La Kustermann Alice bella non abiti più con noi di Osvaldo Guerrieri

Morto Burns, comico centenario La Kustermann Alice bella non abiti più con noi o o ' i e l l TORINO. Il passato? Se buchi lo specchio te lo ritrovi presente. Non vi stiamo proponendo uno di quei giochini logici (o illogici?) con cui il reverendo Dodgson, in arte Lewis Carroll, deliziava le sue amiche bambine. Riferiamo del ritorno alla vita di «A come Alice», uno spettacolo che segnò con la propria presenza il teatro italiano di venticinque anni fa. «A come Alice» è la creazione che diede notorietà alla coppia Giancarlo Nanni-Manuela Kustermann. All'epoca erano due ragazzi che, insieme con alcuni pittori e poeti, avevano costituito un gruppo teatrale chiamato Space Re(v)action e successivamente Teatro La Fede, dal nome della sala in cui agivano nella zona di Porta Portese, a Roma. «A come Alice» era il provvisorio punto d'arrivo di un percorso artistico che, cominciato nel 1966, aveva in Marcel Duchamp e nell'estetica dadaista dell'«objet trouvé» i suoi motivi ispiratori; rientrava in quell'ampio movimento teatrale d'avanguardia noto come «scuola romana», il cui narcisismo e la cui voglia di rinnovamento procedettero con pari intensità fino all'inevitabile dissoluzione. «A come Alice» fu una specie di segnatempo. Ricevette premi importanti e divise il pubblico. Soprattutto lece da preludio al «Risveglio di primavera» con cui Nanni e la Kustermann colsero il loro successo più grande. Ma dal '74 a oggi «A come Alice» è rimasto immobile e distante nella sua bolla di tempo. Aveva un senso riportarlo in vita? Ce lo siamo domandato a lungo, all'Adua, dove lo spettacolo è in scena fino a questo pomeriggio, ma non abbiamo trovato una risposta. Né una risposta ce l'ha fornita Nanni, che confessa di aver ceduto a un impulso irrazionale. Nella civiltà del «remake» forse può bastare. Ma occorre avvertire che Nanni non ha duplicato fedelmente un modello. Chiedendo nuove scene e nuovi costumi ad Andrea Taddei, ha in parte modificato il tessuto visivo dello spettacolo, lasciandone immutata la struttura drammatica. Per cui questa nuova edizione di «A come Alice» utilizza il traliccio teatrale di allora (brani del romanzo di Carroll scelti e montati molto liberamente) ma in una cornice nuova e sontuosa. Vediamo prender vita alcuni momenti della più incantevole delle insensatezze letterarie. Scorrono in capricciosa sequenza il Coniglio, il Bruco, la Duchessa, il Gatto del Cheshire, Humpty Dumpty con il seguito di Regine e Re di carte da gioco e di scacchi. Tutte queste inconfutabili stravaganze vengono, per così dire, diluite in una larga partitura di melodramma e presentate con deformazioni e travestimenti di bella invenzione plastica. Ma se certe scene sono splendide in sé, altre sembrano rimasticare una stanchezza lontana, e l'impianto generale del lavoro rivela la propria travolgente inattualità. Quel gioco, per quanto brillante, forse non ci appartiene più; quel modo di squarciare il sacro velo dell'arte forse non lo condividiamo più. Perciò, senza neppure dolerci di un'operazione superflua, non ci resta che lodare l'interpretazione generosa di Manuela Kustermann e dei suoi compagni: Matteo Chioatto, Massimo Fedele, Paolo Lorimer, Maurizio Palladino e Alessandro Vagoni. Il pubblico della prima, non propriamente folto, ha tuttavia applaudito con molta simpatia. Osvaldo Guerrieri

Luoghi citati: Roma