, piccole e grandi lobbies che dall'alto del loro zero virgola qualcosa di consensi elettorali (presunti) pongono le loro condizioni con l'aria minacciosa del «prendere o lasciare». Le truppe del Ccd-Cdu appaiono le più determinate. Alche il luciferino Gianfranco Miglio esigeva dieci collegi al Polo, pena il repentino ricongiungimento con Bossi: però si è accontentato di sei e di colpo il suo furore ò svanito. In Puglia 1 tatarelliani fanno la faccia feroce se il Polo osa candidare qualcuno che non sia targato An. Pannella è il più sincero, e il più brutale: non un collegio meno di Casini e Mastella. E l'onorevole Ellero, transfuga leghista, mette a disposizione il suo voto come ultima ritorsione da sbattere in faccia a chi non mantiene le promesse del seggio assicurato. Anche nell'Ulivo si lavora all'ingrosso con la catapulta, malgrado gli inni al «radicamento nel territorio». L'attoni| to Giuseppe Ayala si vede I d'improvviso sloggiato dal col¬ legio buono di Cesena per far posto al redivivo La Malfa. «Prendere o lasciare» anche per Ciriaco De Mita in Irpinia. Rifondazione comunista alza il prezzo della desistenza e chiede, ottenendola, la testa dei traditori dei «Comunisti unitari». In lotta per la premiership del centrosinistra, sul punto di ingaggiare la guerra fratricida con Romano Prodi neoarruolato del ppi, la «Lista Dini» (Lamberto) punta pure sull'appoggio degli onorevoli uscenti Menegon e Bastianetto, dissidenti di Bossi. Naturalmente in cambio di buoni collegi, e il tutto all'interno di quel rapporto prefissato alla partenza delle trattative nell'Ulivo, 60 al pds 40 al centro, che appare come la negazione stessa delle un tempo lodate delizie del sistema uninominale. Niente di nuovo sotto il sole, beninteso. Anche nelle elezioni del '94 la «gioiosa macchina da guerra» di Occhetto si impelagò in un pantano simile e lo stesso Berlusconi si trovò costretto a regalare un numero esorbitante di collegi a Bossi, pur di giocare la combinazione vincente. Ma almeno le rispettive leadership erano riconosciute come tali e i «piccoli», ancora in lutto per la proporzionale (momentaneamente) perduta, non avevano pienamente compreso quanto potesse moltiplicarsi il loro potere di veto all'interno delle rispettive coalizioni. Ora invece i partitini hanno imparato a comportarsi come le navigate correnti di partito d'un tempo, anche se stavolta chiedono un posto al sole non portando in dote il solido patrimonio delle tessere quanto piuttosto la leggerezza virtuale dei sondaggi. Una versione post-moderna del «manuale Cencelli» che rischia di far naufragare un maggioritario incompleto e monco. Con il risultato che l'unica logica a tornare in auge è quella del criterio d'appartenenza, esito non previsto nella favola del maggioritario. Pierluigi Battista sta |
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