Il terribile segreto di Cernobil di Foto Ansa

L'Ucraina ha nascosto tutto. Il conto delle vittime dall'88:125 mila morti L'Ucraina ha nascosto tutto. Il conto delle vittime dall'88:125 mila morti Il terribile segreto di Cernobil Quattro mesi fa un 'altra fuga radioattiva MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A quattro mesi di distanza dall'evento, il governo ucraino ha ammesso che l'incidente al reattore numero uno di Cernobil avvenuto il 27 novembre 1995 non era del «livello uno» (cioè «non grave» nella scala dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica) bensì del «livello tre» (incidente «grave»). Si sarebbe trattato - sempre secondo la nuova versione, offerta dal portavoce del Gosatomnadzor ucraino, Serghej Semenyets - di un guasto all'impianto di raffreddamento che avrebbe, a sua volta, provocato un innalzamento radioattivo. Il personale della sala operativa sarebbe stato investito dalle radiazioni, ma «nell'ambito della dose annua consentita». Il guasto, subito riparato, avrebbe poi consentito di riportare la situazione alla normalità, senza neppure provocare una disattivazione temporanea del reattore. E' questa l'ennesima goccia di uno stillicidio di incidenti di varia entità che si sono verificati nei reattori di Cernobil durante tutti gli anni successivi alla più grave catastrofe del nucleare civile mai avvenuta, quella del 25 aprile 1986, quando il reattore numero 4 esplose per un errore di controllo. Ma l'incidente dello scorso novembre sembra essere il più grave dal 1991, quando un incendio determinò la chiusura del secondo reattore di Cernobil. E le rivelazioni di ieri appaiono destinate a rinfocolare la polemica tra Ucraina e governi occidentali sulla questione degli aiuti che dovrebbero essere concessi a Kiev in cambio deU'adempimen to degli accordi - già stipulati - che prevedono la definitiva e totale chiusura dell'impianto entro l'anno 2000. Attualmente dei quattro reattori di Cernobil ne rimangono in funzione due: il primo e il secondo (quest'ultimo è utilizzato ai minimi di potenza), mentre il terzo è già stato fermato e il quarto si trova seppellito in un colossale sarcofago di cemento armato che pare stia cadendo a pezzi, ormai incapace, dopo dieci anni, di contenere le radiazioni prodotte da oltre 2000 tonnellate di rottami altamente radioattivi. Singolare il fatto che l'incidente in questione sia avvenuto poche settimane prima che il G-7 stipulasse, a Ottawa, un memorandum d'intesa con l'Ucraina per la chiusura totale. La promessa degli occidentali era di versare 2,25 miliardi di dollari per un programma globale di riorganizzazione del sistema energetico della repubblica ex sovietica. Poco per Kiev, che aveva chiesto addirittura 14 miliardi di dollari e che si era poi attestata su una proposta finale di 4 miliardi. Il fatto è, tuttavia, che l'Ucraina non è in condizione di fare a meno, in un tempo così breve, dei due reattori di Cernobil ancora in funzione. Il debito energetico verso la Russia continua a crescere e ha superato il limite del miliardo di dollari. Il governo ucraino non ha il denaro necessario per pagare i combustibili tradizionali come gas e petrolio, né ha a disposizione centrali convenzionali a sufficienza per fare fronte al fabbisogno minimo per le attività produttive, per il riscaldamento delle abitazioni, per l'energia elettrica. Il piano del G-7 prevedeva tra l'altro la costruzione di due nuovi reattori nucleari, più sicuri del tipo Rbmk, ma è ormai impossibile che si riesca anche solo ad avviarne la realizzazione da qui alla fine del secolo. E i problemi energetici sono soltanto una parte del mostruoso complesso di conseguenze creato dalla catastrofe del 1986. C'è soprattutto - ed è la questione più urgente - il problema di sostituire il «sarcofago». E di evitare che le infiltrazioni sotterranee giungano ai corsi d'acqua vicini: il Pripjat e, da questo, il Dnepr. Il bilancio dell'Ucraina è assolutamente non in condizione di fare fronte a questi compiti, che pure sono minimi al cospetto del resto. La superficie del territorio repubblicano che fu investita dalle scorie radioattive - senza contare le regioni russe e bielorusse confinanti - supera i 40.000 chilometri quadrati e include 2200 centri abitati, in cui vivono a tutt'oggi, dieci anni dopo, quasi 4 milioni di persone. I lavori di disattivazione sono ancora in gran parte da fare. E le cifre sono tali da mozzare il fiato. Secondo quanto è emerso da studi condotti l'anno scorso, solo in Ucraina, i decessi - tra il 1988 e il 1994 - la cui causa certa risale a Cernobil sono stati oltre 125.000. A tutt'oggi si ritiene che oltre il 60% dei bambini e ragazzi che si trovarono allora nell'area investita dalle radiazioni rappresenta un gruppo ad alto rischio per una lunga serie di malattie: dal cancro alla leucemia, alle infezioni polmonari, a disfunzioni gravi del sistema nervoso centrale. Sarebbe indispensabile tenere sotto stretto controllo sanitario oltre 432.000 persone. Ma non ci sono mezzi per tutto questo. Giulietta Chiesa Kiev non ha i soldi per chiudere la centrale assassina In alto uno dei reattori della centrale di Cernobil e a destra il presidente ucraino Kuchma [FOTO ANSA]

Persone citate: Giulietta Chiesa Kiev, Kuchma

Luoghi citati: Kiev, Mosca, Ottawa, Russia, Ucraina