Branagh: il mio Amleto è un thriller di Fabio Galvano

19 Incontro sul set con l'attore-regista che ripropone uno Shakespeare originale Branagh: il mio Amleto è un thriller «Opera titanica e assoluta» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' un Amleto con medaglie e alamari, sprofondato nel cuore del XLX secolo. Ma sarà, dicono già i critici, «un Amleto definitivo». Insomma, ci vorranno anni prima che qualcuno ritenti l'impresa di Kenneth Branagh: l'uomo che ha fatto tornare di moda Shakespeare prima con 1'«Enrico V», poi con «Molto rumore per nulla», quindi con l'«Otello» che proprio ora sta mietendo i dovuti successi. Il suo Amleto - attore e regista, l'accoppiata è ormai d'obbligo - vuol essere una pietra miliare: fatto di totale fedeltà all'originale, parola per parola. E quindi integrale, tre ore e mezzo che neppure la Royal Shakespeare Company mette in scena temendo un effetto-sonno. Ma quelli non sono timori da Branagh. «Credo nel potere della trama, che spesso attori o registi cercano di rovinare», spiega sul set di Sheppeton, nel lungo corridoio davanti al grande salone del castello di Elsinore, che per una scena continua di quattro minuti ha costretto i tecnici a unire due capannoni e trovare i 90 metri necessari: «Guardo il mio Amleto nel modo più originale possibile. E poi gli elementi di suspense non mancano: fin dalle prime scene, con la comparsa del fantasma. C'è suspense, in una successione di vendetta, assassinio, incesto. E' una specie di "Attrazione fatale", ma che offre anche grande poesia e una magnifica visione della condizione umana, con un pizzico di umorismo». Anche il cast aiuta. E' una Usta di nomi illustri, fra cui primeggia no Julie Christie al suo grande ri lancio cinematografico nella parte di Gertrude, Gerard Depardieu co me Reynaldo, Derek Jacobi (Claudio). E poi Charlton Heston, Jack Lemmon, il vecchio John Mills, Robin Williams e Billy Crystal. Per non parlare, nella parte di Ofelia, di Kate Winslet: la rivelazione di «Ragione e sentimento» con Emma Thompson, moglie ormai separatissima di un Branagh, questi però rifiuta gli argomenti privati. Si infiamma invece - capelli, baffi e pizzetto biondi «in stile danese» per il suo «Amleto»: «Abbiamo un cast formidabile, che illumina gli aspetti qualche volta in ombra sul palcoscenico. L'altro giorno ho gi rato con Jack Lemmon: con quel talento si va sul sicuro». Ma perché un Amleto nel XIX secolo? «Per giustificare il fatto che la gente parla in modo strano» dice sorridendo della propria battuta. «E' un periodo con il quale il pubblico si sente sicuro, che con sente un certo realismo e allonta na dal concetto pedante del dram ma scespiriano. Il mio film, per esempio, è anche lo studio di una famiglia reale, che crolla sotto il peso di attese, corruzione, tradimento; e si sa che il pubblico è affascinato dai reali, come dimostra la vicenda di Carlo e Diana. E' un secolo che si adatta bene a Shake speare e alle sue carrellate su na tura umana, politica, guerra, rela zioni familiari con cui tutti posso no identificarsi, persino con il fan tasma da portare all'eterno ripo so». Nega di avere tratto ispirazione da altri Amleto, per esempio quello di Zeffirelli (con Mei Gibson). «E' un dramma molto personale, ognuno gli dà una vita diversa. Come la Cappella Sistina, è ima grande opera d'arte: la difficoltà sta nel consentirle di guidarci anziché indurci a manometterla. Meno la incasiniamo, migliore figura faremo». Insomma, Zeffirelli non lo ha affascinato («La sua è un'interpretazione perfettamente legittima, ma che io non condivido»). Per Branagh il dramma è «più sanguigno», ma anche ricco di «black humour», ironia, colpi di scena che consentono varietà di tono, di ritmo, d'azione. «Zeffirelli ha un grande occhio, un senso dello spettacolo; ma c'è da dire di più su famiglia reale, tradimento e intrigo, politica». Va sulla difensiva solo quando lo si «incolpa» di avere dato il via al rilancio di Shakespeare; di essere, cioè, in un ruolo che era stato di Laurence Olivier e di Richard Bur- ton. Ma è un fatto che fra i suoi lavori ci sono molte opere di Sakespeare. «E' la cassetta - dice - che premia Shakespeare. Se lo faccio è perché mi piace. E mi piace perché offre immensi affreschi, il senso di che cosa sia essere uomo con tutte le paranoie e le insicurezze del caso, storie scritte quando la gente non aveva paura delle grandi idee». Non sono parole da pallido Amleto, diavolo d'un Branagh. Fabio Galvano «Credo nel potere della trama senza tagli. Contro l'effetto sonno un cast eccezionale, fra le star: Depardieu, Lemmon e la Christie» Kenneth Branagh «In genere sono i registi e gli attori a rovinare Shakespeare» A fianco Julie Christie che ha la parte di Gertrude

Luoghi citati: Gertrude, Londra