Bossi: anche in 30 decisivi a Roma di Giovanni Cerruti

Guerra Rai-line, cade l'atletica Bossi: anche in 30 decisivi a Roma MANTOVA DAL NOSTRO INVIATO Ultime dal fronte della solitudine elettorale (?). Sul divano di un albergo di periferia, sotto la gigantografia del mantovano illustre Roberto Boninsegna, la coppia Bossi&Maroni medita ad alta voce sul voto che arriva. Candidati, percentuali, desistenze caserecce, impostazione della campagna elettorale e l'immancabile fisco. «Vedi Roberto, sulle tasse lasciaìnoli pure andare avanti che tanto poi si incartano. Cosa vuoi che combinino? Solo la Lega può sventolare la bandiera della protesta fiscale. E' la nostra bomba ad orologeria. Roma uguale tasse. Andremo giù in Parlamento a battagliare micidialmente, altrimenti massacrano il Nord di tasse». Andar giù, ma in quanti? Nel Parlamento leghista, deputati e senatori del 27 marzo '94 s'aggirano perplessi. Erano in 180, e neppure al più duro dei leghisti duri fa piacere l'addio al Palazzo. Bossi ha riunito i suoi colonnelli al primo piano. Da domani parte la raccolta firme per i candidati e c'è da decidere chi deve correre nei pochi collegi abbordabili. Quisquilie, per Bossi: «Saremo in 30, 40 o 50, il numero non mi interessa. Correre da soli non è un rischio per noi, è un rischio per gli altri. Per il dopo voto è già pronto il governo della controriforma e delle tasse al Nord. Berlusconi e Fini e D'Alema si sono messi d'accordo». Da soli, almeno così verrà gridato, per dar forza al Partito del Nord, al Partito di una Padania tanto grande da abbracciare Toscana e Marche. «Da soli - ripete Bossi - perché poi saremo l'ago della bilancia». Non lo dice, ma il sogno è un risultato simile a quello spagnolo: chi vince non ha la maggioranza per governare, e allora o si mette d'accordo con chi ha perso, «il governo della controrifonna», oppure «cercherà di portarci a governare». In questo caso «ci vorranno come portatori di voti, per annullarci. Ma noi resteremo fuori e controlleremo con il nostro Winchester, quello che ha già fatto fuori Craxi e Andreotti». Un bel sogno per Bossi. Prima, però, deve assolutamente cancellare un incubo e centrare un obiettivo: almeno 20 deputati e dieci senatori per avere i gruppi parlamentari. E qui cominciano i giochi, o i giochini. Già domani dovrebbe diventare ufficiale lo squadrone che si candiderà nei collegi proporzionali, dove i sicuri sono una quindicina: Bossi, Maroni, Pivetti, Pagliarini, Calderoli, Grugnetti e Balocchi in Lombardia. Ancora Pivetti in Liguria, Borghezio, Brigandì, Cornino e Tino Rossi in Piemonte. Ancora Bossi, Dozzo e Stefani in Veneto. Fontan in Trentino, Bosco in Friuli. Se la Lega resta al 6% nazionale, questi son sicuri. Obiettivo massimo, molto più che un sogno, tutti i 21 deputati del proporzionale, più un'altra decina nel maggioritario e si arriva a trenta. E qui si entra nel terreno minato delle desistenze di fatto, casuali, caserecce. Un paio di collegi uninominali, come Zogno e Albino, nelle valli bergamasche, sembrano altrettanto sicuri: dove la Lega viaggia sopra il 40 per cento. Ma a sentire il pissipissi del parlamento del Nord nei collegi da 30 per cento il sogno si può avverare. Se il Polo presentasse il candidato di An, se l'Ulivo presentasse uno di Rifondazione, se in qualche collegio il Polo o Ulivo non si presentasse affatto... Per la Camera sono ben piazzati i varesini Giuseppe Bonomi e Marco Sartori. A Jesolo Enrico Cavaliere. E poi Pivetti a Varese, Maroni a Torino, ancora Fontan e Bosco in Trentino e Friuli. Stessa situazione al Senato con i lombardi Speroni, Leoni, Perruzzotti e Tabladini, Marco Preioni a Domodossola, due collegi a Cuneo e Asti l'implacabile trentino Boso, il friulano Visentin. «In alcuni casi - spiega Tabladini partiamo da buone percentuali, e se non ne combiniamo qualcuna di troppo in campagna elettorale almeno dieci di noi dovrebbero tornare in Senato». Ma dipende: non solo dai rivali, soprattutto dalla campagna elettorale. «Basta Roma, basta tasse!». Lo slogan, tutto bossiano, sarà sui manifesti da aprile. E da domani via di corsa. Mercoledì Bossi (ri)presentera la Costituzione del Nord. «Sarà Venezia - annuncia il senatur - la "capitale" politica della Repubblica del Nord, mentre a Milano e Torino spetteranno moli da "capitale economica"». Tra due domeniche, a Ponticla, giuramento di fedeltà. Da soli, contro tutti e la par condicio che non c'è. «Dini - protesta Bossi - compare sui telegiornali come chiunque altro ha ima tv, come Berlusconi. Bisognerebbe obbligarli a dare un minimo di spazio a tutti, qui a Mantova non ho visto nemmeno un giornalista dei tg Rai...». Da soli al voto e dopo: «Né alleanze, né desistenze, né accordi di governo». Da soli sotto il bandierone del fisco, la bomba ad orologeria della Lega. Appunto, «Basta Roma! = Basta tasse!». Giovanni Cerruti Il portavoce dei Verdi del «Sole che ride» Carlo Ripa di Meana