«Bianchi dite addio alle vostre fattorie» di Domenico Quirico
Véronique, 18 arjii ha sedotto la vittima e ha spinto il suo ragazzo a ammazzarla «Farò quello che i colonialisti fecero ai negri». Un terzo del Paese è in mano ai centomila «europei» «Bianchi, dite addio alle vostre fattorie» //presidente dello Zimbabwe minaccia l'esproprio delle terre L'APARTHEID ALLA ROVESCIA Asettantun anni (con sedici di potere ininterrotto alle spalle) Robert Mugabe appartiene al frammento di un'Africa ormai definitivamente defunta: quello dei padri della patria, dei liberatori, dei portabandiera dell'indipendenza e della negritudine convertiti in satrapi fervorosamente dediti a succhiare il midollo dei loro Paesi. Non c'è da sorprendersi se, per l'ennesima volta, il presidente dell'ex Rhodesia tira fuori dal cassetto sempre più avaro degli slogan la parola d'ordine «africanizzazione»: per annunciare che, dopo gli an- ni della pacificazione e della tolleranza, è arrivato il tempo del bastone, esproprierà le terre dei bianchi che sono rimasti anche dopo la fine dell'avventura colonialista e le darà ai contadini negri poveri. «Così - ha aggiunto applicando la sua apartheid alla rovescia - userò con loro le stesse regole e gli stessi metodi che i colonialisti hanno usato quando si sono prese le terre dei precedenti proprietari, i neri». Questa volta il vendicativo dinosauro sembra fare sul serio. Il 17 marzo ci sono le elezioni presidenziali e lui è deciso, no¬ nostante la deriva economica e sociale in cui sta precipitando il Paese, a strappare l'ennesima, oceanica riconferma. A dispetto del crollo del tenore di vita di questo ex «Paese-vetrina», stritolato da inefficienza, esodo rurale, mancanza di fondi, straordinaria siccità e ordinaria corruzione. Difficile pensare che nel palazzo pres.denziale di Harare ci sia un clima di attesa nervosa. Lo scorse armo si sono tenute le elezioni per il Parlamento e il partito di famiglia, lo Zanu-Fp, si è portato a casa 118 seggi su 120. Un trionfo che ha rinverdito i bei tempi del mono¬ partitisnio; il fatto che solo a questa formazione fosse consentito fare propaganda, che in 30 circoscrizioni designare il titolare sia un privilegio presidenziale, che l'opposizione, tramortita dai brogli, abbia rinunciato in molti casi a presentarsi, sono piccole rughe della «democrazia». Eppure quei centomila bianchi (meno dell' 1 per cento della popolazione) sono davvero uno scandalo. Possiedono 4500 «farms» che occupano il 30% della superficie coltivabile. E mentre sette milioni di contadini neri grattano senza speranza il resto della terra, i farmer, con il mais e il tabacco destinati all'esportazione, le capacità imprenditoriali, i mezzi finanziari e i crediti, consentono al Paese di continuare a sopravvivere. Non va meglio nel settore industriale, dove il «black business» non è andato oltre i libri di sociologia. E da quando lo Zimbabwe, su «consiglio» del Fondo monetario, ha dovuto abbandonare il socialismo di Stato arruffone e corrotto che tanto piaceva al Presidente per affrontare le acque insidiose del «mercato», la morsa bianca sull'economia si è ancor più rinserrata. Senza loro il Paese precipiterebbe rapidamente nella carestia. Così da quattro anni il sospettoso dinosauro agita la spada dell'esproprio sulla testa della minoranza bianca, che nei suoi quartieri fioriti ha continuato a vivere come ai tempi di Ian Smith, indifferente agli stracciati «concittadini di colore». Ogni volta centosessantamila famiglie di contadini poveri esultano per la prossima resa dei conti con i vecchi schiavisti, sognando di sciamare felici su terre fertilissime. Dopo qualche settimana tutto torna nel tranquillo ron ron quotidiano. Le uniche famiglie che hanno finora festeggiato l'africanizzazione sono quelle di alcuni componenti della nomenklatura, come il capo dell'Aeronautica e il ministro dell'Educazione. Quello che aveva redatto appunto la legge per l'esproprio. Domenico Quirico
Persone citate: Ian Smith, Robert Mugabe
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