Scrittori si diventa: in sala operatoria

In Francia diversi libri si interrogano sul rapporto «di necessità» fra medicina e letteratura In Francia diversi libri si interrogano sul rapporto «di necessità» fra medicina e letteratura Scrittori si diventa: in sala operatoria Breton, Celine, Doyle, Bulgakov dal bisturi alla penna 771 PARIGI I ' HE cosa accomuna scrittoI ri diversi come Celine, Ce1 i chov, Daudet, Schnitzler? \* I Un mestiere, sfiorato o praticato parallelamente a quello letterario, e da esso - pare - non prescindibile. Tutti furono, oltre o prima che scrittori, medici. A ribaltamento del più consueto tema tante volte trattato dei grandi creatori che furono anche grandi malati, dall'asma di Proust alla pazzia di Maupassant, è in Francia il momento d'interrogarsi sul rapporto definito «di necessità» tra medicina e letteratura. Jean Bernard con due opere simultanee, Le song des poètes (Odile Jacob) e La médecine de demain (Fiammarion), ma anche Maurice lubiana nei Chemins d'Esculape (Flammarion) e un'equipe diretta da Mirko Grmek nel primo tomo dell'Histoire de la pensée medicale en Occident (Seuil) si sono passati il testimone nell'affrontare il tema con impostazione e approfondimenti diversi, resi affini però da un'alternanza interpretativa. Ai vari autori, a conclusione di studi ampiamente documentati e circostanziati, viene da chiedersi se il medicoscrittore nasca dalla voglia di continuare a far medicina con le parole o piuttosto dall'ambizione di esprimere una sensibilità arricchitasi con l'esperienza professionale e rispetto a essa debordante. Il problema riguarda ovviamente i medici che furono poi non dilettanti della penna ma campioni. Si protessero dalle miserie incontrate nei loro studi e ambulatori cercando una via di fuga nei sortilegi dell'immaginario, o al contrario cercarono uno sbocco per tanto sordido materiale accumulato che richiedeva un'elaborazione non banale, pena l'andar sprecato? Stupisce, da parte degli autori citati, il tentativo di sistematizzare. Quasi che il tema parascientifico non ammettesse la mancanza di una risposta precisa e univoca. Mentre poi i casi affrontati dimo¬ strano che il rapporto tra pratica della medicina e pratica letteraria si risolve ogni volta in modo diversa. Ferma restando l'imiegabile influenza della prima sulla seconda. Per non partire da Dante o Rabelais, passiamo in rassegna qualche esempio militando la scelta al XX secolo. André Breton, per cominciare: passò per la medicina non per volontà sua ma per compiacere i genitori. Nel 1915, mobilitato come medico, fu assegnato al centro neuropsichiatrico dell'ospedale di Nantes. Vi conobbe un ferito, Jacques Vaché, amicizia che fu determinante per le imprese letterarie a venire. Al Val-de-Gràce poi, dove Breton terminò la guerra, incontrò Louis Aragon che seguiva (era il '17) il primo anno di medicina. Benché avesse «spirito metodico, preciso, scrupoloso» - il che avrebbe fatto di lui mi grande chirurgo secondo l'amico surrealista Soupault -, Breton abbandonò la professione per consacrarsi all'arte e alla militanza. Ma dal Manifesto a Nadja, serbò il bisogno di strutture chiare, definitive, e mia maniera diretta di trattare le questioni, come se usasse il bisturi. Leon Daudet, invece, fu mi medico fallito. Bocciato al concorso nel 1893, scrisse e pubblicò per vendicarsi 1 morticoli, satira impietosa dell'ambiente medico. Ma dal ritratto del maestro Charcot che si trova hi Davanti al dolore («osservatore di genio, capace di penetrare con sagacia implacabile i rapporti tra il morale e il fisico... Metteva insieme le sue intuizioni in scorci comparabili a disegni di Ingres, o a schizzi di Forain o di Goya») si capisce quanto gli sarebbe piaciuto uguagliarlo. Michail Bulgakov esercitò come medico di campagna fino al 1919. Abbandonò perché gli si presentò l'occasione del giornalismo che lo instradò diversamente. Così Somerset Maugham, che non esitò a lasciare l'attività