IL PALAZZO La politica in maschera di Filippo Ceccarelli
La politica in maschera F IL PALAZZO La politica in maschera ERTO, anche stavolta la tentazione ironica è forte: cinquanta «militanti» di An prossimamente in piazza, a Napoli, mascherati da Pulcinella. E sì, perché a prendere sul serio Roberto Jannarilli, questo straordinario personaggio della modernità, parente acquisito di Fini nonché instancabile inventore di gadget, pupazzi, crociere e sollazzi della destra, l'idea della sfilata in maschera rientra nel tentativo di «sceneggiare le piazze» prima dei comizi del leader. Temerario image-maker e quasi-cognato della transizione, Jannarilli ha contattato per la campagna elettorale di An il semi-divo televisivo Jocelyn, a sua volta grande animatore di giochi senza frontiere e cacce al tesoro, e ha poi spiegato a Repubblica il genere d'intrattenimento che con l'aiuto di alcuni «psicologi» è stato previsto prima delle manifestazioni in giro per l'Italia. Ci saranno «hostess», infatti, «distribuzioni di prodotti locali», «aste di beneficenza», «orchestre», saltimbanchi e «maghi». Poi il discorso di Fini. E già a questo punto è abbastanza evidente l'invasione del. campo della politica da parte di elementi - belle ragazze, cibo, bontà, musica, magia e prodigi circensi - fino a ieri considerati estranei. A questi, però, grazie a Jannarilli vengono ora ad aggiungersi, con il loro potere abbagliante, pure le maschere. Pulcinella, appunto, a Napoli; ma a Roma Rugantino; a Bergamo Arlecchino; a Bologna Balanzone (a proposito: ma non era Prodi?) e così via. Ora, al di là delle varie tradizioni regionali, è addirittura gratuito sottolineare che tra la camicia nera dello squadrista e il costume bianco di Pulcinella il salto appare comunque piuttosto ampio - e al limite nemmeno troppo negativo. Molto meno scontata è tuttavia la voglia di travestimento elettorale, questa specie di inedito Carnevale fuori stagione. Inedito, poi, fino a un certo punto. Proprio a Napoli, I negli anni del fulgore craxiaI no, sfilarono alcuni giovani socialisti vestiti da garibaldini. Mentre da Pontida, dopo i comizi di Bossi, arrivano ormai con cadenza biannuale immagini un po' stralunate di guerrieri medievali con elmi e corazze da magazzino teatrale. Anche i leader, d'altra parte, hanno finito per mascherarsi. Cossiga ha ondeggiato tra T-shirt con versi di Rimbaud («Ho incontrato l'alba dell'estate») e alamari dei carabinieri appuntati sulla giacca. Ogni tanto Veltroni e D'Alema si vestono da calciatori, i berlusconiani in ritiro da atleti. Di recente Prodi ha indossato un camice da scienziato con una .curiosa cuffietta (subito notata dal Giornale). Abbondano i copricapo bizzarri, alla Miglio, le pose incongrue di D'Onofrio. Con misteriose varietà cromatiche (rosso nel 1986, giallo nel 1995) Pannella s'è camuffato da Babbo Natale. E sì che i confini del ridicolo si sono spostati (come pure quelli del trasformismo). Ma forse il travestimento indica anche qualcosa di più profondo che ha a che fare con l'identità dei soggetti che ne sentono il bisogno. Forse pure le sfilate in costume di Jannarilli forniscono la prova di una trasformazione che investe un po' tutti. «Nella maschera - ha scritto Elias Canetti in Massa e potere - sfocia e termina il corso fluido delle metamorfosi confuse e fermentanti». E' nel gioco della maschera, ancora, che «si esprime la continua disponibilità dell'uomo al cambiamento». L'elettorato di An, intanto, sgranocchia formaggio godendosi le hostess e gli illusionisti. Pulcinella ha sempre fame, ma continua a fare lo spiritoso. Filippo Ceccarelli elli |
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