NELL'OLIMPO DEI VICHINGHI CON EROI, DRAGHI E VALCHIRIE di Bruno Quaranta

E E E RA bello il giovane Cu Chulainn, figlio di Su aitami che veniva così a mostrarsi alle schiere. Sembrava avesse tre tipi di capelli: scuri alla radice, rossi come il sangue nel mezzo, biondi tutt'attorno, come Cuna corona aurea. Erano bene acconciati con tre crocchie sull'incavo del collo e ogni capello come un filo d'oro che gli ricadeva indietro sulle spalle, sciolto, dorato, perfetto, in lunghi boccoli, splendido, di un colore ricolmo di bellezza. Cento collari brillanti e purpurei di fiammeggiante oro rosso gli circondavano il collo. Attorno al capo cento fili fitti di granate. Su ogni guancia quattro nei: uno giallo, uno verde, uno blu e uno rosso. Aveva sette pupille brillanti come pietre preziose in ognuno dei Leggende del Nord NELL' OLIMPO DEI VICHINGHI CON EROI, DRAGHI E VALCHIRIE DALLA Iliade irlandese all'Olimpo scandinavo: Odino, Thor e gli altri dei vichinghi, gli eroi (Erik il ros I so) e le valchirie, i giganti e i i l l i ggnani, le loro epiche imprese e il loro tramonto (il Ragnarók). E poi le saghe islandesi e norvegesi (la più celebre, quella dei Voslunghi), le prime storie di Amleto e di Beowulf in lotta con il drago. Einaudi propone nei «Millenni» Miti e leggende del Nord (pp. 324, L. 85.000), censiti e riassunti a fine '800 da Vilhelm Gronbech. Teologo, filosofo, esperto di letterature e storico delle religioni, l'eclettico ed onnivoro danese (1873 - 1948) studiò quelle leggende come «documenti psicologici», radici e testimonianze dell'incontro/scontro tra cultura pagana e cristiana, che accomuna antichi e moderni. Il pilastro della sua ricerca - osserva la curatrice Anna Maria Calabrese - è il «dualismo tra spirito e materia, anima e corpo, cuore e ragione, incompiutezza terrena e perfezione celeste». Questo dualismo ha fatto smarrire all'uomo moderno quell'armonia che era patrimonio dei primitivi. Lì, dice romanticamente Gronbech, affonda quella «amputazione della realtà» causa principale della no stra infelicità. Riscoprire miti e le leggende significa allora risanare quell'antica ferita, ritrovare la perduta armonia. Anche per chi non condividesse questa chiave di inte pretazione, rimane la suggestione di una straordinaria lettura, il pia cere dell'avventura e del sogno. «La grande razzìa» un poema capolavoro della letteratura gaelica suoi nobili occhi, e sette dita in ognuno dei piedi, sette dita in ognuna delle mani, con la presa dell'artiglio del falco e dello spar viero in ciascun dito del piede e del la mano. [...] Portava uno scudo color porpora scura, con cinque cerchi concentri ci d'oro e un bordo di bronzo bian co. Alla cintura pendeva, pronta al l'azione, una spada tutta ornata con elsa d'oro e rilievi d'oro rosso all'estremità. Sul carro aveva accanto una lun ga lancia dalla punta luccicante e un giavellotto tagliente con rivetti d'oro fiammeggiante. Con una mano reggeva nove te ste, con l'altra dieci, e le brandiva di fronte ai nemici: quelli erano i trofei di Cu Chulainn per una notte di battaglia. LESSICO FAMILIARE I SALOTTI DI PALERMO commediografo di Mastroianni). Caronia attinge nella Palermo del secondo dopoguerra. Stagioni di «tragitti consumati», di cose immutabilmente disposte, di profumi non meno cheti (queir «odore di abiti riposti a lungo»), di riti infrangibili. No, la «capacità di coinvolgerti nella lettura con la stessa curiosità e partecipazione di un romanzo di avventure» non è la cifra del libro, come sostiene Bordon. Il suo pregio (o segno distintivo) è la lentezza, il passo ostinatamente guardingo, la placida frenesia di catturare e fissare le farfalle del passato. Una giostra, un carillon di caratteri, un fiotto di immagini seppiate. Nelle camere dell'infanzia, Vittorio Caronia ritrova l'energico e bizzoso padre architetto; lo zio nelle nuvole che aveva brevettato una vettura «con bagno e cucina, letti e salotto»; la nonna materna inseparabile dai fazzoletti che sa¬ pevano di gelsomino; il cugino Federico che, neppure decenne, «s'era impossessato di tutti i ricordi» dei parenti «prosciugandone la memoria e fecondando la propria»; i nonni paterni, rigorosi registi del sabato sospeso fra il pranzo e il cinematografo. i di gProprio loro, anime di un pa lazzo che «s'affacciava su un muro muscoso», custodiscono la morale, il sugo della storia rappreso nel titolo. Tornando a casa dalla sala Olimpia il nonno esigeva che l'autista avan zasse adagissimo, facendosi superare anche dalle carrozzelle: «In automobile s'intende Nella vita è un'altra cosa». Ovvero l'arte smarrita di sottrarre al quotidiano, ispido copio ne, attimi di assoluta, balsami ca meraviglia. Come il grido del «turco», del venditore di cocco, che in Caronia riecheggia alla stregua di un montaliano ri chiamo dall'Aldilà. Bruno Quaranta 0.d.B.

Persone citate: Anna Maria Calabrese, Bordon, Cu Chulainn, Cuna, Di Palermo, Einaudi, Mastroianni, Vittorio Caronia

Luoghi citati: Caronia