NOVANTA PRANZI DI NATALE di Monica Bonetto
CARIGNANO CARIGNANO NOVANTA PRANZI DI NATALE Sergio Fantoni protagonista della commedia di Wilder LMANNO prima della pub™ blicazione del volume «Il lungo pranzo di Natale e altre commedie», Thornton Wilder aveva iniziato la propria collaborazione con la più grande e famelica fabbrica di sogni del mondo: Hollywood. Numerose furono le sceneggiature prodotte, dunque (tra cui «L'ombra del dubbio», regia di Hitchcock), benché rimanesse costante l'interesse per il teatro, cui Wilder consegnava linfa nuova mutuata dallo stesso linguaggio cinematografico. Ne «Il lungo pranzo di Natale», la fertile contaminazione con l'arte filmica è dichiarata sin dalla didascalia introduttiva: «Novant'anni devono essere percorsi in questa commedia che rappresenta, con moto accelerato, novanta pranzi di Natale in casa Bayard». La storia raccontata in effetti è tutta qui: un avvicendarsi di riunioni familiari attorno allo stesso tavolo ogni anno per la medesima festività. Ma ciò che non si avvertirebbe con lo scorrere naturale del tempo viene messo in risalto dal «moto accelerato»: le variazioni quasi impercettibili diventano macroscopiche e la ripetitività di ciò che si presumerebbe sempre uguale svela un'inaspettata drammaticità. Nel dilatato pranzo natalizio messo in scena, si consuma la de- Sergio rantolìi in una scena di «Lungo pranzo di Salale > Sotto Adriana Russo in «Il signore ra a caccia" . \ fianco Fabrizio Montcrcrdc il coreografo che firma '•//fantasma di Canterville» cadenza della famiglia Bayard, la progressiva perdita di valori dei suoi componenti, l'inesorabile frantumazione degli stretti vincoli di solidarietà e d'affetto che ne garantivano la solidità; ma soprattutto si eleva 0 quotidiano, nel suo quasi banale susseguirsi di nascite e morti, a elemento tragico per eccellenza. Ciò che normalmente si considera appannaggio del realismo, la rappresentazione minuta di esistenze comuni, trova in Wilder il proprio epico cantore. Se la commedia è costruita secondo un vero e proprio «montaggio drammaturgico» fondendo frammenti apparentemente insignificanti in una significante unità drammatica, lo si deve essenzialmente alla profonda convinzione, insita in Wilder, che il teatro debba essere, attraverso il suo carettere allegorico, la rappresentazione profana del mistero del tempo. Per il drammaturgo americano l'esistenza umana non è che un viaggio, un itinerario di variabile durata attraverso un tempo universale che conferisce senso e valore agli episodi più irrilevanti, ai gesti più oscuri. Essendo un atto unico di non lunga durata, il testo non è mai stato molto rappresentato in Italia. Martedì 5 marzo giunge al Teatro Carignano nel! 'allestimento prodotto da La Contemporanea 83 in collaborazione con lo Stabile di Parma. La scappatoia utilizzata dalla regista Cristina Pezzoli per ovviare alla brevità del testo è stata quella di interpolare nel copione originale brani e personaggi di un'altra commedia di Wilder, la più celebre: «Piccola città». Così trovano il loro interessante ruolo Sergio Fantoni (che imper¬ sona l'«attore», stretto parente del «direttore» di «Piccola città»), Marcello Vazzoler che interpreta il Tempo, e via via tutti gli altri. La traduzione e la drammaturgia sono state curate da Sonia Antinori, le scene e i costumi da Giacomo Andrico, le musiche da Alessandro Nidi. Repliche sino al 10 marzo. Monica Bonetto
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