Alvaro sedotto dal fascismo e da una donna in rosso

21 i misteri di un romanzo inedito sulla decadenza del Ventennio Alvaro sedotto dal fascismo e da una donna in rosso ERA qualcosa che non lo convinceva, in quel romanzo ambientato su una spiaggia in voga brulicante di corpi di donne smaniose di mostrarsi e di godere secondo gli imperativi della modernità. Quell'affresco tutto giocato sull'ossessione della bellezza e della trasgressione, della ricchezza e della moda, mentre il regime avviava la sua campagna di fascistizzazione del Paese con propaganda a tappeto e organizzazioni che irreggimentavano donne e bambini, giovani e vecchi, Corrado Alvaro lo aveva allusivamente intitolato Domani quasi a dichiarare l'irreversibilità di un fenomeno di massa legato al mito del progresso. Lo aveva scritto a cavallo tra il 1933 e il 1934, lo aveva più volte ripreso in mano e vent'anni dopo, pur avendone progettato vari rifacimenti, lo lasciò inedito. Perché gli venne rifiutato o fu lui a non volerlo pubblicare? Era scontento dello stile e della incerta psicologia dei personaggi o a dissuaderlo fu quel suo punto di vista così ambiguo, da suonar sgradito sia negli Anni 30 che nei 50? E infine, lo lasciò incompiuto o il finale è volutamente sospeso? Pubblicato postumo nel 1969, Domani (Giunti) torna in libreria presentato da Enzo Siciliano, che lo definisce «un indelebile ritratto d'Italia». La bellezza vera, in cui sempre rivive «il ricordo di qualcosa di divino», lo scrittore la incarna nella figura di donna in rosso, dagli occhi neri, i capelli densi e di un nero bluastro, che con la sua apparizione sulla spiaggia apre il romanzo. Senza fronzoli o ammiccamenti, forte di una bellezza agli ultimi bagliori e perciò crepitante come bragia, se ne sta in disparte segreta e misteriosa, sola, non scalfita dagli sguardi invitanti del gigolò elegante, ricco e sportivo, U cui virile trionfo si eserciterà conquistando come un trofeo la verginità di una provinciale diciottenne piena di fantasticherie cinematografiche e vaghe aspirazioni emancipatone. La donna in rosso è un bel personaggio cui verrebbe voglia di prestare i tratti della signora Alvaro, l'affascinante e solitaria Laura Barabini, e che ci si aspetta invano di ritrovare lungo il romanzo. Invece resta un modello spiato e tenuto a distanza, proprio come la dama in nero in All'ombra delle fanciulle in fiore di Proust. E, sarà per il nome del giovanotto, Ottavio, per la presenza dell'imponente Grand Hotel con i suoi habitués e le sue fanciulle in fiore tutte purezza e innocenza apparenti, o per la Rimini che nell'Italia degli Anni 30 equivaleva a Balbec, dove le classi sociali si confondono, man mano che si procede nella lettura la tentazione di rintracciare in Domani dei riferimenti proustiani è forte. Lo scrittore di Gente in Aspromonte, il rude meridionale ansioso «con le sue braccia troppo corte di abbracciare l'Europa» - come diceva Giacomo Debenedetti - aveva letto Proust? E da quel romanzo pubblicato in Francia nel 1925, avrebbe potuto trarre qualche spunto? Giovanni Macchia che, ancora studente universitario, ad Alvaro dedicò un articolo, vedendo in lui «il modello dello scrittore aperto al mondo ma legato ai problemi della sua terra e al dramma del Sud, tutto preso dal demone della letteratura», lo conferma: «Era uomo di grandi letture e il suo lavoro di giornalista lo rendeva attento alle novità in campo internazionale. Con la Francia, poi, aveva un rapporto privilegiato». Ci aveva vissuto nei primi Anni 20 come corrispondente de II Mondo ed era stato in contatto sia con l'ambiente della Nouvelle Revue Franqaise di Gallimard che dell'avanguardia all'epoca di Novecento. «Il nome di Proust non mi pare compaia nelle carte di Alvaro, ma se non lo aveva letto, e mi pare improbabile - dice Valter Pedullà - ne avrà avuto sicuramente notizia dalle recensioni». Certo, la fisicità e la sensualità prorompenti in Domani che per una deformazione ottica e olfattiva dovute, si direbbe, ad una mutazione clùmica, trasforma il carnaio vacanziero in pantano melmoso, i profumi di ciprie, belletti e creme solari in zaffate maleodoranti, sono lontane dall'atmosfera proustiana. Famiglie distrutte, mogli che tradiscono o recriminano, ragazze che diventano donne scimmiottando le dive dello schermo, fidanzati ciechi e idealisti o giovani canaglie sfac¬ cendate, e madri in competizione con le fighe o padri e fighe legati da rapporti conturbanti, ecco il ritratto della «civiltà borghese» in corsa verso la promessa del nuovo. Sono i temi che in quegli anni Alvaro affrontava sulle pagine de La Stampa in articoli dedicati alla Bellezza, a Le donne e la moda, al Cinema, sempre tempestivo nel cogliere i fenomeni e attento a rivelarne i risvolti pericolosi. In Domani, centrale è il tema dell'emancipazione della donna e della modernità messe in scena con un'ottica tutta negativa. A dettarla era l'autore di Poesie grigioverdi che, maturato dalla guerra, aveva aderito al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce o lo scrittore affermato che - ci informa Pedullà in prefazione a Scritti dispersi 1921-1956 - fu tra gh intellettuali del consenso al regime? Per Enzo Siciliano, dietro alla «sportività» di massa, collante della società fascista, si coglierebbe il senso della tragedia, il dolore per quello sgretolamento di destini e tentativi di «un ex popolo che non riesce a mollare la zavorra che lo lega al passato». Ma nell'Alvaro I che, pur essendone affascinato, re¬ siste alla modernità, più che l'osservatore critico e disincantato della società fascista, sembra esserci l'uomo del Sud che in buona fede trovava consonanza in una delle due anime del regime: quella dei valori arcaici della famiglia, del mito della donna e del sogno della grande potenza intemazionale. E probabilmente, per lo scrittore che grazie all'amicizia con Margherita Sarfatti aveva fatto dimenticare il suo antifascismo e che considerava i veri «grandi italiani, Mazzini, Foscolo, Carducci e Mussolini», Domani doveva essere lo spaccato di una società borghese a rischio, incapace di distinguere e riempire di contenuti il nuovo che arrivava da Oltralpe. A Debenedetti che gh rimproverava cedimento e compromessi Alvaro, che di scheletri nell'armadio non ne aveva, ribattè: «Ero antifascista per temperamento, per cultura, per indole... Non perdono che mi si dia del vile... Odio la viltà perché dmùnuisce l'uomo. Purtroppo la mia vita migliore è passata in un'epoca in cui la viltà era di rigore». Che Domani sia un romanzo più ambiguo degli altri dunque non stupisce. E neppure che sia attuale, come dice Siciliano. Paola Decina Lombardi Fanciulle in fiore e gigolò a Rimini su una spiaggia simile alla Balbec di Proust Nell'immagine grande Corrado Alvaro; sopra, Marcel Proust; in basso, Enzo Siciliano

Luoghi citati: Europa, Francia, Italia, Rimini