COME UN CONGRESSO DC di Augusto Minzolini

i IjJ. COME UN CONGRESSO DC rendere il quadro politico più stabile. Un piano insidioso: è ovvio, infatti, che anche i popolari, sarebbero attratti da un polo di Centro di un certo peso. Ciriaco De Mita, ad esempio, non ci penserebbe due volte ad infilarsi in un soggetto politico con i connotati di una de allargata ai laici. E a quel punto, addio. Sono questi motivi che hanno spinto Romano Prodi ad accettare la guida delle liste proporzionali del ppi. Il professore ha capito che per contrastare le mosse di Dini doveva gettarsi anche lui in questa corsa al Centro, doveva disputare questa gara sulle rovine della vecchia de. Una strada rischiosa, ma, probabilmente, senza alternative per Prodi. Lui ha sperato fino all'ultimo di mantenere il ruolo di leader super partes della coalizione, di non essere espressione di una delle «tre gambe dell'Ulivo». Ma l'atteggiamento di Dini gli ha fatto cambiare idea: quando lunedì scorso lo stesso Scalfaro ha spiegato all'attuale presidente del Consiglio che in caso di vittoria dell'Ulivo sarebbe stato obbligato a dare l'incarico per la formazione del governo a Prodi, Lambertow è tornato ad essere geloso della propria autonomia. Detto fatto, l'idea di un'unica lista del Centro con dentro Dini, Bianco e Maccanico è saltata in 24 ore. E il rospo e il professore sono tornati a guardarsi in cagnesco. Ora, avendo Massimo D'Alema messo in conto una sorta di egemonia del Centro, pur di battere la destra, la premiership tra Prodi e Dini si giocherà nella competizione nel proporzionale tra i due Centri. Così, per usare un paradosso, il candidato a Palazzo Chigi dell'Ulivo sarà deciso da un mezzo congresso de: da una parte Prodi, candidato dei resti della sinistra democristiana - quella dei De Mita, dei Bodrato, della Rosy Bindi - che ha dato vita al ppi; dall'altra Dini, l'andreottiano, l'uomo che sulle orme del suo maestro tenta di fare partito un pèzzo di Stato, magari guardando nelle viscere della vecchia corrente ahdreottià'na. I delegati di questo congresso particolare saranno gli elettori, o meglio, quei cittadini privilegiati di Centro, condannati da sempre a decidere chi deve governare: ai tempi della prima repubblica determinavano gli equilibri del Paese dando più peso a questa o a quella corrente democristiana; adesso, invece, scegliendo tra i due Centri. Se, poi, dopo il 21 aprile, visti i discorsi che fanno gli ex democristiani dell'Ulivo e del Polo, le varie anime della de riprenderanno il cammino per rimettersi insieme, non è detto che in un futuro più o meno lontano non si torni al punto di partenza. «Ma guardatevi intorno - osserva giustappunto .Sandro Fontana, un ex democristiano finito nei ccd - la sinistra ha dato vita al ppi, Buttiglione ha portato i resti dei dorotei nella edu, nei ccd sono finiti forlaniani e forzanovisti e ora gli andreottiani sono tornati con Dini. Il Centro del Paese, bene o male, è quello lì...». Augusto Minzolini