Bomba davanti alla caserma

Raccolta la richiesta di supplica L'ordigno scoperto di fronte alla sede dell'Eurofor, ma il bersaglio erano due magistrati Bomba davanti alla caserma Firenze, ma l'attentato degli anarchici fallisce FIRENZE. «Le bombe, le bombe all'Orsini... », dice la vecchia canzone. Felice Orsini, il cospiratore, l'attentatore, il rivoluzionario. E l'ispiratore, magari involontario, dei dinamitardi di casa nostra. Perché con le bombe si baloccherebbero ancora gli «anarchici internazionalisti», un gruppo non si sa quanto consistente e tuttavia sparso in mezza Italia, formato da libertari, veri o presunti, che tentano il possibile e l'impossibile per accreditarsi come minacciosi e truci aspiranti rivoluzionari. Ieri mattina hanno piazzato una bomba davanti a una caserma a Firenze e, poiché la pubblicità è l'anima del commercio e forse anche della rivoluzione, hanno fatto regolare rivendicazione, a Milano perché così si dà l'impressione di poter agire quando e dove si vuole. In passato questi «anarchici» avrebbero minato tralicci e minacciato chi dirigeva le indagini: Piero Luigi Vigna, procuratore di Firenze, e Antonio Marini, sostituto procuratore a Roma. L'ordigno alla caserma era primitivo, in ogni modo non un giocattolo: una bombola a gas da cinque litri, tipo campeggio, due candelotti e uno zampirone che, forse, doveva servire da innesco. Il tutto nascosto in uno scatolone lasciato a pochi passi dall'ingresso della caserma Prodieri, a Rovezzano, periferia Est, sede pure dell'Eurofor, la forza internazionale di pronto intervento. Non è chiaro se e quando sarebbe dovuto esplodere, in ogni modo, insospettiti, due sottufficiali hanno messo il naso nello scatolone e fatto la scoperta. Più o meno nello stesso momento qualcuno lasciava davanti a Radio Popolare un volantino ritenuto «attendibile». Oltre all'ordigno di Firenze, la rivendicazione ricorda l'esplosione davanti al ministero dell'Aeronautica, a Roma, nella notte fra il 22 e il 23 febbraio e sottolinea come la bomba romana e quella fiorentina sarebbero «un regalo a Marini e uno a Vigna». Non pare che fosse l'Eurofor, tuttavia, l'obiettivo: il documento parla del Fir, la Forza d'intervento rapido dell'Esercito, che fino a qualche mese fa aveva base proprio a Rovezzano. Se gli inquirenti hanno visto giusto, non è una vicenda di ordinaria follia goliardica, questa, ma una storiacela di criminalità mascherata sotto 0 mantello della politica. Non risulta che il gruppo abbia legami o contatti con la Fai, la Federazione anarchica italiana, neppure ideologici: tant'è che in un volantino i novelli bombaroli si sono firmati «gli altri anarchici». Il punto è che questi «altri», oltre agli attentati ai tralicci, alle rapine di «autofinanziamento» commesse a Pescara, Trento, Bologna, Bergamo, Firenze e Roma, alle minacce, avrebbero commesso il più ripugnante dei reati: sequestrato della ;>cnte. Esteranne Ricca, che quando la presero era poco più di una bimba; Mirella Silocchi, che non è mai tornata; forse Dante Berardinelli che fu strappato dalle mani dei rapitori dopo uno scontro a fuoco sulla bretella autostradale da Fiano Romano a San Cesareo che si concluse con 4 banditi sull'asfalto e un poliziotto ferito. E ieri il dottor Marini diceva: «Siamo convinti che in risposta alla linea dura adottata a Firenze da Vigna in quel periodo e alla morte dei quattro, venne organizzato da una frangia anarchica insurrezionalista un attentato contro le volanti della polizia». Le indagini sugli attentati ai tralicci dell'Enel nel Fiorentino, in Emilia Romagna e sulla costa, ricorda il procuratore Vigna, «portarono alla scoperta di un concentrato di armi ed esplosivi, in due basi a Roma». Da qui, il passaggio delle competenze alla procura romana. Ma questi «anarchici» devono esser gente con la memoria lunga: una volta a Vigna vennero tirati gusci d'uovo con vernice dentro, un'altra su un volantino fu stampato il suo volto inquadrato nel mirino di un'arma, mentre Marini è stato minacciato in più occasioni e sui muri di alcune città son stati attaccati manifesti, firmati da gruppi di 36 fra città e paesi, con questo bizzar- ro messaggio: «Non saranno toghe e uniformi a impedirci di andare all'assalto della vita e dei suoi innumerevoli piaceri». Le toghe, in ogni modo, continuano a coordinare le indagini che finora coinvolgono almeno 60 persone. E a Roma sono arrivati i fascicoli sulle «gesta» dei neo-libertari armati: quello sull'autobomba esplosa davanti alla questura di Milano nel 1989, e su quella saltata a Roma, in largo Preneste, che uccise Luigi De Blasi, «un anarchico». Dice Marini: «Dai colleghi di Firenze ho già ricevuto una prima segnalazione su quanto accaduto davanti alla caserma dell'Eurofor. E gli elementi che mi sono stati forniti hanno rafforzato ancor di più la convinzione che l'ordigno di Firenze, come quello davanti al ministero dell'Aeronautica a Roma sia da attribuirsi agli anarchici». L'ordigno di ieri, collocato in una zona d'ombra per le telecamere che sorvegliano il perimetro della caserma, è stato inviato a Roma al Cis, il Centro investigazioni scientifiche dei carabinieri. Una bomba, questa, che secondo gli inquirenti «non aveva finalità di strage». Ma questo rassicura? Vincenzo Tessandori I giudici: è lo stesso gruppo responsabile di tre sequestri e di molte altre esplosioni In alto, i magistrati Piero Luigi Vigna e Antonio Marini. A fianco, ufficiali dell'esercito e carabinieri davanti alla caserma «Predieri». In basso, alcuni militari esaminano il luogo dove è stato trovato l'ordigno non esploso