Vado a cantare in....campagna elettorale di Marinella Venegoni
Un brano ben scelto può far raccogliere voti? I politici puntano sui dischi di successo La Kustermann Un brano ben scelto può far raccogliere voti? I politici puntano sui dischi di successo T lodo a cantare in... i/campagna elettorale F ROMA. «Canzone popolare» di Ivano Fossati apre per l'Ulivo la vigilia musicale delle elezioni. Vigilia altrettanto importante di quella politica, visto che sul piano simbolico le canzoni che commentano una campagna elettorale risultano spesso più immediate e comprensibili di comizi e interventi tv: se non altro, le canzoni non si smentiscono mai, tutto il Paese le canta e le capisce. Ecco perché la politica non ne può più fare a meno. Come insegnano gli spot, che hanno smesso di usare musica composta «per» la pubblicità, buttandosi su brani già noti, una canzone ben scelta può fare il successo di una campagna. A resistere con un inno ad hoc, quello di «Forza Italia», è rimasto (almeno finora) soltanto il Cavalier Berlusconi; ma della lezione pubblicitaria i politici stanno facendo tesoro anche perché sempre più si affidano agli esperti. Solo pochi anni fa, si credeva di poter mettere liberamente le mani su canzoni molto amate, neanche fossimo ai tempi della «Bella Gigogin» o «Faccetta nera»; a far comprendere che per usare un brano oggi bisogna chiedere il permesso all'autore e all'editore, e pagarne i relativi diritti, ci pensò Francesco De Gregori. Del raffinato cantautore romano notoriamente progressista la destra si è innamorata spesso; soprattutto per via di una canzone caparbia, «Viva L'Italia» scritta nel 1979, quella che diceva: «L'Italia che resiste nella notte oscura/ Viva l'Italia, l'Italia che non ha paura...». Ebbene, la vollero i fascisti dell'Msi, e qualche tempo dopo, oscuro presagio, Bettino Craxi in persona: e De Gregori fu costretto a ricorrere alla carta bollata per tutelarsi. Le canzoni di De Gregori spuntano sempre fuori, in prossimità delle elezioni. Nel 1993 lo scontroso vate aveva aperto la campagna referendaria di Alleanza democratica in Piazza Navona, cantando su un palco con Ayala «Adelante Adelante/ C'è un uomo al volante/ E' Andreotti che sembra un diavolo». Da allora però egli non ha più inciso dischi, e come lui vivono appartati, forse un poco disgustati dalla realtà contemporanea, molti altri padri della patria musicale, da Francesco Guccini - che è stato colonna sonora di molte campagne della sinistra con brani come «La locomotiva» o «Dio è morto» - fino allo stesso Ivano Fossati e a Fabrizio De André: si dice che nessuno abbia più voglia di ispirarsi al politico/sociale e pare che nel prossimo disco di De André non ci sia neanche una metafora sulla politica di oggi; Battiato ha addirittura dato in prestito al filosofo Sgalambro la scrittura dei testi, anche se continua a cantare in concerto, con quartetto d'archi, quella «Povera Patria» che resta una delle più straordinarie invettive dei Novanta. Con il brano di Fossati, l'Ulivo ha compiuto una scelta un poco elitaria: «Canzone Popolare», di sottile neorealismo, ha una struttura musicale complessa e si presta poco al coro. Rifondazione comunista non avrà problemi a scegliersi un inno, visto che si è candidato nelle sue file Paolo Pietrangeli: l'autore dell'immortale «Contessa» («Compagni dai campi e dalle officine/Pren- dete la falce impugnate il martello/ Scendete giù in piazza, picchiate con quello..») ha scritto più recentemente «Io ti voglio bene» che entra a puntino nel dibattito sulla desistenza: «Io ti vo¬ glio bene/Avanti avanti/ Con te o senza di te». Poiché quasi tutti i cantautori più importanti sono di sinistra o non si vogliono compromettere, per il centro e la destra non sarà troppo facile trova- re una colonna sonora. Alle scorse elezioni, Bossi lanciò addirittura un concorso per tirare fuori un inno: fiorirono versi come «Di Giussano l'Alberto/ Ha ispirato l'Umberto» o «Per i corrotti che han formato/ La repubblica delle banane/ Son già pronte le campane». Il Patto Segni si rifugiò in un brano di De Scalzi dei New Trolls, non di primissima scelta. Magari andrà meglio di tutti a Gianfranco Fini, una delle star politiche del momento. Gli unici cantautori che si sono finora schierati apertamente a destra sono Bruno Lauzi, autore dell'emblematica «Ritornerai», e il giovanissimo Gianluca Grignani, bel tenebroso adorato dalle giovanissime; Giorgia e i Neri Per Caso, secondo alcuni in odore di reazione, non si sono mai disvelati; chissà che in questi giorni il bacio del Principe Fini non risvegli qualche cantore addormentato. Marinella Venegoni Prima Pietrangeli, poi De Gregori contro Craxi per «Viva l'Italia». E ora la destra sceglie Grignani diS«csMè Nella bandiera a forma di nota ci sono quattro cantautori: Paolo Pietrangeli Ivano Fossati Gianluca Grignani Francesco De Gregori
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