medica visto il successo dei primi romanzi Liza di Lambeth e Mrs. Craddock. E lo stesso Conan Doyle, laureatosi all'Università di Edimburgo e poi medico di bordo su imbarcazioni che costeggiavano l'Africa, cessò di esserlo dopo la pubblicazione del primo romanzo poliziesco. Malgrado il cambiamento di rotta, sono, questi, tre autori per i quali il senso acuto dell'osservazione e lo scrupolo nell'attenzione al dettaglio, oltre alla distanza da sentimentalismi di sorta, sono sicuri retaggi della formazione ospedaliera. Victor Segalen, l'inventore dell'esotismo, spinse più in là il gusto per l'osservazione trasformandolo in passione per lo studio minuzioso dell'Altro. Medico della marina, nel 1902 discusse mia tesi di dottorato sull'«osservazione medica negli scrittori naturalisti» hi cui esaminava da mi pmito di vista clinico una serie di casi di patologia mentale descritti da Huysmans, Maupassant o Zola. Fu il trampolino di lancio per un'opera sempre estremamente spoglia e rigorosa nell'esame di «ciò che non è se stessi». Arthur Schnitzler fu medico solo perché il pache, celebre laringoiatra, lo volle. Non aveva vera vocazione, ma nell'usare la penna non potè sottrarsi alla meticolosità imparata dal padre e finì per specializzarsi nell'analisi eh bizzarrie e dolori ùltimi, quando non decisamente nell'agonia, dei suoi contemporanei. Georges Duhamel, che nel '14 eseguì un gran numero di interventi al fronte, conservò un ricordo angosciato di quell'esperienza. Scrisse: «E' la medicina che mi ha imposto della sofferenza e della morte un'idea non letteraria ma veridica e maestosa». Dalla constatazione della debolezza umana maturò l'utopia di un nuovo ordùie morale. Quanto a Cechov, affermava: «La medicina è la mia sposa legittima, la letteratura la mia amante». E la sua opera trabocca di medici che gli assomigliano. Gli sarebbe piaciuto fare della scrittura un atto chirurgico. Ma il caso piìi interessante di tutti resta quello del medico LouisFerdinand Destouches, che diventava Celine quando scriveva. I suoi libri sono diagnosi della malattia del mondo, e della sua putrefazione. Laureatosi con una tesi sul dottor Semmelweis, chirurgo ungherese dell'800 che per le sue idee innovative sulla setticemia delle puerpere venne duramente osteggiato dai colleghi, Celine non cessò mai di assistere - gratuitamente - i più bisognosi: sifilitici, alcolizzati, tubercolotici, i malati della povertà. «Vocazione alla sofferenza», la chiamava lui. Il mondo dei suoi libri è quello, la lingua usata è ansimante, spezzata come le persone che incontrava nei dispensari. Se non crea scrittori, la medicina senz'altro ne forma. Interessante sarà ora seguire l'ulteriore tappa dell'indagine, sui narratori eh oggi, per vedere in che modo il binomio si è evoluto: a partire dal medico Michael Crichton. Gabriella Bosco // caso di Schnitzler: in un primo tempo dovette seguire le orme del padre laringoiatra, così finì per specializzarsi nell'analisi di dolori intimi e bizzarrie ra cina e letteratura atoria a penna y/lO Mstesso Conan Doyle, laureatosi all'Università di Edimburgo e poi medico di bordo su imbarcazioni che costeggiavano l'Africa, cessò di esserlo dopo la pubblicazione del primo romanzo poliziesco. Malgrado il cambiamento di rotta, sono, questi, tre autori per i quali il senso acuto dell'osservazione e lo scrupolo nell'attenzione al dettaglio, oltre alla distanza da sentimentaliveridica e mtazione delturò l'utopmorale. Quanto amedicina èla letteratusua opera gli assomiciuto fare chirurgicoMa il ctutti resta Ferdinandtava Celinlibri sono del mondone. Laureator Semmrese dell'8novative puerpere giato dai c Arthur Schnitzler visto da Levine. Nella foto a sinistra Louis-Ferdinand Celine: i suoi libri sono diagnosi della malattia del mondo. Laureatosi in medicina, non smise mai di assistere, gratis, i più bisognosi: la chiamava .«vocazione alla sofferenza»

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