La scalata di un ragazzo «normale»

La scalata di un ragazzo «normale» La scalata di un ragazzo «normale» Arriva al potere il nuovo «miracolo» del Nord CHI COMANDA A VIALE DELL'ASTRONOMIA SROMA ARA' contento il vecchio Louis. Quell'omino magro magro, occhialini dorati e baffi, di cui la Confindustria conserva come una reliquia, nel suo archivio storico, una foto di fine Ottocento che lo ritrae con quello sguardo un po' mesto, alla Pessoa. Perchè oggi che Giorgio Fossa è finalmente salito al soglio di Viale Astronomia, la storia confindustriale di questo secolo al tramonto sembra finire da dove era cominciata. E cioè, appunto, dal vecchio Louis Bonnefon Craponne, primo presidente della Confederazione Italiana dell'Industria nata nel remoto 1910. Anche allora, proprio come oggi, un piccolo, normale imprenditore - in quel caso un filatore di seta, addirittura nato ad Alès, quindi mezzo francese - diventò il rappresentante delle grandi famiglie del capitalismo italiano. Anche allora, proprio come oggi, non mancarono i dubbiosi, che avrebbero preferito al vertice qualcuno dei «big» piemontesi dell'epoca, Giovanni Agnelli, Giuseppe Orlando, Augusto Abegg, Pietro Diatto e via andare. Anche allora, proprio come oggi, gli industriali si divisero tra quelli che avrebbero voluto farne anche un partito politico, come i cotonieri lombardi, e quelli che preferirono conservare alla Confederazione un ruolo neutrale. Insomma, tramonta il Novecento, e la secolare epopea dei Poteri Forti celebra se stessa con il più classico, prevedibile e previsto ritorno alle origini. Il nuovo leader di Viale Astronomia è Giorgio il Giovane, Giorgio il Piccolo. E non un Grande Vecchio, non Agnelli o Pi -eUi, non De Benedetti o Romiti. «Ma via - taglia corto il presidente uscente Luigi Abete - di che vi stupite? La Confindustria oggi non ha davvero bisogno di un grande nome, per poter contare, per accrescere la propria autorevolezza. Il cammino che abbiamo fatto fino ad oggi ci consente di puntare su un nome assolutamente normale». E sì, perchè alla fin fine, nell'Italia che si affaccia al 2000, Giorgio Fossa i crismi di una positiva «normalità» ce li ha tutti. C'è una normalità nell'Economico, che il neo-designato, da bravo Brambilla del varesotto, incarna al meglio. 142 anni, la laurea in legge, l'aziendina ereditata dal nonno Silvio prima e dalla mamma Donata poi, un «gioiellino» che fabbricava cric per automobili nei primi anni 50, e che oggi esporta in mezzo mondo cilindri per impianti siderurgici, con un fatturato di 45 miliardi e una settantina di dipendenti. Il Fossa imprenditore è una delle mille, ormai stereotipate facce del miracolo italiano del Profondo Nord. Facce «toste», segnate dal culto quasi calvinista del lavoro. Che non risparmia nessuno. «Chiedetelo al povero Luciano...», butta lì un confindustriale, alludendo all'autista di Fossa, sostituito l'estate scorsa con un altro, più solerte «chauffeur» perchè «secondo il dottore, Luciano guidava troppo piano». E allora, sarà anche per questo pi- glio ruvido ed efficientista, che Fossa è piaciuto subito a Cesare Romiti. Dal quale ha ottenuto addirittura un pubblico e preziosissimo elogio, nel marzo del 1995, al convegno del Lingotto. Facce toste, dunque. Ma anche facce che hanno imparato a rilassarsi, in virtù del sudato e meritato «bon vivre». Che Fossa, tra i flash della conferenza stampa, tradisce appena, con quell'abbronzatura lieve, quasi berlusconiana... Perchè poi Giorgio è «normale» anche nel Sociale, con una sua cifra omogenea tra i tanti piccoli e medi «self-made men» di marca padana: la bella casa milanese a un passo da Piazza degli Affari, il villino di montagna a Tione per lo sci invernale, una passioncella per le uscite in barca a vela con gli amici per l'estate, una bella moglie, Laura, due figli maschi, Nicolò e Tommaso (12 e 8 anni) premurosamente accompagnati a scuola dal papà, al prestigioso collegio meneghino di San Carlo. E poi il golf domenicale, alla Pinetina di Appiano Gentile, le partita del Milan, la collezione di orologi, il gusto per le biografie storiche e via via snocciolando, hobby o piccole manie comuni a tanta parte del ceto produttivo dell'Italia di oggi. E infine Giorgio è un «normale» anche nel Politico, che è poi il vero «convitato di pietra» della lunga kermesse confindustriale di ieri. Il Tabù del quale nessuno vuol parlare, se non per prendere le distanze, per non dar mai l'impressione dì pencolare tra una Destra ancora troppo imbevuta di cultura statalista e una Sinistra ancora poco omogenea, in cui il rigore europeista di Nino Andreatta convive con le fumisterie di Bertinotti (che invoca, dopo la tassazione dei Bot, anche il ritorno della vecchia, cara scala mobile). E anche per cancellare il sospetto (ingiustamente nutrito soprattutto dai critici di Abete) che quel tagliare le estre- me potesse preludere ad un qualche «embrassons-nous» con il nuovo Centro diniano. «Niente di tutto questo - cantano in coro il presidente uscente e quello entrante - la Confindustria resta quella delle tre A: autonoma, apartitica e agovernativa. Vogliamo raccordarci sempre meglio con i tempi dell'economia, non con quelli della politica». Se dunque questa è la linea ufficiale che impererà in viale Astronomia, Fossa può esserne un buon garante. Perchè, guarda caso, anche da elettore vive un disincanto collettivo che accomuna tanti italiani: E soprattutto tanti piccoli imprenditori che, come lui, in un primo momento si sono lasciati travolgere da qualche ondata protestataria (la Rete, la Lega) poi si sono illusi sulle riforme (il patto Segni), sono stati abbagliati e traditi da Berlusconi, e ora non si fidano più di nessuno: «Ho votato per più partiti - va ripetendo Fossa ma ora basta con le chiacchiere dei politici di turno. I fatti, giudico solo da quelli». E bravo Giorgio, se saprà mantenere davvero questa rotta. Anche perchè in Confindustria, mai come stavolta, il Politico ha rischiato di pesare, e di inquinare. «E' un fatto - confessa un boiardo pentito ed anonimo - che tutta l'industria pubblica si era schierata per Gian Marco Moratti, e che la storia del costo troppo alto della struttura era una scusa...». In realtà, il tentativo di «strumentalizzare» Moratti - marito di Donna Letizia, presidente della Rai - come possibile «traghettatore» verso una Confindustria politicamente più schierata, magari a favore della Destra meno sensibile al mercato e alle privatizzazioni, forse c'è stato davvero. Indipendentemente dalla volontà reale e dalla buona fede del leader dei petrolieri. Comunque, ora è fatta. Con la scelta di ieri - «moderna» secondo Carlo De Benedetti, «coraggiosa perchè scommette sull'età e sull'entusiasmo» secondo il saggio Luigi Lucchini - la Confindustria volta pagina. Si ricomincia da Fossa, giovane, «piccolo», normale. Proprio come Craponne... Massimo Giannini fi assieme al presidente uscente Abete dice «Saremo autonomi, apartitici e agovernativi»

Luoghi citati: Alès, Appiano Gentile, Fossa, Italia